Pillarstone Italy procede spedito nel suo progetto di piattaforma armatoriale di gestione tecnica e commerciale che sta costruendo attorno alla controllta Premuda, uno dei principali operatori nei servizi di trasporto marittimo e nel noleggio di navi per il trasporto di rinfuse liquide e secche e proprietario di FPSO (ovvero sistemi di estrazione, stoccaggio e ridistribuzione di prodotti petroliferi mediante strutture galleggianti). Ora che Premuda è tornata in salute, infatti, il progetto di Pillarstone è quello di farne una piattaforma aggregatrice con l’obiettivo di riportarla poi in Borsa.
Premuda è controllata da Pillarstone dal marzo 2017 (si veda altro articolo di BeBeez). Dopo aver raggiunto un accordo con le tre principali banche creditrici (Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banca Carige), la società era stata infatti ricapitalizzata e delistata da Piazza Affari dal fondo (si veda altro articolo di BeBeez). E ora è tornata pienamente in attività ed è pronta allo sviluppo.
Premuda nel 2018 ha infatti registrato un giro d’affari di 36,2 milioni di euro, con un ebitda che è salito a 10,9 milioni di euro, battendo sia le attese sia i risultati del 2017, e con un ebitda margin che è raddoppiato dal 2017, toccando il 30%. E a valle dei buoni risultati del bilancio 2018, quest’anno Premuda è tornata ad acquistare navi (si veda altro articolo di BeBeez). Lo scorso giugno, in occasione della pubblicazione dei risultati 2018, la società ha infatti confermato le voci di stampa sull’acquisto da DM Shipping (joint venture fra d’Amico International Shipping e Mitsubishi) della nuova nave cisterna High Efficiency, per un prezzo superiore ai 16 milioni di dollari e sempre in quell’occasione ha sottolineato che “dopo aver concluso la fase di consolidamento, Premuda prosegue quindi in una fase di vero e proprio sviluppo e posizionamento strategico supportato dall’azionista”.
Premuda è presieduta da Alcide Ezio Rosina (che in passato è stato amministratore delegato della società) e guidata dall’ad Marco Fiori. In consiglio di amministrazione siedono anche Gaudenzio Bonaldo Gregori (vicepresidente), Jens Martin Arveschoug Jensen, Roberto Rondelli ed Enrico Barbieri.
Secondo quanto risulta a BeBeez, a fine 2019 saranno almeno 25 le navi che faranno capo a Premuda, tra unità in proprietà e unità in gestione. Tra le navi in gestione, 5 arriveranno da operazioni di ripossessamento condotte dal comparto shipping di Pillarstone. A fine 2018 le navi in questione erano solo 13, quindi nel corso dell’anno la flotta è più che raddoppiata. E anche per il 2020 l’obiettivo è molto ambizioso.
Come noto, infatti, a inizio anno Pillarstone Italy aveva rilevato 300 milioni di euro di crediti deteriorati shipping da Intesa Sanpaolo e Unicredit, verso i gruppi armatoriali Motia, Perseveranza di Navigazione, Elbana di Navigazione, Morfini e Finaval (si veda altro articolo di BeBeez). L’operazione era stata condotta tramite il fondo FI.NAV gestito dall’irlandese Davy Investment Fund Services Limited.
Secondo quanto risulta a BeBeez, nei mesi scorsi FI.NAV ha poi condotto un secondo closing, sempre con crediti apportati dalle medesime banche, che ha portato gli asset shipping in gestione al comparto a 500 milioni di euro e nei mesi prossimi sono previsti ulteriori apporti da parte anche di altre banche verso altri gruppi armatoriali. Di questi 500 milioni, già una buona parte è stata trasformata in navi a seguito di operazioni di ripossessmento, come quella appena conclusa con la compagnia armatoriale Motia.
Quest’ultima nei giorni scorsi ha infatti siglato un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis della Legge Fallimentare su un totale di 130 milioni di euro di debito, quasi tutto nei confronti dei fondi shipping di Dea Capital Alternative Funds sgr e Pillarstone Italy (si veda altro articolo di BeBeez).
Ma mentre Dea Capital Alternative Funds sgr ha chiuso l’operazione facendosi rimborsare la sua quota di credito, Pillarstone ha convertito in navi i suoi circa 80 milioni di euro di crediti tramite ripossessamento. Tre delle navi in questione sono già passate di mano, mentre a brevissimo verrà chiuso anche il passaggio a FI.NAV di una quarta nave. Sempre FI.NAV quest’anno è già venuta in possesso anche di un’altra nave, a seguito della conversione di un credito nei confronti della società armatoriale Finaval, controllata al 75% dalla Fh di Giovanni Fagioli e partecipata al 25% dal trader petrolifero Vitol, nell’ambito di un accordo sottoscritto ai sensi dell’articolo 67 della Legge Fallimentare nel 2018.
Tra le operazioni in attesa di conclusione c’è anche quella su RBDArmatori. Come noto, all’indomani dell’acquisizione di 560 milioni di euro di crediti in portafoglio alle banche (Banco di Napoli e Mps) verso la società armatoriale napoletana nel luglio 2017 (si veda altro articolo di BeBeez), Pillarstone Italy ha avanzato istanza di fallimento su RBD Armatori presso il tribunale di Torre Annunziata (si veda altro articolo di BeBeez). Il Tribunale nel dicembre 2018 aveva fissato la data del 15 febbraio 2019 come termine ultimo per presentare le offerte per l’acquisto del ramo shipping di RDB Armatori (13 navi portarinfuse secche e liquide della flotta, più personale e contratti di noleggio) a un prezzo base di 190 milioni di dollari e del 100% del capitale di HLP Hotel La Palma spa, proprietaria dell’Hotel La Palma di Capri a un prezzo base di 35 milioni di euro. L’asta però era stata sospesa a sorpresa il giorno prima dallo stesso Tribunale, il che ha fatto immaginare che il Tribunale abbia intenzione di accettare la proposta di acquisto dell’intero gruppo per 270 milioni di euro depositata pochi giorni prima dal fondo Reuben Brothers (si veda altro articolo di BeBeez).
Da allora però non si sono avute altre notizie ufficiali e tutto è sospeso in attesa di una decisione del Tribunale, in particolare circa il futuro della flotta. Oltre ai 560 milioni di euro di debiti verso Pillarstone, RBD Armatori ha debiti per altri 260 milioni verso Goldman Sachs e Deutsche Bank, che a loro volta avevano rilevato crediti, rispettivamente, per 208 milioni da Unicredit e Ge Capital e 51 milioni da Banco Bom (in oriìgine da Banco Popolare).