Le reti d’impresa sono sempre di più in Italia, ma è ancora troppo presto per dimostrare con i numeri che davvero i contratti di rete servano a dare una marcia in più alle aziende che hanno unito le forze. Lo segnala il 5° Osservatorio Intesa Sanpaolo-Mediocredito Italiano sulle Reti d’Impresa che verrà pubblicato oggi e che BeBeez è in grado di anticipare (si veda altro articolo di BeBeez).
Più nel dettaglio, allo scorso 1° ottobre risultavano registrati in Camera di Commercio 1.770 contratti di rete in cui erano coinvolte 9.129 imprese. Di queste 1.226 (il 13,4% del totale) erano inserite all’interno di 173 reti con soggettività giuridica.
Il fenomeno reti ha mostrato una progressiva accelerazione negli ultimi anni. Nel 2011 in ogni trimestre sono entrate mediamente in rete 326 imprese; nel 2012 si è saliti a 576, nel 2013 a 891 e nei primi nove mesi del 2014 a 793.
La classifica regionale continua a essere guidata dalla Lombardia con 2.019 imprese in rete, mentre consolida la sua seconda posizione l’Emilia Romagna con 1.128 imprese. Al terzo posto la Toscana con 982 imprese coinvolte. Circa il 45% delle imprese italiane
in rete si trovano in queste tre regioni. A livello provinciale primeggia Milano con 667 imprese; seguono Roma (444) e Brescia (348).
Molto altro è il grado di differenziazione produttiva e dimensionale. L’83,9% dei contratti presenta al proprio interno imprese specializzate in diversi comparti produttivi. Più in particolare, il 55,5% delle reti è composto da imprese appartenenti a diversi macrosettori (agro-alimentare, industria in senso stretto, costruzioni, servizi), mentre il 28,4% delle reti ha al proprio interno imprese dello stesso macrosettore, ma di comparti produttivi diversi. Inoltre, poco meno di una rete su tre è composta da imprese della stessa classe dimensionale. In particolare, nel 60% dei contratti di rete italiani sono attive micro imprese insieme a imprese di un’altra classe dimensionale.
Detto questo, spiega l’Osservatorio, nonostante il forte sviluppo osservato negli ultimi anni, il grado di diffusione dei contratti di rete è ancora relativamente contenuto rispetto al complesso del tessuto produttivo. L’Abruzzo è la regione più attiva, con lo 0,58% delle imprese regionali in rete. A livello italiano ci si ferma allo 0,21%.
Inoltre manca evidenza sull’efficacia nel breve periodo dei contratti di rete, un fatto che si spiegherebbe con la tipologia degli obiettivi dei contratti, spesso orientati su strategie di medio-lungo termine come innovazione e internazionalizzazione. Nel biennio 2012-2013 le imprese che erano già in rete nel 2011 hanno mostrato infatti un calo del fatturato solo di poco inferiore a quello delle imprese non in rete (-3,6% vs. -4,9%). Il differenziale a loro favore è stato addirittura più pronunciato nel triennio 2009-2011 (+0,8% vs. -4%). Sul fronte reddituale, invece, i riscontri sono un po’ più visibili, con un recupero maggiore per le imprese coinvolte in rete che in termini di margine di ebitda hanno guadagnato 2 decimi di punto percentuale (salendo al 7,9% nel 2013 dal 7,7% nel 2011) rispetto ai 2 decimi persi dalle altre imprese (da 7,8% a 7,6%).
I risultati qui presentati non consentono quindi di trarre conclusioni certe sull’efficacia dei contratti di rete, anche perché l’analisi è stata condotta solo sulle poche imprese in rete a fine 2011. Lo strumento della rete, infatti, ha iniziato ad avere una buona diffusione solo dal 2012, con un’accelerazione importante nel biennio 2013-2014. Bisognerà dunque aspettare i bilanci del 2014 per ampliare il campione di analisi e trarre valutazioni più solide sugli effetti dei contratti di rete sulle performance economico-reddituali delle imprese.
Quello che però è già evidente è che molte reti sono dotate di un buon patrimonio di competenze in ambito tecnologico e commerciale. Rispetto alle imprese non in rete, infatti, le imprese manifatturiere in rete, infatti, sono più attive all’estero con attività di export, partecipate e marchi registrati a livello internazionale, fanno più innovazione e sono più attente all’ambiente. Il confronto viene fatto da Intesa Sanpaolo tra le 77.996 imprese manifatturiere italiane con almeno 50mila euro di fatturato nel 2013 (escluse le imprese coinvolte in reti di impresa) e le 1.724 imprese manifatturiere che appartengono a reti di impresa con più di 50mila euro di fatturato nel 2008.
Per dotazione di leve strategiche spiccano, in particolare, le 1.274 imprese che fanno parte dei 244 contratti green mappati in Italia (il 13,8% del totale) e legati alla sostenibilità ambientale, intesa come impegno nelle energie rinnovabili, nel risparmio energetico, nel riutilizzo di materiali, nella produzione di beni per servizi ambientali, nella riduzione delle emissioni di CO2, nella riqualificazione energetica. Nei contratti green il 16,4% delle imprese ha in portafoglio un certificato ambientale, contro il 9,7% delle imprese in rete e il 2,8% delle imprese non in rete. Differenziali significativi emergono anche per diffusione dell’innovazione e presenza sui mercati internazionali.