Un’associazione che suona come un ossimoro, il ricamo e il senso del mostruoso eppure è questa la scommessa della giovane artista, Camilla Alberti, milanese, classe 1994, che abbiamo incontrato in occasione di un evento nel nuovo spazio condiviso da MLZ Trieste, Michela Rizzo di Venezia, Zanin Z20 di Roma e Marco Frittelli di Firenze. Una private view durante la quale sono stati presentati due generi di lavoro di Camilla, le serie pittoriche concluse e la nuova ricerca che segue la direzione delle sculture ceramiche e dei ricami, accostati a quelli di Maria Lai, alcuni dei quali resteranno visitabili su appuntamento. Abbiamo già citato quest’artista in occasione di una mostra collettiva, Alter Eva (Si veda qui precedente articolo di Bebeez) che si è tenuta a Palazzo Strozzi a Firenze lo scorso ottobre, che metteva in relazione l’arte al corpo, oltrepassandone i confini.
Le prime raccontano l’attrazione dell’artista per la rovina come spazio potenziale e in questo caso, in particolare, tre opere che nascono da foto scattate ad architetture abbandonate alla
periferia di Londra dove il tempo e l’incuria hanno fatto crollare una parte ridisegnando la struttura come una costruzione spettrale, ripensata dalla colonizzazione vegetale. Accanto un’opera di grandi dimensioni, realizzata durante il primo confinamento, rielabora una porzione di palude a partire dal mostro e dalle creature ibride, al centro dell’attenzione dell’Alberti. Per l’artista, come ci ha raccontato, il mostro non è una creatura da sconfiggere, come nella mitologia tradizionale, quanto un protagonista della storia, di quella parte del vissuto che per la sua complessità non è etichettabile e non rientra in categorie specifiche. Il mostruoso è quello che
varca i confini e deborda dalle didascalie ed è diventato il suo simbolo di ricerca artistica. Anche per quanto concerne le sculture, i lavori dell’Alberti, sono il risultato di una collazione di oggetti recuperati, quelli che non avendo più un proprietario, possono appartenere a specie plurali. Altro genere di lavoro la reinvenzione del ricamo 2.0, secondo la definizione dell’artista, attività con cui convive da sempre essendo il Ricamificio Fontana l’azienda di famiglia, in provincia di Varese, dedicato al fungo Cordiseps; un parassita degli insetti che dopo la loro morte ne trasforma il corpo e anche in questo caso dalla rovina nasce un potenziale altro. Una strana
associazione quella del mostro con il ricamo che evoca delicatezza e bellezza nel senso più classico, quasi leziosità, le facciamo notare. In realtà ci dice che il suggerimento di accostare queste due componenti nell’arte è nato in lei dopo una residenza artistica a Trieste nel 2012 nella quale era stata posta in evidenza agli artisti la domanda sull’impiego della tecnologia, segnatamente di Internet, in arte. Per Camilla Lai esiste una forte analogia tra la rete biologica, in particolare tra piante e funghi e quella digitale in termini di interconnessione. A questa consapevolezza si è aggiunta la conoscenza che il linguaggio digitale nasca come embrione dal telaio jaquard. A questo punto il passo verso l’associazione delle tematiche di ricerca alle quali stava lavorando e la tecnica del ricamo industriale è stato naturale. Qual è il senso e il ruolo dell’arte rispetto a questo stato di cose? “Internet e la tecnologia sono ormai imprescindibili ma l’arte ci ricorda che siamo digitali e non virtuali e può riportarci a una connessione forte con il nostro essere parte di una rete biologica. Mentre infatti la rete biologica si radica nel mondo e lo processa quella Internet è una sovrastruttura che crea altri mondi paralleli. La scommessa è impiegare in modo funzionale al reale il virtuale.” Il ricamo industriale in tal senso può essere la metafora di questo processo accostato e in dialogo con il lavoro manuale e ispirato alla tradizione sarda dei ricami della grande artista Maria Lai.
Chi è Camilla Alberti
Artista milanese, classe 1994, dopo un anno di filosofia prima all’Università Cattolica e poi alla Statale, si diploma alla NABA, Nuova Accademia di Belle Arti in arti visive e studi curatoriali. Il punto di partenza dei suoi studi l’architettura per poi dedicarsi pienamente all’attività artistica. Tra le esposizioni più recenti ricordiamo AlterEva, Palazzo Strozzi (2021); Archaeology Museum SchlossEggenberg, Graz (2021); Plymouth Contemporary, Plymouth University (2021); Neuro_Revolution, MLZ Art Dep (2020); Agli scultori giovani, Villa Necchi (2019); Swamp School, Padiglione Lituano, Biennale di Architettura Venezia (2018). Camilla Alberti è tra gli artisti vincitori del bando Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere – Under 35, promosso da MAECI e Ministero della Cultura; inoltre è stata selezionata da Hyundai Europe per la campagna #inspiredbybayon (2021).
a cura di Ilaria Guidantoni