Le società italiane parte dell’indice FTSEMIB nel 2017 hanno svalutato l’avviamento per 1,1 miliardi di euro, una cifra che è più alta di ben il 38% rispetto agli 800 milioni di euro di svalutazioni registrate nel 2016, ma comunque ben lontana dai 3 miliardi del 2014. Le società ad aver operato svalutazioni dell’avviamento sono state 4 nel 2017 contro 6 nel 2016 e 8 nel 2014.
Lo rileva Duff & Phelps nel suo 2018European Goodwill Impairment Study (si veda qui il comunicato stampa), che calcola anche che una cifra analoga di 1,1 miliardi di svalutazioni si è registrata nel 2017 per l’avviamento delle società italiane parte dell’indice Stoxx Europe 600, una cifra a sua volta in aumento del 38% dagli 800 milioni di euro di svalutazioni registrate l’anno prima, ma poco meno di un terzo dei 2,9 miliardi registrati nel 2014. Il dato del 2017, soprattutto, è lontanissimo dal massimo di 16 miliardi registrato nei bilanci 2013 delle società italiane membre dello Stoxx Europe 600, al picco della crisi del debito sovrano dell’area euro. Anche in termini di numero di società che hanno operato le svalutazioni la situazione è migliorata: 3 nel 2017, 6 nel 2016, 7 nel 2014 e 8 nel 2013.
Il tutto, però, in un quadro in cui gli impairment complessivi dell’avviamento registrati da tutte le società europee che compongono l’indice Stoxx Europe 600 nel 2017 sono diminuiti del 35%, passando da 28,4 miliardi nel 2016 a 18,5 miliardi nel 2017. Si tratta del secondo calo consecutivo e soprattutto del livello più basso di impairment dell’avviamento in Europa dal 2010, l’inizio della crisi del debito sovrano. Non solo. Anche dal punto di vista del numero delle società che hanno registrato impairment le cose sono andate meglio: soltanto 110 società dalle 212 del 2016.
Quanto alla situazione delle società membre dei singoli indici borsistici nazionali europei, si è registrato un calo importante in Francia, con gli impairment delle società del CAC40 in calo da 5,4 a 3,6 miliardi nel 2017; in Germania per le società del DAX, in calo da 4,8 a 2,9 miliardi; e sopratto nel Regno Unito, con un crollo da 12,4 a 1,4 miliardi. In controtendenza, invece, le società dell’IBEX 35 spagnolo, con impairment in aumento da 500 milioni a un miliardo.
L’analisi dell’impairment degli asset intangibli è particolarmente sensibile nei processi di m&a, perché ovviamente ha un impatto sulle valutazioni delle aziende sia in sede di acquisizione sia dopo, quando il valore delle società acquisite deve essere ricalibrato a bilancio.
Enrico Rovere, managing director a capo della Valuation Advisory di Duff & Phelps in Italia, in proposito ha fatto presente che da un lato nel 2017 i volumi di m&a in Europa sono decisamente calati (-10% per numero di deal e -70% per valore, secondo S&P Capital IQ) e quindi ci sono stati meno nuovi goodwill da valutare a bilancio rispetto ad altri anni: complessivamente nel 2017 sono stati aggiunti 35 miliardi di avviamento ai bilanci delle società STOXX Europe 600, con la Francia che ha aggiunto il quantitativo maggiore. Tuttavia nel 2017, ha aggiunto Rovere, “qualsiasi impatto negativo sull’avviamento a causa dell’incertezza economica e politica doveva ancora avvenire nei conti delle società. Guardando al 2018, tuttavia, sembra che le cose stiano iniziando a cambiare. I mercati tendono a reagire negativamente a periodi di prolungata incertezza e, per quanto riguarda l’impairment dell’avviamento, dovremo aspettare ancora un po’ prima di poter veramente iniziare a vedere il vero impatto, poiché c’è un ritardo naturale prima che le società segnalino risultati negativi su precedenti acquisizioni”.
Tornando all’Italia, dal punto di vista settoriale, le società finanziarie italiane sia all’interno del FTSE MIB sia dello STOXX Europe 600 hanno pesato quasi per intero sull’importo complessivo di impairment dell’avviamento. Da sole, infatti, due banche hanno registrato impairment per 1,062 miliardi di euro: si tratta di Banco Bpm (1,034 miliardi, il quinto singolo impairment più alto nella classifica europea 2017) e Bper Banca (28 milioni). Il secondo settore più colpito è quello delle utilities, a causa della valutazione da 34 milioni di A2A.
Rovere ha commentato a riguardo: “Sarà interessante vedere se questa tendenza sarà confermata dai test di impairment del 2018, alla luce della flessione dei mercati finanziari globali nell’ultima metà dello scorso anno e del rallentamento dell’economia mondiale, che potrebbe influenzare sia il costo del capitale sia le proiezioni di flussi di cassa utilizzate dalle società per gli impairment test”.