Nonostante l’aumento del costo dei finanziamenti, passato in media dal 3,1% al 4% e poi al 5% dal primo al secondo semestre 2022 e al primo semestre 2023, il ricorso delle aziende al credito di filiera o, per addetti ai lavori, supply chain finance (SCF), è cresciuto in maniera significativa: fatto 100 il volume del primo semestre dello scorso anno, già nel secondo semestre si era registrata una crescita del 49% per arrivare a un +55% a fine primo semestre di quest’anno. Il tutto a opera soprattutto di piccole e medie imprese (88% degli utilizzatori) e soprattutto di imprese che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario (oltre il 71% degli utilizzatori), che identificano quindi nella SCF uno strumento essenziale per autofinanziare il capitale circolante. Emerge dal primo report sui numeri della supply chain finance pubblicato da FinDynamic (si veda qui il report).
Dal report emerge che i giorni medi di anticipo del pagamento delle fatture sono stati 48 nel primo semestre 2023, lo stesso numero che un anno prima, ma che esiste anche un 13% del campione che riguarda operazioni con oltre 90 giorni di anticipo. In media sono il settore edile e costruzioni e quello dei servizi alle imprese che lavorano con il maggior numero di giorni di anticipo, rispettivamente 59 e 58. Peraltro sono anche gli stessi settori in cui è aumentato in maniera importante il ricorso alla SCF dal primo semestre 2023 al primo semestre 2022: +163% quello edile e costruzioni e +106% quello dei servizi alle imprese, seguiti dal settore trasporti e magazzino (+88%).
Metà degli utilizzatori di programmi SCF usa gli strumenti di anticipo in maniera ricorrente, cioé con una frequenza di utilizzo di oltre 4 mesi e che proprio gli utilizzatori ricorrenti sono per la maggior parte pmi e sono anche quelli che sperimentano maggiori difficoltà ad accedere al credito. Per contro, gli utilizzatori occasionali sono aziende che ricorrono alla SCF per opportunità, come il window dressing di bilancio.
Quello di FinDynamic è peraltro un osservatorio privilegiato, visto che negli ultimi due anni la scaleup fintech fondata da Enrico Viganò, e partecipata al 10% da Unicredit dal 2019 (si veda altro articolo di BeBeez), si è imposta come la piattaforma fintech più attiva in Italia. Nata inizialmente per offrire un servizio di dynamic discounting, una soluzione tecnologica che consente il pagamento anticipato della fattura, a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo, oggi la piattaforma copre sostanzialmente tutta la gamma della supply chain finance, e quindi anche receivables financing (il classico factoring, cioé cessione di crediti commerciali), reverse factoring (un accordo tra un’azienda medio-grande capo-filiera e i suoi fornitori per permettere a questi ultimi , in genere pmi, di cedere le loro fatture sfruttando il migliore merito creditizio del cliente capo-filiera) e confirming (soluzione in cui il debitore rilascia all’operatore finanziario un’autorizzazione al pagamento anticipato dei fornitori, a fronte di una commissione pagata alla banca per il servizio, ma contestualmente a fronte di uno sconto commerciale praticato dal fornitore sempre per il pagamento anticipato).
Nei primi 6 mesi dell’anno, come emerge dal database di BeBeez, FinDynamic ha intermediato fatture per un totale di 905 milioni di euro, dopo gli 1,72 miliardi di tutto il 2022, quando aveva registrato un vero e proprio balzo dimensionale rispetto ai 720 milioni intermediati nel 2021, così a oggi il totale dell’intermediato ha superato addirittura i 3,6 miliardi.
Il campione utilizzato per l’analisi del primo report SCF di FinDynamics non rappresenta comunque la totalità delle operazioni avvenute nei sistemi della scaleup, bensì un campione di 30 mila operazioni di dynamic discounting, confirming e reverse factoring avvenute nel primo semestre dell’anno sulla piattaforma FinDynamic, scelte tra le operazioni ritenute maggiormente rappresentative del mercato, con la finalità di comprendere in particolare chi sono gli utilizzatori attuali e potenziali di questi strumenti e perché se ne servono.
Il mercato potenziale del credito di filiera ha un valore enorme, che per il 2022 l’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano ha stimato oscilli tra 525 e i 585 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Ma appunto si parla di mercato potenziale, perché ancora la gran parte di questi soldi risulta intrappolato nelle filiere, nel senso che resta bloccato in attesa che scadano i tempi per i pagamenti delle varie fatture, mentre si tratta di denaro che, se rimesso in circolo subito, potrebbe andare a finanziare immediatamente nuovi investimenti e nuovi ordini.
“A causa di una forza inflattiva persistente e un rallentamento generale della crescita, le aziende italiane, dopo anni di politiche di sostegno post-Covid, hanno nuovamente affrontato il rischio di fallimento, generando instabilità lungo le filiere produttive. In questo contesto, i prodotti di Supply Chain Finance assumono un ruolo sempre più cruciale nel sostegno delle catene di fornitura, permettendo a piccole
e medie imprese di ottenere liquidità e ridurre i tempi medi di incasso agevolmente”, ha spiegato Enrico Viganò.
E ha aggiunto Federico Caniato , Professore e Direttore dell’Osservatorio di Supply Chain Finance del Politecnico di Milano: ” Il confronto tra il primo semestre 2023 e il corrispondente del 2022 mostra un aumento di volumi, a conferma del crescente bisogno di liquidità delle piccole imprese nonostante l’aumento dei tassi di interesse medi. Questi devono essere confrontati con i tassi richiesti dal sistema bancario, che per le imprese più rischiose sono particolarmente elevati, quindi in realtà i tassi delle soluzioni di SCF risultano comunque convenienti”.
In tutto questo le imprese più grandi possono però giocare un ruolo importante sul mercato della SCF nel loro ruolo di capofiliera. E ben lo spiega Andrea Savani, responsabile working capital management di Poste Italiane, che ha implementato la soluzione di dynamic discounting offerta FinDynamic in tutte le società del gruppo. “E’ compito dei grandi capo-filiera aiutare i propri fornitori a rimanere stabili di fronte alle difficoltà, così da assicurare una supply chain solida e rapporti di partnership di lungo termine”, ha detto Savani, spiegando che “nei primi sei mesi dal lancio del progetto di Supply Chain Finance, il programma di Dynamic Discounting ha visto una crescita esponenziale dei fornitori coinvolti, nonché un evidente miglioramento del processo di gestione degli anticipi, mediante un sostanziale azzeramento dei tempi di gestione delle pratiche”.
Tutto questo, però, per funzionare in maniera efficiente presuppone una tecnologia adeguata. Giovanni Salvi, business intelligence manager di FinDynamic, ha infatti sottolineato: “Informazioni su partite commerciali, anticipi, condizioni di pagamento, fornitori e clienti fluiscono da e verso le piattaforme SCF e vengono rese visibili agli utenti attraverso un’interfaccia grafica allo scopo di ridurre l’operatività per gli attori coinvolti. Il vero valore che però tali dati generano, emerge quando vengono integrati con dati finanziari, punteggi ESG, dati macroeconomici, feedback di prodotto, news e informazioni da social/blog, e vengono analizzati attraverso l’uso di modelli di Machine Learning e Artificial Intelligence. A questo si aggiunge una strategia che valorizza le informazion in modo strategico”.