Il potere della musica, linguaggio universale, per unire popoli da quasi un secolo avversi, palestinesi ed israeliani, simbolo di tanti conflitti che ricadono come ruote tragiche sui figli dei figli, al centro di Crescendo
#makemusicnotwar, un film di DROR ZAHAVI distribuita sa Satine Film con
PETER SIMONISCHEK, MEHDI MESKAR, DANIEL DONSKOY, SABRINA AMALI al cinema dal 27 agosto e nelle arene estive (in anteprima al cinema Portico di Firenze il 15 e 18 agosto). Per nulla scontato, se ad un certo momento la storia sembra comporsi per il meglio in un messaggio chiaro di catarsi e armonia, l’imprevisto della vita spezza quel crescendo. Eppure con l’amaro in bocca pensiamo, come il direttore d’orchestra, malgrado il suo comprensibile senso di sconfitta, che il coraggio di una prova e la semina vale sempre la pena, come dimostra lo struggente Bolero suonato dai due violini rivali all’aeroporto, alla fine del film.
Dal 27 agosto nelle sale italiane, distribuito da Satine Film, arriva l’atteso CRESCENDO #makemusicnotwar, un film di Dror Zahavi, liberamente ispirato alla storia della West-Eastern Divan Orchestra creata da Daniel Barenboim e Edward Said. CRESCENDO #makemusicnotwar è un concerto straordinario, un inno al potere della musica e alla sua capacità di creare ponti anche dove ogni comunicazione tra le parti sembra impossibile, in un “crescendo” di emozioni e tensioni fino all’ultimo fotogramma. Il progetto di creare un’orchestra formata da giovani israeliani e palestinesi sembra essere, per il Maestro Sporck, una missione senza speranza ma, gradualmente, grazie alla sua tenacia, prende spazio l’illusione che, dal vibrato di due violini che suonano all’unisono, può nascere una speranza di Pace, di comprensione reciproca, di amicizia e forse anche amore tra due fazioni divise da un odio antico e insanabile. Peter Simonischek – Migliore Attore European Film Award per Vi presento Toni Erdmann – dirige l’orchestra di talentuosi giovani attori, tra cui Mehdi Meskar (interprete di Pizza e datteri, Non c’è più religione) diventato un idolo tra i giovanissimi per la serie di culto Skam Italia. Nel film, dotato di una fotografia suggestiva, ariosa e cupa, a seconda dei momenti, il peso della storia, delle convinzioni che sembrano impossibili da sradicare è affrontato dal direttore d’orchestra che diventa una metafora di direzione degli animi, pensando alla propria storia personale dolorosa e invalidante. Le prove del concerto diventano un laboratorio motivazionale con esercizi e giochi di ruolo che apparentemente non hanno nulla a che vedere con la preparazione del concerto, diventando però una palestra di vita, nella convinzione che l’esercizio interiore sia l’unico che possa garantire il successo anche se da solo non basta. La vita è ben più complicata.
La storia inizia con pochi frammenti dell’ultima parte per tornare indietro di sette settimane a Francoforte dove Karla De Fries donna d’affari con la passione per le opere filantropiche incontra Eduard Sporck, famoso direttore d’orchestra ora in pensione, per proporgli quella che sembra essere una missione impossibile: costituire un’orchestra di giovani israeliani e palestinesi per un unico concerto. A breve, in Alto Adige, si terranno dei negoziati per la pace tra Israele e Palestina e la Fondazione da lei presieduta ha ricevuto l’incarico di organizzare gli eventi collaterali. Come sostiene la De Fries “La mia fondazione fornisce aiuti secondo un criterio razionale, non emozionale” e il concerto potrebbe favorire l’apertura della prima scuola di musica in Cisgiordania. Sporck è dapprima restio ad accettare l’incarico: la sua personale vicenda familiare – figlio di medici dei campi di sterminio, fuggiti in Argentina, uccisi poi proprio da coloro che li avevano aiutati a fuggire – e il suo scetticismo verso il buon esito dell’operazione lo inducono a suggerire altri nomi di direttori come più appropriati per l’obiettivo da raggiungere, ma la De Fries riesce a trovare le parole giuste per convincerlo a volare a Tel Aviv. Il nome di Sporck esercita una forte attrazione per i giovani aspiranti musicisti, sia a Qalqiya, in Cisgiordania, dove Layla si esercita tenacemente da sola con il violino a dispetto dei lacrimogeni e dei continui attacchi israeliani, sia a Tel Aviv, dove il fiero Ron ha studiato invece alacremente il violino fin da piccolo aspettando l’occasione giusta per esibire il proprio talento. Per Layla la possibilità di suonare con Sporck va oltre la passione per la musica: è l’occasione per guadagnarsi il rispetto che sente di non avere mai avuto, per non vedere la propria casa demolita o espropriata, com’era accaduto anni prima a suo nonno. Così come per il giovane Omar, incoraggiato dal padre con cui suona nella piccola band familiare ai matrimoni nei fine settimana. Esseri scelti dal Maestro Sporck è l’occasione per conoscere il vero mondo della musica e per poter sognare un futuro migliore. “Sporck è una Porsche!” esclama sempre Jussef, il papà di Omar, fiero che il proprio figlio possa partecipare all’audizione. Ma le difficoltà dell’impresa sono evidenti fin da subito. L’ambizione della De Fries di costituire una grande orchestra equamente rappresentata con membri delle due parti si scontra con le difficoltà per i palestinesi nel riuscire a passare i posti di blocco israeliani e con i diversi livelli di preparazione dei due gruppi. Nell’audizione “alla cieca” voluta dal Maestro al fine di selezionare solo gli elementi migliori, emergono le lacune dei musicisti palestinesi, la cui formazione è essenzialmente amatoriale e da autodidatta. Per non trasformare l’evento in un concerto di musicisti per lo più israeliani Sporck è costretto a ridurre il programma iniziale per una grande orchestra e a concentrarsi su una ventina di elementi consapevole che, unire in un intento comune due popoli così profondamente divisi, è una sfida che va oltre la ricerca della perfezione artistica. La frattura politica, sociale e culturale che separa i due gruppi non esita infatti ad emergere in tutta la sua animosità: Ron, risentito per la scelta di Layla come primo violino, aizza contro di lei i musicisti israeliani suoi allievi e gli orchestrali palestinesi non esitano a farle squadra intorno. Solo il timido e riservato Omar e la giovanissima israeliana Shira sembrano a disagio di fronte a questa situazione. Tra loro sta nascendo una delicata amicizia fondata sul rispetto e la solidarietà e non si lanciano nella mischia di insulti e cori rabbiosi in cui ogni incomprensione tra i due gruppi sembra degenerare. La tensione che si respira a Tel Aviv e la mancanza di comunicazione tra gli orchestrali spingono Sporck ad anticipare il trasferimento in Alto Adige confidando che, in un territorio neutro, i giovani possano trovare il modo di allentare individualmente barriere e pregiudizi a sperimentare un’armonia soprattutto umana, prima ancora che musicale.
“Un nemico – ammonisce Sporck – è solo qualcuno di cui ancora non conosci la storia”. Insistendo sull’importanza di ascoltarsi e comprendere le ragioni dell’uno e dell’altro e mettendo a sua volta a nudo il terribile segreto che ha da sempre marchiato la sua esistenza, il Maestro riesce piano piano a instillare un germe di speranza che forse la pacifica convivenza tra israeliani e palestinesi non sia impossibile. E a giudicare dal legame crescente fra Omar e Shira forse anche qualcosa di più… Una speranza che sembra riflettersi anche nella loro maturazione artistica: iniziando gradualmente a guardarsi e ascoltarsi l’un l’altro attraverso la musica, i giovano musicisti riescono a far raggiungere all’orchestra quel crescendo armonico tanto desiderato dal Maestro e a prepararsi al meglio per il concerto finale. Quell’unico, grande concerto che avrebbe segnato per sempre le loro vite.
a cura di Ilaria Guidantoni