Il gruppo Giorgio Armani spa, che fa capo al 99,9% all’omonimo stilista piacentino, prevede la quotazione delle azioni della società su un mercato regolamentato decorso il quinto anno successivo all’entrata in vigore dello Statuto a efficacia differita, approvato nell’assemblea straordinaria del 2016 e integrato lo scorso 26 settembre con l’introduzione delle azioni senza diritto di voto. Statuto che entrerà in vigore quando si aprirà la successione del “re” della moda italiana, classe 1934. Lo scrive Il Corriere della Sera, precisando che le informazioni arrivano da un documento riservato, secondo cui il futuro assetto del gruppo sarà all’insegna della stabilità e darà “priorità allo sviluppo continuo a livello globale del nome ‘Armani’”, alla “ricerca di uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato”.
Ricordiamo che due anni e mezzo fa si diceva che Armani fosse in cerca di un socio (si veda altro articolo di BeBeez). Tra i potenziali interessati al marchio si facevano i nomi di Remo Ruffini, patron di Moncler, che nel dicembre del 2020 ha acquistato il marchio di abbigliamento casual da uomo Stone Island (si veda altro articolo di BeBeez), ed Exor, che ha rilevato il 24% del marchio di scarpe Christian Laboutin (si veda altro articolo di BeBeez) e investito a fine 2020 insieme con Hermès 80 milioni di euro in Shang Xia, marchio cinese del lusso. Ricordiamo infine che il nipote Andrea Camerana, sposato con la cantante dance Alessia Aquilani, nota col nome d’arte Alexia, condivide con l’amministratore delegato di Exor e presidente di Stellantis John Elkann il trisnonno Giovanni Agnelli, tra i fondatori della Fiat.
Il progetto della ricerca del socio però è evidentemente rientrato e Armani, che non ha eredi diretti, resterà a capo del suo impero sino alla fine e cederà successivamente il testimone ai nipoti Silvana e Roberta, figlie del fratello Sergio scomparso anni fa e al figlio della sorella Rosanna, Andrea Camerana, secondo regole di governance della holding e “principi fondanti” ben precisi. Quali? “Adeguato livello di investimenti per lo sviluppo dei marchi”, “gestione finanziaria equilibrata”, “moderato ricorso all’indebitamento”, “reinvestimento degli utili nella società Giorgio Armani”, “diversificazione e segmentazione dei diversi marchi aziendali, mantenendo coerenza nell’attività stilistica, di immagine, di prodotto e di comunicazione”, “attenzione a innovazione, eccellenza, qualità e ricercatezza del prodotto”, “cauto approccio ad acquisizioni” e solo per “sviluppare competenze non esistenti internamente”.
I principi fondanti sono gli stessi di quelli della Fondazione Giorgio Armani, che detiene lo 0,1% del capitale sociale della holding, fondata sette anni fa dallo stilista con un valore nominale di 10 milioni di euro e versando contestualmente anche 200 mila euro. Nel consiglio dell’ente morale siedono, oltre a Giorgio Armani, Pantaleo Dell’Orco, manager da sempre vicino allo stilista, e il banker di Rothschild, Irving Bellotti.
All’epoca della costituzione della Fondazione, che ha l’obiettivo di “realizzare progetti di utilità pubblica e sociale”, era stato lo stesso Armani a spiegare la sua scelta in una nota, riportata da Pambianco: “La Fondazione assicurerà nel tempo che gli assetti di governo di Armani si mantengano stabili, rispettosi e coerenti con alcuni principi che mi stanno particolarmente a cuore e che da sempre ispirano la mia attività di designer e imprenditore. Questi principi fondanti sono basati su: autonomia e indipendenza, un approccio etico alla gestione con integrità e correttezza, un’attenzione all’innovazione e all’eccellenza, priorità assoluta allo sviluppo continuo del marchio Armani sostenuto da adeguati investimenti, una gestione finanziaria prudente ed equilibrata, un limitato ricorso all’indebitamento e un cauto approccio alle acquisizioni. Con questa scelta all’insegna della continuità, garantita dalla Fondazione e dai miei eredi voglio innanzitutto rassicurare tutte le persone del gruppo Armani che lavorano con lealtà e passione, confidando sempre nella mia persona e al contempo tutti coloro che hanno contribuito al pluriennale successo dell’azienda e per i quali avrò sempre una sincera gratitudine”.
Gli eredi siedono tutti nel consiglio di amministrazione della holding, assieme a Dell’Orco e all’imprenditore Federico Marchetti, fondatore di Yoox. “I miei aventi diritto continueranno a far parte del consiglio di amministrazione e saranno proprietari di quote della società che ho destinato loro attraverso un testamento. Una parte della Giorgio Armani passerà direttamente alla Fondazione. Sono poi previsti meccanismi per i quali i miei eredi potranno eventualmente liquidare la propria quota cedendola alla stessa Fondazione”, ha spiegato lo stilista sempre all’epoca della costituzione della Fondazione, che sarà pertanto “l’ago della bilancia” del gruppo che verrà.
Lo statuto per il “dopo Giorgio” prevede sei categorie di azioni, dalla A alla F, tutte uguali sotto il profilo della distribuzione del dividendo, tenendo presente che solo “il 50% degli utili netti verrà ripartito”, oltre alle due senza diritto di voto introdotte a settembre, che consentiranno l’apertura del capitale per puro investimento, senza quindi alcun potere decisionale, il cui valore non può essere superiore alla metà del capitale sociale. I soci A avranno il 30% del capitale, quelli F il 10%, tutti gli altri il 15% a testa. Ma ogni azione A darà diritto a 1,33 voti e ogni F a 3 voti. Dunque A e F con il 40% del capitale avranno oltre il 53% dei voti nelle assemblee. Inoltre i soci A hanno diritto di nominare tre consiglieri, tra cui sarà scelto il presidente, e gli F due consiglieri, tra cui verrà tratto l’amministratore delegato, su un board fissato a otto membri. È probabile che in queste due categorie di azioni si collocherà la Fondazione Giorgio Armani. Tanto più che i consiglieri A e F hanno poteri determinanti in consiglio nelle decisioni strategiche. Per fusioni, scissioni, modifiche dello statuto, aumenti di capitale occorre infatti il 75% dei voti in assemblea straordinaria. Basta invece la maggioranza assoluta dei presenti nel consiglio di amministrazione per l’approvazione del bilancio e “almeno il 51%” per le retribuzioni, altrimenti “agli amministratori non viene attribuito alcun compenso”, anche se possono essere retribuiti “sotto forma di partecipazione agli utili” o di stock option. Per le scelte dei responsabili Stile Uomo e Stile Donna la procedura coinvolge tutte le categorie, ma gli azionisti A e F hanno un potere di veto.
Il 2022 si è chiuso con 2,35 miliardi di euro di fatturato e 162 milioni di utile netto per il gruppo che impiega 8.700 persone, in aumento del 16,5% rispetto al 2021. Il reddito operativo l’anno scorso è stato pari a 202,5 milioni, in crescita del 30% rispetto al 2021, l’utile netto ante imposte si è attestato a 218 milioni, in aumento del 16,4% rispetto al 2021. Il gruppo nel 2021 ha registrato ricavi per poco più di 2 miliardi di euro, in crescita del 26,3% rispetto al 2020, un ebitda di quasi 439 milioni, in aumento del 21,7% rispetto all’esercizio precedente, con una liquidità netta di oltre 1,12 miliardi (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).
Il primo trimestre di quest’anno ha visto ricavi netti in aumento del 18%, “confermando sostanzialmente la crescita in equilibrio tra i vari canali e l’incremento della redditività gestionale”, seppur con qualche variazione in termini geografici con l’Europa in tenuta e gli Stati Uniti dove è “prevedibile un rallentamento” delle vendite.
La società ha semplificato i marchi nel 2017, focalizzando l’attenzione su Giorgio Armani, Emporio Armani e A|X Armani Exchange. Questi ultimi due hanno rispettivamente assorbito le linee Armani Collezioni e Armani Jeans.