La priorità è crescere all’estero per linee esterne. Ma senza perdere di vista il carattere di impresa italiana e familiare. Così Abiogen Pharma, al compimento dei 25 anni, ha comprato la tedesca Altamedics GmbH di Colonia, che diventerà così la prima filiale del gruppo all’estero (si veda qui il comunicato stampa).
In particolare, la società diventerà la prima filiale Abiogen Pharma in Europa, portando così a compimento quel piano di espansione che il gruppo ha avviato sette anni fa. “Abbiamo scelto di innovare e di guardare al resto del mondo”, ha detto Prisca Di Martino, a capo della business unit dedicata allo sviluppo internazionale e figlia di Massimo Di Martino, presidente e ad di Abiogen.
La società acquisita, nata nel 2009, opera in qualità di distributore farmaceutico su diversi mercati internazionali, appoggiandosi a siti di produzione conto terzi e al suo magazzino di stoccaggio e centro logistico di Neunkirchen.
Altamedics GmbH cura in particolare la distribuzione di prodotti ospedalieri e prodotti selezionati di nicchia. Il deal ha un valore di circa 8 milioni di euro, l’azienda tedesca oggi esprime 3 milioni di fatturato con 6 dipendenti.
Abiogen Pharma è l’industria farmaceutica di Pisa della famiglia Di Martino vicina ai 200 milioni di fatturato, con 83,4 milioni di ebitda e debiti finanziari netti per 637,8 milioni. È specializzata in ricerca, produzione e commercializzazione, propria e per conto terzi. Dal suo stabilimento (120 mila metri quadrati vicino a Pisa, in cui lavorano 440 persone) escono 75 milioni di pezzi in un anno, con l’obiettivo di commercializzare farmaci di eccellenza, accessibili a tutti. L’azienda toscana, che produce farmaci propri e per aziende terze e commercializza farmaci propri e in licenza, ha dedicato l’attività di ricerca e sviluppo alle aree del metabolismo osseo, del trattamento del dolore e delle malattie respiratorie, metaboliche e dermatologiche.
La società Abiogen è controllata per il 99,94% dalla holding di Massimo di Martino, MDM Holding spa, mentre lui direttamente ha lo 0,06% (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).
MDM Holding è stata costituita il 4 giugno 1997: la sua funzione è stata inizialmente di semplice capogruppo, e soltanto dal 2004 ha iniziato a svolgere una attività di coordinamento strategico. Lo spin off della Divisione R&D di Abiogen Pharma, avvenuto nel luglio del 2011, è una stata una fase di questo progetto, dove le aziende controllate sono completamente indipendenti fra loro, hanno strutture organizzative molto diverse finalizzate a competere nel modo migliore nei diversi business e nelle aree di mercato in cui sono specializzate. Le aziende controllate dalla holding sono, oltre a Abiogen Pharma, Galileo Research srl e Gensan srl.
Negli anni ha maturato una vocazione internazionale che oggi trova riscontro anche nei numeri. I ricavi derivanti dalle attività estere, infatti, sono cresciuti di circa il 49% nel 2021, consolidando di fatto le già positive performance del 2020 (+30%) e 2019 (+28%). Per questo motivo, l’azienda ha deciso, nel frattempo, di strutturare l’unità di business internazionale, con il team dedicato che “è già passato da due a sei persone”, ha detto Di Martino. “Guardiamo in generale a Centro e Sud America, all’Asia ma soprattutto all’Europa e il primo obiettivo sarà proprio definire una strategia di espansione efficace e coerente”, ha proseguito la manager. “Abiogen oggi registra solo il 10% del suo fatturato all’estero e in maniera diretta siamo presenti solo in Italia”. Il business plan prevede che nel corso del prossimo anno la presenza diretta si espanda ad altri paesi, sfruttando non solo i prodotti di proprietà attualmente disponibili, ma anche altri in fase di sviluppo, sempre dedicati all’area scheletrica. L’obiettivo è dare vita a legal entity nuove, ma non si esclude l’ipotesi di acquisire aziende già presenti. In ogni caso Abiogen punta a incrementare il fatturato e allo stesso tempo a portare l’incidenza dei ricavi internazionali al 30% circa del totale.
La nuova divisione internazionale punta nei prossimi quattro anni a quadruplicare il fatturato, nel 2021 fermo a 24 milioni. E prevede di passare dai contratti di licensing out all’apertura di filiali Abiogen Pharma, oltre che in Germania come appena successo, anche in Spagna e Francia entro la fine del 2024. In programma l’allargamento del portafoglio prodotti, la valutazione dell’acquisizione di altre aziende o rami di aziende e lo sbarco in nuovi mercati, come Brasile e Argentina.
“Finora l’internazionalizzazione di Abiogen si era limitata a contratti di licensing out, cioè accordi per la distribuzione dei prodotti tramite partner locali. Ma tra il 2015 e il 2020, con un solo prodotto siamo passati da 0 a 20 milioni di fatturato all’estero e ci siamo resi conto che il potenziale di crescita era molto grande, Così abbiamo scelto di cambiare approccio e creare una divisione internazionale”, ha aggiunto Di Martino. Ha concluso: “Oggi siamo presenti in una quarantina di mercati e l’espansione internazionale non serve solo ad aumentare le entrate, ma è necessaria anche per ridurre i rischi legati alla dipendenza da un solo paese. Il nostro obiettivo è rendere Abiogen un’azienda internazionale, senza perdere di vista il nostro carattere di impresa italiana e familiare”.
Quanto alle altre due società della holding, Gensan, è nata nel 1995 dalla fusione tra l’Istituto Gentili e la francese Sanofi. Opera, da un lato, come braccio operativo di Abiogen, grazie a una rete di agenti incaricati di venderne i prodotti nelle farmacie italiane, dall’altro come azienda specializzata nella commercializzazione di integratori per lo sport. A guidarla è il figlio Edoardo Di Martino, entrato in azienda nel 2017, subito dopo la laurea in marketing. Nei suoi primi due anni da amministratore delegato ha avviato la digitalizzazione dell’azienda e un’operazione di rebranding compiuta nel 2019.
Galileo Research invece è lo spin-off di quella che un tempo era la divisione ricerca e sviluppo di Abiogen. Una società figlia, come ricorda Massimo Di Martino, del periodo più buio della storia del gruppo. “Nel 2008 consultammo una squadra di esperti che valutarono tutti i nostri progetti di r&s: ne salvarono uno solo. Avevamo investito milioni in iniziative che non erano più di interesse per i nostri partner. Fummo costretti a ripensare la nostra organizzazione. Fu un passaggio così doloroso che sul mio computer c’è ancora una relazione che scrissi in quel periodo e che si intitola: Fare ricerca in Italia? No grazie, sto cercando di smettere. La ristrutturazione, però, è stata una delle chiavi per la crescita degli anni successivi. Dal 2009 a oggi, il fatturato è triplicato”.
Il progetto sopravvissuto al 2008 è quello di una piattaforma tecnologica basata sulla terapia cellulare, per la quale potrebbe cominciare a breve la fase clinica. L’azienda ha deciso di svilupparlo per il carcinoma ovarico, una malattia orfana, ossia una patologia per la quale non esiste ancora un trattamento specifico. “Questa tecnologia ha avuto uno sviluppo molto lungo e travagliato. È perciò un ottimo esempio di come l’attività di ricerca mal si inserisca in un’organizzazione che si occupa di sviluppo, produzione e commercializzazione. È qualcosa che non può essere programmato: si sa da dove si parte, ma ogni progetto può avere tempi ed esiti diversi da tutti gli altri. Ciascuno richiede, in media, 10-12 anni. Ecco perché lo spin-off, con la costituzione di Galileo, ha rappresentato la scelta migliore”, ha concluso.