La notizia buona è che la redditività delle aziende italiane è tornata ai livelli pre-crisi, sostenuta dal rafforzamento del tessuto manifatturiero. Quella cattiva è che è ancora condizionata da due fattori strutturali: il forte peso delle pmi e i lunghi tempi di pagamento.
Lo evidenziano i bilanci societari del 2017, analizzati da Banca Intesa Sanpaolo e Prometeia nel rapporto Analisi dei Settori Industriali del Maggio 2019. Lo studio stima che, ipotizzando tempi di incasso per l’Italia simili a quelli tedeschi, il Roi medio del manifatturiero italiano salirebbe di circa l’1%, avvicinandosi ai livelli della Germania. Quello dei tempi di pagamento è un problema atavico dell’Italia: dalle prime stime al 31 dicembre 2018 sulle abitudini di pagamento della clientela provenienti dal database DAP, i tempi medi di pagamento l’anno scorso sono stati di 74 giorni (che diventano 135 analizzando solo i tempi di incasso dei crediti verso enti del Servizio Sanitario Nazionale ceduti a società di factoring).
Per quanto riguarda il settore della sanità in Italia, che rappresenta la fetta più importante dei creditori della PA, secondo i dati di Assobiomedica a fine 2018 i tempi medi di pagamento (DSO – Days Sales Outstanding) erano ancora a quota 110 giorni, peraltro in calo netto dai 125 giorni dell’anno prima, mentre a fine marzo i tempi erano risaliti a quota 113 giorni (si veda altro articolo di BeBeez). I lunghi tempi di pagamento hanno addirittura portato la Commissione Ue a deferire l’Italia alla Corte di Giustizia nel 2017 a tre anni dall’avvio di una procedura di infrazione. Tuttavia negli ultimi anni i tempi si stanno riducendo e le aziende hanno fatto ricorso al factoring, dove l’Italia è terza in Europa e quarta a livello mondiale (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando al settore manifatturiero italiano, le analisi di Banca Intesa Sanpaolo e Prometeia hanno registrato un progresso in termini di fatturato rispetto alla fase negativa di fine 2018, confermando la natura temporanea del rallentamento italiano. Per quest’anno è attesa una stabilizzazione del fatturato sui livelli del 2018, condizionato dal clima di incertezza che caratterizza la domanda, sui mercati internazionali e su quello domestico. Soffriranno in particolare i settori produttori dei beni di investimento: auto, moto, meccanica, metallurgia e prodotti in metallo, elettrodomestici. Dinamica positiva invece per i settori meno ciclici (largo consumo, alimentare e bevande, faramceutico) e per quelli sostenuti dal recupero delle costruzioni (mobili, elettrotecnica, prodotti per costruzioni).
Il miglioramento atteso nello scenario globale porterà ad un’accelerazione del fatturato dell’industria italiana già nella seconda metà del 2019 e fino al 2023, sostenuto da domanda interna e maggior forza competitiva sui mercati esteri: i livelli di attività delle imprese italiane cresceranno così dello 0,9% nel 2020 e dell’1,5% medio annuo nel triennio 2021-23. In particolare, lo studio prevede un saldo commerciale superiore ai 100 miliardi di euro nel 2023, con oltre metà del fatturato realizzato all’estero. A livello di settore, nei prossimi 4 anni il fatturato dovrebbe crescere in particolare per i settori auto, largo consumo ed elettrotecnica. Il rafforzamento dell’attività nel 2020-2023 dovrebbe andare di pari passo con un miglioramento della redditività delle imprese, che tuttavia probabilmente decideranno di accumulare i capitali sotto forma di liquidità, per tutelarsi dai rischi dello scenario globale.