La prima mostra monografica in un’istituzione pubblica dedicata all’artista siciliana, nata a Trapani nel 1924 e morta a Roma nel 2014, non ha la pretesa di essere esaustiva, data la ricca produzione, sebbene intenda presentare una chiave di lettura nuova, ‘contestualizzata’ come si annuncia dal titolo sia in relazione ad altri artisti, a partire da Sanfilippo suo compagno e poi marito dal 1949, in particolare quelli del Gruppo Forma 1 – presenti nell’esposizione – sia rispetto alla sua ricerca ed evoluzione. La retrospettiva – aperta fino al 26 giugno prossimo – fa parte del progetto “I talenti delle donne”, promosso e coordinato dall’Assessorato alla Cultura, che fino ad aprile 2021 proporrà iniziative multidisciplinari – dalle arti visive alle varie forme di spettacolo dal vivo, dalle lettere ai media, dalla moda alle scienze – dedicate alle donne protagoniste nelle arti e nel pensiero creativo.
Curata da Maria Grazia Messina e Anna Maria Montaldo con Giorgia Gastaldon – il catalogo è curato da Electa – la mostra si inserisce con coerenza in una linea di ricerca che distingue il recente operato del Museo: la riproposta e la rilettura di personalità femminili attestate del Novecento italiano, quali Margherita Sarfatti, Giosetta Fioroni e Adriana Bisi Fabbri, o la ri-contestualizzazione storico-artistica di figure finora disattese ma di primaria importanza nella ricerca intermediale della seconda metà del Novecento, come Marinella Pirelli, Amalia del Ponte, Renata, Boero. Il progetto, attraverso 70 opere circa e insieme a fotografie e documenti dell’Archivio Accardi Sanfilippo, riporta infatti al centro dell’indagine espositiva il panorama e il contesto storico, sociale e politico con cui l’artista si è rapportata, rivelandone il vivace orizzonte visivo costellato di confronti linguistici, intrecciati spesso anche con artisti più giovani, restituendo il ritratto di una donna coraggiosa e sperimentatrice che, in un momento in cui le istanze della pittura erano di competenza pressoché maschile, è diventata la prima astrattista italiana riconosciuta internazionalmente. L’allestimento del museo del Novecento ha una grande ariosità e favorisce una fruizione leggera ritmata da 8 sale-sezioni ben distinte, dove il cambio di passo si annuncia immediatamente nella scelta delle opere, prima di leggere il titolo e il pannello esplicativo. Ampia scelta con lavori di pregio. I bianco e nero e le combinazioni di colore viaggiano su un orizzonte grigio, leggero, mentre le didascalie sono in giallo quasi fosforescente, omaggio all’impiego del sicofoil che da un certo punto in avanti diventa determinante. Carla Accardi sa unire una ricerca molto raffinata al calore del colore e delle forme, che non diventano, rispettivamente né chiassosi, né puro gioco. Una ricerca che soprattutto nel colore rende omaggio a Matisse e abbraccia con il foglio di plastica una dimensione spaziale anche nelle tele. L’esposizione rende giustizia a quest’artista della quale si ammira alla fine una grande opera, un trittico monumentale, Pieno giorno, dedicata all’Isola Tiberina che gioca su quattro colori, che è da sola simbolo dell’ultima sessione della mostra. Quattro è il numero dei toni scelto dall’artista per ritmare, differenziando le forme, quindi con due colori diversi, la luce e l’ombra, usando toni chiari e scuri. L’opera è stata presentata per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1988 con altri sette grandi dittici e per la prima volta l’ispirazione dell’opera è dalla realtà. Nelle forme si legge infatti Roma, il fiume, le arcate dei ponti.
All’interno della scansione storica, il percorso, come anticipato, si articola in sezioni tematiche: Un esordio corale entro il costruttivismo di Forma 1; le Strutture degli anni ’50; le riflessioni analitiche sui Colori dei primi anni ’60; le precoci proposte con Plastiche e Installazioni nei secondi anni ’60; la riduzione concettuale dei Trasparenti e Telai degli anni ’70; e infine il ritorno alla pittura, testimoniato dalle grandi tele realizzate a partire dagli anni ’80.
Si parte con Un esordio corale, una sorta di sinfonia d’artisti dove si possono vedere opere di Piero Dorazio, Achille Perilli, Pietro Consagra, Giulio Turcato e Antonio Sanfilippo che testimonia la scelta dell’astrazione del gruppo nell’ambito del quale nel 1953 si attua la svolta della Accardi che avvia la pittura sul bianco e nero, con la sessione Negativi, periodo che riunisce le opere forse più raffinate dell’artista. La terza sala, Strutture, racconta il sodalizio con il critico internazionale Michel Tapiè che raggiunse il culmine con le Integrazioni e i Settori, anticipazioni del ritorno al colore, ottico, vibratile, pienamente rispondente all’estetica e alla sensibilità degli anni ’60 com’è visibile nella sessione Colori. Un grande spazio è riservato alla ricerca di nuovi materiali con la sperimentazione del sicofoil, plastiche e colori fluorescenti e a lavori che si intrecciano con il suo impegno femminista: Plastiche e ambienti. Qui si supera la bidimensionalità pura, perché il foglio trasparente sul quale dipinge le sue code di rondine, lascia visibile la parete retrostante e diventa Tenda ed elemento montato in un’ottica tridimensionale. In questa sessione anche la serie Rotoli e Coni.
Pittura e autocoscienza ci introduce nell’impegno degli anni ’70 quando contribuisce in modo determinante alla nascita del Movimento femminista in Italia con le iniziative del gruppo Rivolta femminile costituito insieme con Carla Lonzi ed Elvira Banotti. Il lavoro dell’artista è orientato ad una dimensione più interiore e analitica. E’ il periodo dei viaggi in Marocco, di una vena sensuale che si apprezza nella sua pittura, e gradualmente l’introduzione di altri toni fluorescenti come l’oro e l’argento. Nel 1977 si distacca dal Movimento femminista. Trasparenti e telai indica un vertice nella sua ricerca pittura, una sorta di spoliazione, in cui l’opera è costituita solo da intrecci e sovrapposizioni di bande di sicofoil che si evidenzia particolarmente con l’effetto-finestra. Ecco poi arrivare la Nostalgia della pittura che torna a lavorare su di sé, liberandosi dalle ‘pastoie’ ideologiche del decennio precedente. La stagione nuova, feconda, si apre nel 1981 con una mostra alla Galleria Peccalo di Livorno, dove espone la serie di gouache già dedicate a Matisse nel 1964. E’ una stagione anche di sintesi di lavori precedenti, ispirazioni, assimilazioni, ad esempio della Transavanguardia. Prima del grande trittico, l’ultima tappa è con le Geometrie analitiche che dagli anni ’90 affiancano al riferimento a Matisse un piano di riflessione appunto più analitica, più astratta e anche i titoli riportano solo il riferimento ai colori binari. L’emotività è ora affidata solo al colore.
dall’alto:
Negativi
Finestra in sicofoil
a cura di Ilaria Guidantoni