C’è una nuova piattaforma fintech in città. Senza rumore è partita 15 mesi fa Whit-e, startup che gestisce un marketplace di acquisto di fatture commerciali emesse da aziende che per varie ragioni hanno difficoltà di accesso al credito, per esempio perché sono passati da un accordo di ristrutturazione, ma che hanno clienti con alto rating e quindi si trovano in possesso di crediti che possono facilmente essere assicurati. In 15 mesi di test sono state acquistate fatture per 63 milioni di euro, di cui circa 50 milioni nel 2018. E ora la piattaforma si sta attrezzando per fare il salto successivo. L’obiettivo, infatti, è intercettare numeri molto più grandi.
Whit-e, come la più nota Factor@Work, fa capo a Fintech holding, a sua volta controllata da Isidoro Lucciola e Riccardo Carradori. Il primo è anche fondatore di LP Investimenti a cui fanno capo anche Lucciola & Partners e Loan Agency Services. Mentre il secondo è partner di Lucciola&Partners e in precedenza è stato amministratore delegato di Coface Mediterraneo e Africa (gruppo Natixis).
La nuova avventura nasce proprio dall’accoppiata delle competenze di Lucciola nel settore dei crediti deteriorati e di Corradori nel settore delle assicurazioni del credito all’export, oltre che dalla già consolidata esperienza di Factor@Work nell’acquisto di fatture commerciali su piattaforme fintech.
Sino a inizio 2018, Factor@Work ha acquistato infatti fatture offerte su piattaforme fintech, in primo luogo su Workinvoice, tramite due veicoli di cartolarizzazione, che li cartolarizzavano e poi cedevano i titoli a investitori professionali italiani ed esteri, che venivano assistiti anche nella definizione delle politiche di investimento in base al profilo rendimento-rischio desiderato (si veda altro articolo di BeBeez). In totale con il primo veicolo sono state acquistate fatture per circa 50 milioni e con il secondo spv fatture per altri 100 milioni.
Ora, hanno spiegato a BeBeez Lucciola e Carradori, “questo modello si è evoluto e Factor@Work continua ad assistere gli investitori dai quali ottiene i mandati di investimento, ma le fatture commerciali in questione passano tutte per la piattaforma fintech captive Whit-e, sviluppata da programmatori interni al gruppo”.
Il modello di business, come spiegato anche dallo stesso Lucciola in un’intervista a MF Milano Finanza a inizio aprile, “si fonda sul fatto che l’attività di Factor@Work non è in competizione, bensì in cooperazione con le banche, che non possono o non hanno interesse a finanziare quel particolare segmento di aziende con basso merito di credito che per questo non viene per definizione coperto dalle altre piattaforme fintech. Da parte sua, invece, Factor@Work è in grado di ottenere mandati da investitori istituzionali per questo tipo di fatture (al momento sono 21 tra italiani e internazionali), perché ha coinvolto i tre principali assicuratori del credito all’export, Euler Hermes, Coface e Sace, nell’assicurare i crediti che le società che si trovano in special situation vantano nei confronti di aziende con alto rating”,
I numeri di Whit-e sono già molto buoni dopo il primo anno di vita, un fatto questo che è molto raro per una startup. Carradori ha infatti detto che “la piattaforma ha chiuso il 2018 con oltre 500 mila euro di ricavi, un ebitda di 126 mila euro e un utile netto di 62 mila”.
E ora, anticipano Lucciola e Carradori, “il prossimo passo sarà quello di creare una sgr, a sua volta controllata da Fintech holding, in grado di strutturare prodotti di investimento ad hoc sempre su fatture commerciali e con caratteristiche adatte alle esigenze di vari tipi di investitori. I tempi? Tra fine anno e inizio 2020″.