Fino al 17 settembre prossimo a Villa Bertelli a Forte dei Marmi una personale dedicata all’artista Mimmo Rotella, promossa dalla Galleria Oblong Contemporary Art della cittadina versiliese con una sede a Dubai e dalla Fondazione Mimmo Rotella, a cura di Edoardo Falcioni. Mimmo Rotella: Genio poliedrico un’esposizione con il patrocinio della Regione Toscana e della Provincia di Lucca, promossa dal Comune di Forte dei Marmi e sponsorizzata da Hublot, Bartorelli Gioiellerie e Ciaccio Arte – Broker Insurance Group, vuole raccontare con un viaggio in cinque sale e cinque tecniche artistiche il fil rouge dell’arte di questo artista della Pop Art, dal 1952, anno del primo strappo al 2006 l’anno della morte, attraverso 46 opere.
Cicerone del nostro viaggio nel mondo di Mimmo Rotella Alessio Musella, critico d’arte, appassionato e conoscitore della Pop Art, collaboratore della Galleria Oblong che si ha raccontato l’artista noto soprattutto per i suoi ‘strappi’ legati ai manifesti cinematografici degli Anni Sessanta che hanno raccontato l’Italia de La Dolce Vita e del Neorealismo, sezione con la quale si conclude la mostra, rappresentata in particolare dall’icona di Marilyn Monroe, donna amata da Rotella la cui opera Mirabilia è il manifesto della mostra stessa. L’artista calabrese rientra in Italia dagli Stati Uniti nel 1952 dove si era recato per una borsa di studio e dove tra gli altri era entrato in contatto con Andy Warhol, divenuto amico di Pollock, Rauschenberg e Twombly, grazie ad una borsa di studio ricevuta un anno prima. Si rende conto che tutto era già stato sperimentato chiedendosi cosa avrebbe potuto fare. Appassionato di cinema, una volta in Italia, strappa i manifesti di nascosto e nasce così poco a poco una rivoluzione: il décollage che a Parigi era stato già sperimentato senza però quella precisione, programmaticità e consapevolezza oltre che compulsione con cui si cimenta l’artista. Sembra infatti estemporaneo il suo intervento sebbene, in realtà, sia assolutamente meticoloso con un’attenzione alla sperimentazione di materiali e tecniche, dalla latta alla tela, solo per fare un esempio. Dotato di una cultura accademica si avvicina alla novità e alla sperimentazione senza dimenticare la lezione della scuola, cercando il piacere estetico della composizione e non l’ammiccamento, la moda e il marketing come altri autori della Pop Art. ll suo cammino intrapreso con i Décollage è quello di portare l’arte della strada nelle gallerie, diversamente dalla Street art che aveva potuto vedere negli Stati Uniti. Ne nasce il racconto di una città, una complessità da sfogliare con le sue testimonianze. Ora la città come il cinema sono l’affresco di un momento storico, soprattutto negli anni della grande espansione di Cinecittà, della corrente del Neorealismo. Troppo spesso il lavoro di Rotella è assimilato al colore, alla pubblicità: in realtà ad un certo punto irrompe la tridimensionalità equiparabile al taglio di Fontana: sono i Retro degli affiches. L’arte di Mimmo Rotella non ha una connotazione politica anche se la politica espressa come fotografia del mondo esterno è ben presente. Attraverso il fascino della magia del cinema che racconta la vita e la pubblicità che ai tempi era un vero sottoprodotto del cinema, si svela l’anima di una società Nella sezione Artypos le opere con le quali Rotella appare vicino a Warhol e un gioco con la pubblicità invitando a riguardare le réclame e a rileggerle. Siamo già in una fase in cui non usa più il pennello e viene per questo criticato anche se ha una cultura accademica classica. L’artypo rappresenta un’innovazione di linguaggio che andrà a costituire “il massimo raggio di esplorazione di tutta l’opera di Rotella”.
Le prime opere realizzate con questa innovativa tecnica, nacquero dall’intuizione di utilizzare gli scarti della tipografia nelle arti visive, e vennero esposti per la prima volta al pubblico nella retrospettiva al Teatro La Fenice di Venezia nel 1966. Oltre a sancire il definitivo superamento della pittura e l’avvento di un nuovo tipo di arte “meccanica”, distinta dalle tecniche serigrafiche in auge negli Stati Uniti, questi lavori permettono a Rotella di soffermarsi, come già accaduto con i décollages più figurativi, sul mondo della pubblicità commerciale, qui decomposto per essere successivamente rielaborato e privato del suo significato originale, e per assumere così un nuovo valore estetico. Negli anni poi reinserirà l’impiego del pennello coprendo le figure per costringere a guardare oltre. Un’ultima annotazione concerne le quotazioni delle sue opere che comprendono un ventaglio molto ampio. Queste oscillazioni così evidenti sono forse da ascrivere al fatto che non abbia mai realizzato delle serie. Nel caso di questo artista il prezzo è dettato soprattutto dalla domanda del mercato che chiede in particolare la riconoscibilità, quindi i manifesti del cinema e la tecnica dello strappo, presentati nell’ultima sezione, le nuove icone. Chiudono la mostra i Décollages recenti: le muse ispiratrici di Rotella. Queste ultime sono opere che dimostrano e mettono in risalto la fenomenologia culturale rotelliana con i suoi perenni rimandi al cinema e allo spettacolo in generale. La maggior parte delle opere proviene dalla Fondazione dedicata all’artista e una parte da privati.
Chi è Mimmo RotellaRotella è stato in grado, sin dagli esordi negli anni Quaranta, di appropriarsi di decennio in decennio di nuovi medium e innovazioni tecnico-stilistiche con cui ha progredito in una crociata artistica del tutto slegata dalla prigionia di una definizione o etichetta. Questo nonostante, intorno al 1960/1961, abbia aderito al Nouveau Réalisme, divenendo così l’unico italiano a far parte del movimento. Nato a Catanzaro nell’ottobre 1918, dopo la formazione artistica a Napoli, nel 1946 si sposta a Roma, dove lavora come disegnatore presso il Ministero delle Telecomunicazioni e nel 1951 espone le prime opere astratte presso la Galleria Chiurazzi. Dal settembre 1951 si reca negli Stati Uniti grazie a una borsa di studio che gli permette di tenere delle lezioni presso la Kansas City University e registrare alcuni poemi fonetici per la Library of Congress di Washington. Nel marzo 1952 inaugura la prima personale alla Rockhill Nelson Gallery di Kansas City.
Rientrato a Roma nell’estate del 1952, compie una svolta linguistica realizzando i primi décollage mostrati a Emilio Villa nel 1954, manifesti prelevati in strada e rielaborati a casa, superando così la tradizionale pittura da cavalletto. Nel 1964, ormai protagonista del Nouveau Réalisme, è invitato alla Biennale di Venezia, mentre l’anno successivo a Parigi inizia a lavorare con la nuova tecnica dell’artypo. Nel 1972 scrive la sua autobiografia, Autorotella. Negli anni Ottanta e Novanta riceve molti riconoscimenti, esponendo in tutto il mondo e sperimentando nuove tecniche. Nel Duemila istituisce la Fondazione a suo nome con sede a Catanzaro e archivio a Milano, alla quale si aggiunge nel 2005 la sua casa natale. L’attività prosegue incessante fino alla morte.
a cura di Ilaria Guidantoni