I fondi di fondi di private debt e di venture capital che saranno lanciati a breve da Fondo Italiano d’Investimento sgr potranno investire in ciascun fondo target una cifra pari a un massimo, rispettivamente, del 50% e del 70% degli impegni complessivi raccolti da ciascun veicolo. Lo scrive oggi MF-Milano FInanza, riferendo quanto detto ieri a Milano dall’amministratore delegato del Fondo Italiano, Gabriele Cappellini, agli associati di Aifi, riuniti in Consiglio girettivo nella sede dell’associazione che rappresenta i fondi di private equity, di venture capital e di private debt presieduta da Innocenzo Cipolletta (scarica qui il comunicato stampa di Aifi).
Come noto, infatti, il Fondo Italiano si prepara a lanciare i due nuovi fondi di fondi grazie all’impegno della Cassa Depositi e Prestiti che vi investirà sino a un massimo di 350 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Più nel dettaglio, la Cdp si è impegnata a versare 250 milioni nel fondo di fondi di private debt che ha un target di raccolta complessiva a 500 milioni elevabile sino a 600 milioni, mentre verserà tra 50 e 100 milioni nel fondo di fondi di venture capital, che ha un target di raccolta di 150 milioni elevabile a 200 milioni.
Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, Cappellini ha spiegato che il veicolo di private debt investirà in fondi “le cui politiche di investimento siano focalizzate su strumenti finanziari di debito emessi da pmi caratterizzate da stabilità o crescita prospettica dei flussi di cassa, dotate di una posizione di mercato ben definita, di una guida imprenditoriale valida e di un gruppo manageriale preparato ed esperto”, in particolare su “minibond quotati; minibond non quotati su alcun mercato regolamentato né negoziati su alcun sistema multilaterale di negoziazione; obbligazioni e altri titoli rappresentativi del capitale di debito, anche di natura partecipativa o con warrant, di nuova emissione o già in circolazione, emessi da società anche non quotate; altre tipologie di strumenti finanziari di debito, nonché finanziamenti a medio-lungo termine e anticipazioni a fronte di cessione di crediti”. I fondi target potranno anche investire “in partecipazioni di minoranza al capitale di rischio” sino al 20% degli impegni di sottoscrizione raccolti, mentre non potranno a loro volta investire in altri fondi o schemi di investimento collettivo.
L’investimento da parte del fondo di fondi potrà essere condotto tramite “strumenti rappresentativi di partecipazioni” nei fondi target, ma anche “tramite qualsiasi altro titolo che permetta di acquisire gli strumenti indicati” e tramite “contratti di opzione aventi per oggetto l’acquisto e/o la sottoscrizione” delle partecipazioni in questione. Il fondo investirà in circa 20 fondi e ogni singolo investimento avrà una dimensione compresa tra i 15 e i 50 milioni di euro e non potrà comunque superare il 50% della dimensione complessiva di ciascun fondo target. L’ammontare complessivo degli investimenti in uno stesso fondo target non potrà eccedere il 25% del totale del fondo, limite elevabile al 30% con il parere favorevole del comitato tecnico consultivo.
Il nuovo veicolo di investimento avrà durata 12 anni più eventuali altri due anni di proroga con un periodo di investimento di 6 anni. La banca depositaria sarà Société Générale Securities Services, la stessa del fondo di fondi di venture capital. Quest’ultimo avrà durata 15 anni più eventuali altri tre di proroga con un periodo di investimento di anni.
Il fondo di fondi di venture capital investirà in fondi specializzati in operazioni di venture e di seed di capital; in fondi specializzati in “technology transfer (cioè nei primi stadi di nascita e sviluppo dell’idea imprenditoriale), in fase di early stage ( imprese nei primi stadi divita) e in fase di late stage (imprese già esistenti e con alto potenziale di crescita che necessita di captali per sviluppare progetti innovativi destinati a rappresentare una parte rilevante dell’attività dell’impresa e della crescita attesa)”; in fondi attivi “nel low mid cap (expansion e growth capital”.
I fondi target dovranno investire a loro volta in azioni, quote, obbligazioni convertibili, strumenti finanziari partecipativi, crediti rinvenienti da finanziamenti soci e in genere titoli rappresentativi del capitale di rischio. ipotesi in cui vi sia un parere favorevole del Comitato. Il Fondo italiano potrà investire anche in fondi lanciati da team appena costituiti, sempre che i gestori posseggano comprovata esperienza.
Il fondo potrà svolgere anche il ruolo di anchor/sponsor investor. Ogni investimento sarà però compreso tra i 5 e i 20 milioni di euro e non potrà rappresentare un valore superiore al 70% della dimensione complessiva di ciascun fondo target. Anche in questo caso, come per il fondo di fondi di private debt, l’ammontare complessivo degli investimenti inuno steso fondo non potrà eccedere il 25% dell’ammontare totale del fondo, limite elevabile al 30% con il parere favorevole del comitato tecnico consultivo.
Il consiglio direttivo AIFI si è poi riunito per affrontare il tema della direttiva AIFM; entro il 22 luglio,
dovrebbero entrare in vigore i regolamenti di Banca d’Italia e Consob che attuano le disposizioni
della Direttiva Alternative Investment Fund Managers sui gestori di fondi alternativi e a cui si
dovranno adeguare anche i gestori di fondi di private equity e venture capital. La direttiva introduce
il passaporto europeo per i gestori che faciliterà la raccolta internazionale dei fondi attraverso un
quadro regolamentare armonizzato.
Per quella data, il nostro Paese non avrà ancora le norme nazionali dato che la consultazione si
chiude il 25 agosto. Il ritardo italiano nel recepimento è notevole, rispetto ai paesi europei come
Francia, Germania e Inghilterra, che hanno già adottato le norme nazionali, consentendo così a chi
deve raccogliere nuovi capitali sul mercato di beneficiare del passaporto.
“I gestori dei fondi di private equity e venture capital – dichiara il Presidente AIFI Innocenzo
Cipolletta – hanno sempre rappresentato un’eccezione sia per modalità operative sia per volumi
gestiti: la direttiva era l’occasione per introdurre una maggiore proporzionalità negli obblighi e per
consentire di creare strutture di gestione snelle, simili a quelle che esistono negli altri Paesi,
dedicate agli investimenti nelle nostre piccole e medie imprese. Questa opportunità è stata colta
solo in parte”.
Le principali aree di criticità che AIFI individua riguardano l’estensione anche agli operatori sotto
soglia di alcuni obblighi, tra cui quelli di immobilizzazione patrimoniale, l’obbligo di dotarsi di un
“valutatore indipendente” e la procedura di notifica alla Consob dei regolamenti dei fondi riservati
agli investitori professionali.
AIFI ritiene che un recepimento così stringente possa incidere negativamente sui costi di gestione
e, in un contesto di mercato liberalizzato per la gestione e la commercializzazione dei fondi, possa
portare alcuni gestori a valutare strutture alternative, autorizzate in altri Paesi.