Quello che manca alle startup non è il capitale, ma il fatturato. Emerge dalla ricerca condotta da Leanus per MF – Milano Finanza sui bilanci 2015 delle startup innovative italiane, presentata in occasione di un convegno a Milano lo scorso 10 novembre, al quale hanno partecipato rappresentanti di tutta la filiera e dove è stato evidenziato che la startup innovativa media ha ricavi di 133 mila euro l’anno, un ebitda negativo del 25%, ha condotto investimenti per 61 mila euro e conta debiti finanziari per 54 mila euro (si veda altro articolo di BeBeez).
Certo, esistono già anche delle startup che hanno “svoltato”. Per esempio ce ne sono otto (si veda la tabella inpagina) che nei bilanci 2015 hanno addirittura rispettato i seguenti quattro criteri di selezione: ricavi superiori a 1 milione, ebitda positivo, investimenti superiori a 100 mila euro e patrimonio netto di oltre 1 milione. Anzi, due di queste (Dove Conviene, che nel settembre 2010 ha annunciato un round di investimento da 10 milioni di euro da parte di Highlands Capital Partners, per un totale di capitali raccolti dalla fondazione pari a 20 milioni; e Del Pia srl) non sono nemmeno più da considerarsi startup innovative, visto che con un fatturato di oltre 5 milioni, non rispettano più uno dei criteri richiesti dalla normativa per fregiarsi del titolo di “startup innovativa”.
In generale, però, come riferisce MF Milano Finanza in edicola da sabato 12 novembre, il punto sul fatturato è stato sollevato durante il convegno da Alessandro Fischetti, cofondatore di Leanus, che ha mostrato con i numeri che i 2377 bilanci delle startup innovative, depositati a fine settembre e dotati di tutte le informazioni necessarie a un’analisi approfondita, indicavano un patrimonio netto complessivo di gruppo di 276 milioni di euro, a fronte di 130 milioni di debiti finanziari. Lo stesso gruppo di startup nell’anno ha condotto investimenti per ben oltre 300 milioni e le aziende avevano 157 milioni di euro di liquidità sui conti.
Per contro, il fatturato aggregato di 316 milioni, che si stima salga a 686 milioni se si considerano tutte le 5161 startup registrate come innovative a fine 2015, non è in grado di remunerare in maniera adeguata il lavoro. Il problema quindi è vendere.
Il che non è banale. Ma il concetto di open innovation, che sta via via permeando la cultura dei grandi gruppi sia corporate sia bancari, può venire in aiuto. Per esempio, ha spiegato al convegno Paola Garibotti, responsabile country development plan di Unicredit, “il mio lavoro consiste nell’identificare le startup che offrono un prodotto o un servizio che possa essere interessante per nostri grandi clienti aziende e/o per noi stessi. Possiamo anche decidere di investirvi del denaro, ma l’investimento non è finalizzato al capital gain. Quello che ci interessa è fare in modo che quella startup incontri i bisogni di nostri clienti che così sono più felici di lavorare con noi. È un circolo virtuoso che si innesta”.
Un esempio è quello di Travelappeal, dove Unicredit StartLab ha investito in accoppiata con H-Farm, che ha incubato la startup (si veda altro articolo di BeBeez). Travel Appeal offre agli hotel, attraverso l’analisi dei big data, gli strumenti per monitorare e gestire la loro reputazione digitale. “Abbiamo messo in vendita questo prodotto presso tutti i nostri sportelli. Così da un lato supportiamo i clienti albergatori e dall’altro, come banca, beneficiamo del fatto che gli albergatori utilizzino quel prodotto, perché se sono in grado di gestire al meglio la loro reputazione sul web, faranno anche migliori affari e quindi saranno più solidi finanziariamente”, ha concluso Garibotti.
Maestra di open innovation è proprio H-Farm che da tempo lavora con le grandi aziende per aiutarle a individuare le startup con prodotti o servizi in grado di innovare radicalmente. Così il 10 novembre H-Farm era a Milano al Talent Garden al fianco di Ing Direct per uno degli appuntamenti di Ing Challange incentrato sul money management. “Aiutare i giovani a fare impresa è un modo per noi di venire a contatto con migliaia di idee e tra queste contiamo di trovare quelle giuste per le nostre esigenze”, ha detto a MF Milano Finanza Sergio Rossi, head of marketing&customer centricity di Ing Direct Italia, che ha aggiunto: “Qui oggi stiamo cercando una soluzione di gestione del denaro personale che sia facile e automatica da installare e utilizzare su smartphone e tablet”.