![Luca Ronconi](https://bebeez.it/files/2019/09/Schermata-2019-09-24-alle-21.44.06.png)
Si è finalmente chiusa in bellezza la tormentata storia della crisi di Koelliker spa, quella che negli anni ’80 era la società proprietaria della concessionaria auto simbolo della Milano da bere, con vetrine in piazza San Babila, ma che soprattutto possedeva concessionarie in tutta Italia e importava e distribuiva innumerevoli marchi, in particolare asiatici.
CarVal Investors, in collaborazione con il suo operating partner Celtic Asset Management, boutique di investimento fondata da Giacomo Sonzini e Mario Vernazza, ha acquistato l’intero credito bancario del gruppo dalle 18 banche finanziatrici, azzerando così il debito bancario pregresso. Il credito a medio-lungo termine è stato trasferimento a un nuovo fondo immobiliare controllato da fondi gestiti da CarVal Investors insieme al patrimonio immobiliare del gruppo, con eccezione degli immobili funzionali all’attività logistica del gruppo e cioé il compound Faldo, una delle più grandi aree logistiche d’Europa per il settore automotive con oltre 650 mila mq di piazzali attrezzati. Quanto al debito a breve, è stato rimodulato, al netto di uno stralcio concordato tra le parti, in forma di zero coupon in modo da continuare a essere utilizzato per l’acquisto di auto dei marchi rappresentati, e che sarà rimborsato secondo termini adeguati a sostenere e rilanciare l’attività aziendale.
Sul fronte equity, invece, il 93,5% del capitale è stato acquistato, tramite la newco Konki spa (che in giapponese significa perseveranza) da un club deal di investitori privati (Club Deal Car) organizzato da Canova, la boutique di investimento fondata da Roberto Giacobone, a sua volta cofondatore di Finanziaria Canova, la holding di investimento nota per aver venduto nel 2007 a Permira una quota del 18,9% (detenuta dalla stessa Fincanova e da altri investitori) dell’alloraValentino Fashion Group, aderendo all’opa con cui poi il fondo delistò la griffe da Piazza Affari.
L’ingresso di Konki in Koelliker è stato condotto in aumento di capitale con un investimento di 10 milioni di euro, di cui 7 milioni versati subito e gli altri 3 da versarsi in un secondo tempo. Luigi Koelliker, che prima possedeva il 100% del capitale, si è diluito al 5%, mentre il restante 1,5% l’ha comprato l’amministratore delegato Luca Ronconi, alla guida della società sin dal dicembre 2009 e deus ex machina della lunga storia di rilancio della Koelliker. Tra gli investitori che hanno partecipato al club deal, oltre allo stesso Giacobone, ci sono anche Alessandro Pedone, fondatore di Gruppo Servizi Associati spa (società controllata dal fondo Armònia Italy, si veda altro articolo di BeBeez), e Alexis De Dietrich, erede della famiglia di imprenditori alsaziani che nel 1896 avviarono la produzione di automobili, per la quale si avvalsero della collaborazione di Ettore Bugatti.
A seguito di queste operazioni, Koelliker raggiunge un patrimonio netto di oltre 37 milioni di euro ed è stato nominato un nuovo consiglio di amministrazione, composto da: presidente Giacobone, vicepresidente Michel Leemans (per oltre 10 anni vice presidente esecutivo del gruppo
Koelliker), Ronconi confermato ad, e come nuovi membri appunto Pedone e De Dietrich, Silvia Ferriani (partner di Canova) e Alberto Calvo (consigliere indipendente, consulente esperto di automotive).
Molto nutrito il parterre degli advisor. Koelliker è stata affiancata sul piano finanziario da Rotschilg, dallo studio legale Legance, dallo Studio Legale Tributario Bonafe’ Grifoni e Associati e per il business da Roland Berger. Advisor legale delle banche è stato Latham & Watkins. Quanto a Canova e Konki, sono stati affiancati sul piano legale da Gatti, Pavesi, Bianchi, sul piano fiscale da Deloitte e su quello contabile da Kpmg. Infine, advisor legale di CarVal sono stati lo studio RCCD e Greenberg Traurig Santa Maria, mentre advisor fiscale è stata Deloitte.
Ronconi ieri a Milano ha raccontato alla stampa le tappe della crisi e i traguardi già raggiunti. Ai tempi d’oro, nel 2006, Koelliker era un gruppo che fatturava oltre 1,6 miliardi di euro. Peccato che avesse anche un debito superiore agli 800 milioni, fatto non così strano in quel periodo in cui trovare liquidità era una passeggiata. Ma poi la crisi finanziaria, sommata alla crisi del settore auto e a quella immobiliare hanno affossato il gioiello, tanto che per dieci anni è passato attraverso a due accordi di riscadenziamento del debito con le banche ex art. 67 Legge Fallimentare (una volta a fine 2009 e un’altra nel 2011) e un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis nel 2014.
“A fine 2007 la società aveva un debito di ben 839 milioni di euro“, ha ricordato Ronconi, precisando che “la società ha un ciclo finanziario lungo, perché da un lato per importare più vetture bisogna anticipare più soldi al costruttore e dall’altro si fanno condizioni di favore al distributore, per cui necessita di un’ingente quantità di risorse finanziarie”.
Ronconi ha ricordato che “il primo accordo con le banche prevedeva il rimborso integrale del debito, che al momento della sigla dell’accordo era sceso a 754 milioni. Da quel momento abbiamo iniziato a vendere tutto quanto potevamo , in particolare le attività italiane di Hyundai e di Kia, le attività di distribuzione dei ricambi e qualche immobile. Dico qualche perché di un patrimonio che inizialmente valeva 120 milioni di euro, siamo riusciti a vendere allora solo una piccola parte. Il mercato immobiliare stava crollando e avevamo una lunga serie di limitazioni relative alle condizioni di vendita imposte dall’accordo con le banche. In ogni caso alla fine nel 2013 eravamo riusciti a ridurre il debito a soli 110 milioni di euro e a pagare anche oltre 40 milioni di interessi. Pensavamo di essere stati bravi, ma non bastava. Perché nel frattempo il fatturato era crollato a 140 milioni e le banche non volevano sentire ragioni. Così abbiamo dovuto passare per l’accordo di ristrutturazione del debito, che a sua volta ci imponeva una serie di restrizioni importanti allo sviluppo, perché di fatto non potevamo ricorrere a nuova finanza e quindi non potevamo pensare di importare nuovi marchi. Ciononostante nel frattempo abbiamo continuato a lavorare e abbiamo assunto 100 persone degli ultimi 5 anni”.
La svolta è arrivata quando Luca Ronconi ha conosciuto Roberto Giacobone nel 2017. Condividevano la stessa passione per il nuoto e frequentavano la stessa piscina. Ci sono voluti due anni di trattative, ma alla fine lo scorso 26 luglio si è arrivati alla sigla del deal. Quel giorno, ha ricordato Ronconi, “abbiamo firmato 64 contratti”, tanto l’operazione era complicata, vista la numerosità dei soggetti coinvolti, a partire dalle 18 banche finanziatrici.
“Dopo aver chiuso il 2018 con 267 milioni di euro di ricavi, quest’anno viaggiamo verso i 300 milioni di euro, grazie soprattutto un balzo del 58% nelle vendite delle Mitshubishi tra gennaio e agosto, contro un -3,1% del mercato”, ha detto Ronconi, anticipando che “ora Koelliker può ripartire. Stiamo già immaginando nuovi investimenti per lo sviluppo dell’infrastruttura logistica della nostra controllata Autotrade & Logistics a il Faldo a Livorno, l’unico asset immobiliare che non abbiamo ceduto al fondo Carval”. Non solo. Ronconi sta anche immaginando nuovi invstimenti per l’importazione in Italia di nuovi marchi, in particolare dalla Cina, dove la tecnologia dell’auto elettrica è molto avanzata. Oggi Koelliker controlla al 100% una società operativa che commercializza le vetture Mitsubishi (M.M Automobili Italia spa) e due società operative che commercializzano vetture SsangYong (SYMI spa, in Italia; e SYMA Autohandels GmbH in Austria).
“Quegli investimenti andranno finanziati, ma ora che abbiamo messo la parola fine agli anni crisi e che l’azienda è risanata, confido che potremo accedere ai normali canali di finanziamento a disposizione di un’azienda pienamente in bonis e pronta a crescere”, ha concluso Ronconi.