Moody’s ha declassato Moby, riducendo a C da Ca il rating corporate e a Ca da Caa3 il rating del bond da 300 milioni di euro (si veda qui il comunicato stampa). Una mossa dovuta, che segue ad altre analoghe condotte nei mesi scorsi, dopo che a febbraio la compagnia di traghetti controllata dalla famiglia Onorato non ha pagato né la cedola sul bond né gli interessi dovuti sulla linea di credito revolving da 260 milioni, per il pagamento dei quali è stato lasciato scadere anche il periodo di grazia (si veda altro articolo di BeBeez). Inoltre, l’agenzia di rating avverte che l’outlook resta negativo per l’azienda, in quanto potrebbe avere difficoltà a rifinanziare il suo debito in assenza di un accordo di ristrutturazione.
La situazione finanziaria di Moby, come noto, è ormai molto critica e, mentre si cerca un accordo con banche e bondholder (riuniti nell’Ad Hoc Group e prevalentemente hedge fund, tra cui Soundpoint Capital, Cheyenne Capital e York Capital), c’è da sistemare la questione del debito residuo da 180 milioni di euro a saldo dell’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin che nel 2012 ancora non era di Moby e che Moby deve ancora a Tirrenia, in amministrazione straordinaria, la bad company rimasta in capo allo Stato dopo la cessione a Moby del resto dell’azienda del 2012.
Tirrenia era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 135 milioni erano stati pagati al closing dell’operazione nel luglio 2012 e altri restanti 62 milioni pagati nel febbraio 2016 in occasione del rifinanziamento del debito (si veda altro articolo di BeBeez). I restanti 180 milioni dovevano essere pagati in tre rate: la prima rata da 55 milioni andava pagata nell’aprile 2016, la seconda da 60 milioni entro l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021.
I commissari straordinari di Tirrenia, infatti, dopo aver ottenuto a inizio marzo un sequestro conservativo fino a 55 milioni di euro nei confronti di Tirrenia-Cin, in relazione al mancato pagamento della prima delle tre rate residue del debito, lo scorso 10 aprile hanno ottenuto dal medesimo tribunale di Roma un secondo sequestro conservativo per 60 milioni di euro in relazione al mancato pagamento della seconda rata. Lo riferisce Ship2Shore.
Il primo sequestro, condotto inizialmente sui conti correnti, era stato successivamente trasferito sulle navi, dopo il vertice convocato dai Ministeri dei trasporti e dello Sviluppo Economico a seguito della paralisi operativa di Tirrenia e un accordo in tal senso siglato il 2 aprile scorso a Roma tra Moby e da Tirrenia (si veda altro articolo di BeBeez). E’ probabile quindi che anche il secondo sequestro venga applicato agli asset della società piuttosto che ai conti correnti per non paralizzarne l’attività. Tuttavia, la flotta di navi Tirrenia funge da garanzia anche per le banche e per gli obbligazionisti di Moby.
Ricordiamo infine che Moby attualmente è in trattative per vendere il suo ramo d’azienda dedicato ai mezzi ausiliari. La cessione permetterebbe a Moby di fare cassa per rimborsare in parte i creditori. Tra i possibili acquirenti si dice che ci sia l’imprenditore Davide Calderan, attivo nel settore a Venezia. La divisione varrebbe attorno ai 40-50 milioni, ma sulla cessione pende la spada di Damocle delle revocatorie (si veda altro articolo di BeBeez).
I numeri dei 9 mesi del gruppo lo scorso 12 dicembre avevano evidenziato un ulteriore netto peggioramento della situazione della cassa (si veda altro articolo di BeBeez): in nove mesi, infatti, il gruppo armatoriale ha bruciato oltre 115,9 milioni di euro dopo i 108,1 milioni bruciati nei primi nove mesi del 2018, mentre tra gennaio e giugno era stata bruciata cassa per 83,1 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). A fine settembre 2019, quindi, Moby aveva cassa per 56,2 milioni contro gli 89 milioni di euro di fine giugno e contro i 125,5 milioni di cassa che aveva a fine settembre 2018.