In Emilia Romagna la startup nove volte su dieci nasce con i soldi di mamma, papà, nonni e zii. Il venture capital è quasi inesistente, mentre è più facile accedere ai finanziamenti regionali. A scattare questa fotografia è una ricerca dell’Università di Bologna e di Aster, consorzio della Regione Emilia-Romagna per l’innovazione e la ricerca industriale, presentata lo scorso giugno alla decima edizione del Research to Business, salone internazionale della ricerca industriale e dell’innovazione (scarica qui il comunicato stampa).
Più nel dettaglio, la ricerca condotta dall’Università di Bologna e da Aster, su un centinaio di start up della regione, rileva che dalla fine del 2013 al 30 aprile scorso le imprese innovative iscritte nell’apposito registro nazionale sono più che raddoppiate: +123%, da 1719 a 3842. L’Emilia Romagna rappresenta il 12,05% del totale nazionale dietro la più grande e popolata Lombardia. Quasi la metà hanno un fatturato fino a 500 mila euro e fino a un massimo di 9 addetti.
Nell’88,6% dei casi le risorse finanziarie arrivano dai cosiddetti family&friends. Banche e istituzioni finanziarie intervengono raramente (3%) per finanziarie a medio-lungo termine la nuova impresa. Nel 2,6% delle volte si tratta di un debito bancario ordinario. La partecipazione di aziende industriali non va oltre il 4% così come i finanziamenti da venture capital si limitano ad appena lo 0,4% dei casi.
Per le start-up dell’Emilia Romagna i finanziamenti regionali sono stati quelli più cospicui. I due terzi delle imprese innovative osservate hanno chiesto finanziamenti europei, ma li ha ottenuti solo il 13%.L’80% ha fatto richiesta per quelli nazionali, ma soltanto il 5,7% li ha avuti. Il 47,1% ha presentato domande per quelli regionali e nel 35,7% dei casi li hanno ottenuti. Il 67% ha chiesto risorse alle istituzioni locali e le hanno portate a casa solo il 25,7% delle volte.