Descrizione prodotto
Dopo tanti testi scritti per il teatro e mai pubblicati, Corrado d’Elia, una delle figure più innovative e complete del panorama teatrale italiano contemporaneo – diplomato alla scuola di arte drammatica Paolo Grassi di Milano e fondatore nel 1995 del progetto Teatri Possibili - decide di iniziare l’avventura editoriale proprio a partire da Moby Dick, uno dei suoi spettacoli di maggior successo e richiamo, portato in scena a partire dal 2017. Io, Moby Dick è un libro, scritto in versi, che è più cose insieme: un testo di teatro, nato per essere rappresentato, letto ad alta voce e raccontato, ma anche un libro che vuole essere spunto di riflessione, di pura lettura in silenzio, di pensiero, di piacere e di meditazione. A dispetto del titolo, non una semplice riduzione del grande capolavoro di Melville quindi, ma un’opera a sé, che marcia a fianco, che dal grande libro prende spunto per rinnovarsi e procedere verso nuovi pensieri e nuove riflessioni. Corrado D’Elia non è nuovo a forme sostanzialmente di monologo nel quale un personaggio storico e/o letterario, talvolta l’una e l’altra cosa come nel caso del Caligola di Albert Camus, rivive reincarnato e attualizzato nell’interpretazione dell’artista, non una semplice rappresentazione. In questo caso l’opportunità è quella di avvicinarsi a un grande classico, oggi un po’ complesso per il pubblico anche a causa della sua mole; un libro d’avventura un po’ oscuro, ma solo all’apparenza In realtà è molto di più. Incarna la lotta del male, o forse tra due mali, metafora della vita e anche del teatro. La scrittura agile ed importante ad un tempo, sottolinea l’importanza della parola in un mondo asservito all’immagine e ricorda che il teatro quale rappresentazione della vita, che agisce la vita nel momento stesso in cui se ne fa interprete, è parola oltre che gesto, o forse è semplicemente parola nel senso più alto e pieno, è verbo, azione partecipata. Il racconto vede fronteggiarsi il capitano Achab, che conduce una battaglia fino allo stremo, una vendetta contro il mostro che gli ha tolto una gamba, che non è un bruto ma l’incarnazione di un uomo, dell’uomo con le sue domande, la sfida a Dio, la ricerca del perché che, dietro le proprie intemperanze cerca un senso alla vita. La balena o meglio il capodoglio, Moby Dick, bianco come il colore della paura e della morte in questo caso, è la preda perché assassina, suo malgrado. Due nature incompatibili o forse intimamente legate, che traggono senso una dall’altra, si trovano intrecciate in un duello mortale che condurrà non a una reale vittoria. La vicenda che ci porta a riflettere sul sacro della vita, al di là dell’avventura – perché l’avventura autentica è quella che muove la mente e il cuore, non quella che fa compiere miglia e miglia in giro per il mondo – su chi sia l’eroe e quale il suo destino, da Giobbe a Ulisse a Faust e quanto la sfida e non la ricerca del sacro possa essere una condanna. Come ha scritto nell’introduzione Alessandro Rivali, “Moby Dick è la scrittura di un sogno, ma anche un segno di speranza, come sempre lo è la scrittura. Leggere Io, Moby Dick è un’occasione per un viaggio in noi stessi. Per chiederci cosa sia veramente decisivo nella nostra vita”. E sullo stesso tono sono le parole dell’autore Corrado D’Elia, capitano del teatro: “Ogni volta che ci avviciniamo a Moby Dick, abbiamo l’impressione di trovarci di fronte a qualcosa di più grande di noi, di importante e di inafferrabile. Questo libro ha l’ambizione di prenderci per mano e di condurci sulle strade, o forse meglio dire per i grandi mari, alla ricerca della balena bianca. Un viaggio che è metafora della nostra stessa vita”.
a cura di Ilaria Guidantoni
