.di Alessandro Albano
La decisione unilaterale presa dal management, guidato da Lucia Morselli, di Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva di Taranto, il più grande centro siderurgico d’Europa, di rescindere i contratti con 145 imprese dell’indotto appaltatarie di lavori ritenuti non essenziali ha scatenato il caos sia a livello politico, con le varie forze che hanno espresso dure critiche e ora chiedono all’azionista pubblico Invitalia di assumere il controllo della società, sia a livello sindacale, con i 2.000 dipendenti delle aziende colpite dalla disdetta scesi in stato di agitazione.
Ma non basta. Alla turbolenza socio-politica si aggiunge una complicata situazione finanziaria per la società nata nell’aprile 2021 per rilevare l’ex Ilva di Taranto e controllata da Acciaierie d’Italia Holding spa, a sua volta controllata al 62% dal gruppo ArcelorMittal (attraverso Am InvestCo) e al 38% da Invitalia. La mossa della Morselli, infatti, appare sintomatica di una situazione di cassa che definire tesa è poco. Nonostante l’operazione di cartolarizzazione di crediti commerciali per un totale di 1,5 miliardi di euro strutturata a inizio anno (si veda altro articolo di BeBeez), proprio per supportare il circolante necessario al rilancio dell’attività, che, secondo quanto riferito lo scorso febbraio da Il Sole 24 Ore, potrà raggiungere i 6 milioni di tonnellate di acciaio nei prossimi 12 mesi, in attesa di tornare nel 2025 agli 8 milioni previsti a regime dal nuovo piano industriale. I costi di produzione sono infatti molto elevati e superano il miliardo di euro. Così appunto, per essere tranquilli, non basta che il bilancio sia migliorato sensibilimente lo scorso anno,
A fronte di 3,4 miliardi di fatturato a fine 2021 (da 1,6 miliardi del 2020), il gruppo ha registrato infatti un ebitda negativo per oltre 590 milioni (-520 milioni), sebbene finalmente con un utile netto di 310 milioni (da una perdita di 295 milioni) e a fronte di liquidità netta per 31 milioni e di un patrimonio netto di 557 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Quest’anno poi si è aggiunto anche il conflitto in Ucraina che ha fatto esplodere i prezzi dell’energia a livello internazionale con conseguenze nefaste su costi e produttività del settore siderurgico.
Ricordiamo che la cifra di 1,5 miliardi di euro di crediti commerciali da cedere riguarda un arco di 12 mesi. A comprare i crediti è la società veicolo SPV Project 2104 srl (si veda altro articolo di BeBeez), che ha acquistato la prima tranche di portafoglio a marzo (si veda qui l’avviso in Gazzetta Ufficiale) e poi ancora a maggio, agosto, ottobre e infine lo scorso 15 novembre. Secondo quanto risulta a BeBeez, l’impegno degli investitori è per un totale di 350 milioni di euro, ma visto che la scadenza media delle fatture è di 2-3 mesi, quella cifra nel corso dell’anno va moltiplicata per quattro, raggiungendo così il totale di 1,5 miliardi su base revolving. Come noto a investire nelle note senior della cartolarizzazione è stata Morgan Stanley, che poi ha successivamente sindacato in parte l’operazione cedendo pacchetti di abs a terzi investitori, In particolare, per esempio, Banca Ifis ha partecipato all’operazione sottoscrivendo tranche senior per 19,7 milioni di euro (si veda qui la relazione semestrale a pag. 139). Quanto alla tranche junior, secondo quanto risulta a BeBeez, il fondo Usa King Street Capital Management ha sottoscritto un importo di 100 milioni.Un altro investitore, intoltre, avrebbe sottoscritto altri 10 milioni di euro di tranche junior, attraverso la piattaforma fintech Azimut Direct. Sempre secondo quanto risulta a BeBeez, lo scorso ottobre, quando ancora l’operazione era in fase di strutturazione, Acciaierie d’Italia aveva trattato con il fondo Elliott che avrebbe potuto svolgere il ruolo di investitore, ma poi la trattativa era abortita e l’operazione è appunto finita nel portafoglio di Morgan Stanley. Ricordiamo che master servicer della cartolarizzazione è Zenith Service spa (Gruppo Arrow Global), mentre il sub-servicer è la stessa Acciaierie d’Italia. (si veda qui ultima Gazzetta Ufficiale da novembre).
Sul fronte della liquidità ricordiamo che la scorsa estate il governo Draghi aveva dato il suo ok a un prestito garantito SACE per Acciaierie d’Italia sulla base del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 luglio 2022 sulle disposizioni per l’attuazione del sostegno alle imprese energivore di interesse strategico appunto attraverso le garanzie di SACE. Nel decreto si leggeva infatti che, “in sede di prima applicazione costituiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale gli impianti siderurgici già in gestione del gruppo Ilva, gestiti dal gruppo Acciaierie d’Italia”. Un prestito che si andrà ad aggiungere a quello da 250 milioni di euro erogato da Unicredit sempre a luglio e sempre con garanzia SACE, ma sulla base della normativa anti-covid (si veda qui ilCorriere di Taranto)
Ricordiamo che nell’accordo del 2020 con il quale Arcelor e Invitalia avevano dato vita ad Acciaierie d’Italia era previsto un versamento da parte dello stato di 800 milioni di euro di incentivi e 700 milioni di euro di finanziamenti con garanzie SACE, ma l’azienda sostiene che questi soldi non siano mai arrivati. “I 700 milioni non li abbiamo ancora visti, né abbiamo visto nessuno dei finanziamenti che il governo ha stabilito di dare ad Acciaierie d‘Italia”, ha detto lo scorso ottobre il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabé (si veda qui Il Messaggero).
Ricordiamo infine che lo scorso maggio Acciaierie d’Italia Holding (AdiH) ha annunciato la firma di un accordo con Ilva spa in amministrazione straordinaria per la proroga di 2 anni (fino al 31 maggio 2024) dell’affitto dei complessi aziendali di Ilva, al fine di consentire a Ilva di chiedere la revoca dei provvedimenti giudiziari che gravano sullo stabilimento di Taranto. E intanto gli azionisti di AdIH, il gruppo ArcelorMittal e Invitalia, hanno firmato una proroga del loro accordo di investimento e parasociale, che conferma l’assetto proprietario e di governance di AdIH per i prossimi due anni (si veda qui il comunicato stampa), modificando di fatto gli accordi iniziali che prevedeva invece che a maggio fosse condotto un aumento di capitale che, diluendo ArcelorMitttal, portasse Invitalia al 60% del capitale.
Nella realtà, poi, però, nel Decreto Aiuti bis, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 9 agosto, Invitalia è stata dotata dei mezzi necessari a sottoscrivere un adeguato aumento di capitale nel gruppo, anche se i tempi non sono ancora chiari. Come si legge all’art. 30 del Decreto, intitolato “Misure urgenti per il sostegno alla siderurgia”, Invitalia è autorizzata a sottoscrivere aumenti di capitale o diversi strumenti, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale, sino all’importo complessivamente non superiore a un miliardo euro per l’anno 2022″.