Sono state confermate tutte le norme a vantaggio del settore del private capital inserite nei giorni scorsi nel maxiemendamento del governo alla Legge di Bilancio 2019, anticipate da MF Milano Finanza la mattina dello scorso 21 dicembre (si veda altro articolo di BeBeez). Con ulteriori correttivi, sempre a vantaggio del private equity, del venture capital e del private debt e più in generale dell’economia reale. Sì perché, sebbene si parli di venture capital, la definizione che viene data ai fondi di venture capital ai fini delle norme inserite è in realtà una definizione che permette di abbracciare varie forme di private capital. La fiducia è stata votata al Senato tra la notte di venerdì 21 e sabato 22 dicembre e ora il testo della Legge passerà alla Camera per il voto in terza lettura domani.
Le norme in questione si trovano tutte nei commi da 111-bis a 111-decies e nel comma 112 (si veda qui il Dossier preparato dal servizio bilancio del Senato).
Il comma 111-bis – dispone
- l’innalzamento, dal 5% al 10%, della quota dell’attivo patrimoniale che gli enti di previdenza obbligatoria possono destinare ai piani di risparmio a lungo termine e agli investimenti qualificati indicati al comma 89 della legge di bilancio 2017 e cioé: a) azioni o quote di imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio medesimo; b) quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che investono prevalentemente negli strumenti finanziari di cui alla lettera a); b-bis) quote di prestiti, di fondi di credito cartolarizzati erogati od originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (gestite da società iscritte nell’albo degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, da istituti di pagamento rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 114 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 o da soggetti vigilati operanti nel territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell’Unione europea). Il comma 100 della legge di bilancio 2017 prevede la detassazione per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno cinque anni) nel capitale delle imprese
- l’aggiunta di un’ulteriore tipologia di investimento a quelle elencate dal comma 89 e cioé di quote o azioni di fondi di venture capital residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo;
- l’innalzamento, dal 5% al 10%, della quota dell’attivo patrimoniale che le forme di previdenza complementare possono destinare agli investimenti qualificati e ai piani di risparmio a lungo termine
- l’innalzamento, dal 5% al 10%, della quota dell’attivo patrimoniale destinata agli investimenti qualificati i cui utili sono esenti dalla ritenuta d’imposta del 26% di cui all’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dalla imposta sostitutiva di cui all’articolo 27-ter del medesimo decreto.
Il comma 111-ter – dispone che per i piani di risparmio a lungo termine, costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2019, si applicano le disposizioni dei commi seguenti.
Il comma 111-quater – prevede che
- in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. n. 917 del 1986, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo.
- La quota del 70% deve essere investita per almeno il 5% del valore complessivo in strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di negoziazione, per almeno il 30% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati e per almeno il 5% in quote o azioni di fondi di venture Capital residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. n. 917 del 1986, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo. Gli strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di cui al periodo precedente devono essere emessi da piccole medie imprese, come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione. Questo testo è diverso da quello originariamente inserito nel maxiemendamento, che recitava invece che la “quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 30% del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati e per almeno il 5 per cento in quote o azioni di fondi di venture capital” (sempre residenti in Italia o nella Ue o nello Spazio economico europeo, indipendentemente da una stabile organizzazione in Italia). E’ stato insomma inserito un ulteriore vincolo a favore degli strumenti emessi dalle pmi italiane e quotati su sistemi multilaterali di negoziazione. Il che ovviamente aiuta per esempio l‘Aim Italia e l’ExtraMot Pro.
Il comma 111-quinquies – fornisce la definizione di fondi di venture capital ai fini dei vincoli stabiliti dal comma 111-quater per i Pir. Si tratta di organismi di investimento collettivo del risparmio che destinano almeno il 70% dei capitali raccolti in investimenti in favore di piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, non quotate, residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo. Ciò significa che si sta parlando di fondi che investono in strumenti emessi o stipulati da microimprese, piccole o medie imprese e che quindi “occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro” (art. 2 dell’Allegato alla Raccomandazione). E’ evidente, quindi, che in questa definizione non ci sono soltanto i fondi di venture capital, ma anche i fondi di private equity che non lavorano sui mega-deal e i fondi di private debt e di direct lending, visto che la norma non parla di investimenti in azioni emesse da questo tipo di imprese, bensì di “investimenti in favore” di queste pmi.
I fondi in questione, però, per essere considerati ai fini dei nuovi vincoli imposti ai Pir devono essere nuovi o relativamente nuovi, visto che devono soddisfare almeno una delle seguenti condizioni:
a) non hanno operato in alcun mercato;
b) operano in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale;
c) necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 % del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni.
Il comma 111-sexies – stabilisce che le disposizioni di cui ai commi da 111-ter a 111-quinquies sono attuate nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il comma 111-septies – rinvia a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (MEF), da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’indicazione delle modalità e dei criteri per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 111-ter a 111-sexies.
Il comma 111–octies – stabilisce che, con l’obiettivo strategico di sostenere il tessuto economico produttivo più innovativo ed assicurarne lo sviluppo e la crescita nell’interesse generale del Paese, le entrate dello Stato derivanti dalla distribuzione di utili d’esercizio o di riserve sotto forma di dividendi delle società partecipate dal MEF, sono utilizzate, in misura non inferiore al 15% del loro ammontare, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, per investimenti in fondi di venture capital ai sensi del comma 108, che appunto consente allo Stato di sottoscrivere, tramite il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), quote o azioni di fondi di venture capital. Il comma 109 specifica poi che le sottoscrizioni possono essere effettuate anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento. Il comma 110 delega al MISE, di concerto con il MEF, l’adozione di un decreto volto a definire le modalità di realizzazione di questi investimenti suddetti. L
Il comma 111-novies – aggiunge la definizione di business angel a tutte quelle già previste dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza), classificando come tali gli investitori a supporto dell’innovazione che hanno investito in maniera diretta o indiretta una somma pari a almeno 40 mila euro nell’ultimo triennio.
Il comma 111-decies – stabilisce che per l’anno 2019, le aliquote delle detrazioni dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle società di cui ai commi 1, 4 e 7 dell’articolo 29 del decreto legge n. 179 del 2012 sono incrementate dal 30 al 40%. Nei casi di acquisizione dell’intero capitale sociale di startup innovative da parte di soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start-up innovative, le predette aliquote sono incrementate, per l’anno 2019, dal 30% al 50%, a condizione che l’intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno 3 anni.
Il comma 112 – modifica l’articolo 31 del decreto legge n. 98 del 2011, che disciplina gli interventi per favorire l’accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese, rendendo esenti i redditi da investimenti in quote di fondi di venture capital. In particolare, a questi fini:
a) viene sostituita la definizione di fondi comuni di investimento con quella di organismo di investimento collettivo del risparmio chiuso (OICR chiuso) e di società di investimento a capitale fisso (SICAF) previste dall’articolo 1, comma 1, lettere k-ter e i-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza – TUF);
b) vengono ridefinite le caratteristiche dei fondi per il venture capital, stabilendo che sono tali gli OICR chiusi e le SICAF che investono almeno l’85% del valore degli attivi in piccole e medie imprese non quotate su mercati regolamentati e il restante 15% in pmi emittenti azioni quotate (che però non devono aver registrato un fatturato superiore a 300 milioni di euro né una capitalizzazione di mercato superiore a 500 milioni nell’ultimo triennio);
c) le società destinatarie dei fondi per il venture capital devono avere, tra l’altro come caratteristica di essere società esercenti attività di impresa da meno di 7 anni.
E attenzione. Per pmi non quotate si intendono quelle definite dall’articolo 2 paragrafo 1, lettera f) del Regolamento (UE) n. 2017/1129. In particolare, deve trattarsi di società che in base al suo più recente bilancio annuale o consolidato soddisfino almeno due dei tre criteri seguenti: numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250, totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro e fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni di euro.
Il comma 112 precisa ancora che la pmi in questione deve inoltre trovarsi, con riferimento al proprio ciclo di vita in una delle seguenti fasi: sperimentazione (seed financing), costituzione (start-up financing), avvio dell’attività (early-stage financing), sviluppo del prodotto (expansion o scale-up financing).