La data del 16 settembre potrebbe finalmente essere quella buona perché si decida una volta per tutte il destino di Grotto spa, la società che detiene il marchio di jeans Gas, controllata da Claudio Grotto e partecipata da altri componenti della famiglia. Per quel giorno, infatti, il Tribunale di Vicenza ha fissato l’adunanza dei creditori della società, che è stata ammessa alla procedura di concordato in bianco due anni fa e successivamente alla procedura di concordato pieno in continuità. Il via libera dei creditori al piano concordatario è necessario perché si arrivi finalmente all’omologa, dopo che lo stesso tribunale ha concesso per ben 5 volte il rinvio dell’adunanza.
L’ultimo appuntamento precedente noto, poi appunto rimandato, era quello dello scorso 20 maggio. Proprio in vista di quell’appuntamento, era emerso il fatto che l’ultima versione del piano concordatario presentata in tribunale prevedeva anche la partecipazione dei dipendenti al salvataggio, con Claudio Grotto, oggi socio maggioritario al 65%, che regalerebbe il 10% sua quota (si veda altro articolo di BeBeez). Quindi con il nuovo piano la famiglia Grotto resterebbe socia di riferimento con il 90% con i dipendenti appunto al 10%. Su quest’ultimo fronte, è in corso la formazione di una cooperativa di consumo che conterebbe già sull’adesione di 70 lavoratori (della produzione come dei negozi monomarca).
Intanto, in vista della prossima adunanza dei creditori, il commissario giudiziale Guerrino Marcadella nella sua ultima relazione sul piano concordatario inviata al giudice delegato Giuseppe Limitone sostiene che ci sia più valore per i creditori in caso di continuità aziendale che in caso di fallimento. Lo scrive Il Giornale di Vicenza, che riferisce anche che il Tribunale delle Imprese a sua volta ha già promosso lo stesso piano concordatario scritto dall’amministratore unico Cristiano Eberle. Tra l’ipotesi di piano e il fallimento, infatti, ci sarebbe una differenza di 12 milioni a favore del piano che consentirebbe una soddisfazione pur minima dei creditori chirografari. Il piano concordatario , infatti, prevede il pagamento integrale dei crediti privilegiati e prededucibili e il 20% dei chirografari, rimodulabili al rialzo con il successo delle nuove iniziative commerciali e l’esito di una serie di azioni risarcitorie ancora in corso.
Il nuovo piano si regge infatti anche sulla deliberazione di una azione di responsabilità, votata dalla stessa famiglia Grotto. La causa civile è nei confronti di Enrico Acciai, Claudio Grotto, la figlia Barbara, i fratelli Giuseppe e Roberto, come membri del cda, ma anche del collegio sindacale, dei revisori di EY e dei consulenti Roland Berger e Mediobanca, per i piani di risanamento che avrebbero solo peggiorato la situazione patrimoniale (tra 2015 e 2019 di 25 milioni di euro). Gli ulteriori possibili incassi dell’azione di responsabilità saranno offerti ai creditori. Per contro, non sono state registrate serie manifestazioni di interesse a rilevare tutta o parte della società in caso di fallimento con cessione di azienda.
Lo snodo critico resta quindi convincere i creditori finanziari e cioè, da un lato, AMCO, che aveva ereditato i crediti deteriorati di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, e dall’altro il fondo Dea Capital CCR I, gestito da Dea Capital Alternative Funds sgr, che nel 2017 aveva acquistato dalle banche creditrici i crediti a medio-lungo termine di Grotto, insieme ai crediti di altre otto aziende (Canepa, Snaidero, Calvi, Pieralisi, Biokimica, Trend Group, Consorzio Latte Virgilio e Zucchi, si veda altro articolo di BeBeez). Il tutto, tenendo presente il fatto che Unicredit, Intesa, MPS e UBI Banca hanno in pegno le azioni Grotto a garanzia dei finanziamenti erogati alla controllante Luna srl. Alla fine dello scorso marzo l’indebitamento complessivo di Gas ammontava a 53,7 milioni di euro: di cui 34,5 in mano al fondo di Dea Capital, 12,7 milioni ad AMCO e 6,5 milioni distribuiti fra MPS, Intesa, Unicredit e BPM.
L’amministratore unico di Grotto, Cristiano Eberle, ha commentato a Il Giornale di Vicenza: “Due soggetti di livello hanno esaminato i nostri numeri dicendo entrambi che la nostra proposta di continuità è credibile. Correrò il rischio di ripetermi ma da quando la società è entrata in concordato non è stato licenziato nessuno, abbiamo regolarmente pagato gli stipendi pur affrontando un’emergenza (concordato) nell’emergenza (Covid) e non beneficiando di alcuna agevolazione salvo la cassa integrazione. Tutto dice che questo brand tiene, fa lavorare 200 persone e produce ricchezza. In modo progressivo ci avviciniamo ai 25-26 milioni di fatturato 2021 e a un ebitda almeno pari a 1,5 milioni. E senza voli pindarici fatturiamo in Usa, in Russia, abbiamo appena firmato una lettera d’intenti per il Sudafrica, si sono riaperti il mercato svizzero e tedesco, abbiamo avuto richieste per le Filippine, abbiamo finalizzato un accordo con Amazon. Tutte iniziative che ci consentiranno di raggiungere gli obiettivi di piano”.
Sempre al Giornale di Vicenza Eberle lo scorso aprile aveva dichiarato: “Nel 2020, anno di crisi a causa dell’emergenza sanitaria e in particolare per il settore della moda, Gas ha chiuso il bilancio con 26 milioni di fatturato, 1,5 milioni di ebitda e tra i 6 e i 7 milioni di cassa. Abbiamo ottenuto questi risultati continuando a tagliare attività e riducendo costi. Il tutto senza agevolazioni, perché essendo in concordato la società non può usufruire delle misure governative, eccezione fatta per la Cig” (si veda Vicenza Più).
Per Grotto questo è il terzo tentativo di mettere in sicurezza l’azienda. Ricordiamo che la società già nell’ottobre 2018 aveva siglato con i finanziatori un’intesa per la ristrutturazione del debito, che prevedeva la trasformazione di parte dei crediti in strumenti partecipativi e l’iniezione di 4 milioni di euro di nuova finanza, di cui una parte proveniente dalla famiglia Grotto (si veda altro articolo di BeBeez). Il debito già allora era in mano ad AMCO (allora ancora SGA) e al fondo CCR I, con le banche che avevano a loro volta già in pegno le azioni Grotto a garanzia dei finanziamenti erogati alla controllante Luna srl. Si parlava allora di un’esposizione complessiva di 50-60 milioni di euro.
L’operazione non era però poi andata a buon fine e nel giugno 2019 Grotto aveva richiesto al Tribunale di Vicenza, come detto sopra, l’ammissione al concordato in bianco (si veda altro articolo di BeBeez). All’epoca, la società aveva confermato l’interesse di alcuni investitori a entrare nel gruppo immettendo nuova finanza e avviato un piano di rinnovamento aziendale per consolidare la redditività e il posizionamento dell’azienda nel suo settore, che prevedeva la razionalizzazione dei canali distributivi e dei costi. Grotto è stata poi ammessa al concordato preventivo in continuità nel novembre del 2019.
Successivamente, però, gli obiettivi del piano si sono rivelati troppo ambiziosi vista l’emergenza Covid-19 e la società ha chiesto e ottenuto dal tribunale la possibilità di presentare un nuovo piano concordatario, che è stato poi depositato a inizio dello scorso febbraio. Nel frattempo però l’accordo con il soggetto industriale che inizialmente avrebbe dovuto ricapitalizzare la società non si è mai concretizzato. La settimana prossima, quindi, si svolgerà la prossima puntata.
Gas è stata fondata nei primi anni ’70 da Claudio Grotto a Chiuppano (Vicenza). Dal 1984 disegna, produce e distribuisce collezioni di abbigliamento, calzature ed accessori per uomo, donna e bambino con il marchio Gas. Il denim è il core business dell’azienda. A partire dal 2005 la società ha intrapreso un progetto di riposizionamento del marchio, imperniato su una forte espansione in Europa e Asia: oltre all’apertura di negozi e flagship store, la società ha affiancato al quartier generale italiano sei nuove filiali in Europa (Spagna, Germania, Austria, Francia, Regno Unito ed Ungheria) e tre in Asia (Hong Kong, Shanghai, Giappone). Investimenti che sono stati tuttavia penalizzati dalla crisi del 2008.