“I fondi italiani non hanno abbastanza capitali e il mercato del venture capital è sottosviluppato rispetto al resto d’Europa e non solo. Mai come ora occorre fare interventi di crowding-in, unire le forze e abbinare finanziamenti pubblici e privati. Il private capital è una leva importante per lo sviluppo economico e la competitività del paese e anche per il tessuto imprenditoriale con la creazione di nuove aziende, l’innovazione di quelle esistenti e lo stimolo a sviluppare nuove competenze”. A ribadirlo è Dario Scannapieco, amministratore delegato e direttore generale di CDP, durante un incontro nella sede di Borsa Italiana dal titolo Eyes on a sustainable future, dove si sono incontrati i principali istituti nazionali di promozione UE a parlare della transizione verso una finanza sostenibile. Sottolinea il ceo: “Stiamo assistendo a un gran numero di aziende innovative che vanno dall’altra parte dell’oceano. Noi siamo disponibili a un’unione del mercato dei capitali e a un’unione del mercato per le startup innovative. Innanzitutto ci vorrebbero maggiore rapidità di esecuzioni e riduzione della burocrazia. Con Paolo Gentiloni (commissario europeo per gli affari economici e monetari nella Commissione von der Leyen, ndr) discutiamo molto di queste cose. Dobbiamo fare in modo di garantire un più rapido di accesso ai fondi, l’eccesso di burocrazia delle direttive europee sta diventando un grande freno”.
Intanto nel 2022 CDP ha realizzato impieghi sostenibili per 20 miliardi circa fatti da finanziamenti, investimenti e sostegno a politiche ESG. “Stiamo parlando di circa il 70% dei nostri investimenti totali. E sul 2023 le percentuale non si discosterà di molto”, racconta a BeBeez Scannapieco. Un esempio virtuoso in materia? “Il nostro investimento in Energy Dome, startup italiana che ha brevettato una nuova batteria di elevata efficienza e durata, basata sul ciclo termodinamico e sull’utilizzo dell’anidride carbonica, in grado di ottimizzare lo stoccaggio e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili su cui CDP ha investito insieme ad altri investitori di primo piano (si veda altro articolo di BeBeez, ndr)”, precisa il ceo.
Ricordiamo infatti che a maggio 2023 la start up energy-tech sarda ha chiuso un round di Serie B da ben 40 milioni di euro guidato da ENI Next, la società di corporate venture capital di ENI, e da Neva sgr. Al round hanno partecipato anche gli attuali investitori di Energy Dome, tra i quali il Sustainable Impact Capital di Barclays; CDP Venture Capital sgr, attraverso il suo fondo Evoluzione; il multi-family office svizzero Novum Capital Partners; e 360 Capital. Al round hanno partecipato anche i nuovi investitori Japan Energy Fund, un fondo di venture capital specializzato in tecnologie per la transizione sostenibile che rappresenta entità come Biprogy, Enechange, Mitsui Sumitomo Trust Bank e Toshiba Energy System; ed Elemental Excelerator, un investitore non a scopo di lucro statunitense focalizzato a favorire la crescita di tecnologie CleanTech. Inoltre a luglio scorso la startup ha espanso il round con una nuova tranche da 15 milioni che ha portato nel capitale nuovi, interessanti, investitori, tra cui l’Innovation Development Oman Investments, la divisione venture capital dell’Oman Investment Authority, il fondo sovrano del Sultanato dell’Oman; Vopak Ventures, la divisione corporate venture capital della società leader a livello mondiale nello stoccaggio in serbatoi, Royal Vopak; e Investitori rappresentati da Sagana, una società di consulenza su investimenti d’impatto incentrati sul benessere umano e planetario (si veda altro articolo di BeBeez). Alla seconda tranche del round hanno partecipato anche investitori esistenti e in particolare CDP Venture Capital ha inaugurato l’operatività del nuovo Green Transition Fund, da 250 milioni di euro, che utilizza risorse stanziate dall’UE tramite l’iniziativa NextGeneration EU con l’obiettivo di stimolare la crescita di un ecosistema di innovazione nei settori della transizione verde. Non solo. Lo scorso 1° dicembre, in occasione della COP28, Energy Dome ha annunciato un’ulteriore raccolta da 60 milioni di euro complessivi per finanziare il suo primo sistema innovativo di accumulo di energia termomeccanico a base di CO2, che sarà situato in Sardegna. Il finanziamento avverrà sotto forma di un impegno di sovvenzione per il progetto fino a 35 milioni di euro da parte di Breakthrough Energy Catalyst e di un impegno di finanziamento di venture debt di 25 milioni di euro da parte della Banca Europea per gli investimenti, entrambi soggetti al soddisfacimento delle condizioni di finanziamento. I fondi sono messi a disposizione dalla partnership UE-Breakthrough Energy Catalyst (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando alla tavola rotonda sulla finanza sostenibile, gli Istituti di Promozione hanno fatto sapere di volersi adoperare per creare una rete comune a livello europeo che possa contribuire a potenziare gli investimenti sostenibili in un contesto in rapida evoluzione, con una costante necessità di risorse e nuove soluzioni. Un progetto che punta a migliorare il coordinamento tra gli attori in gioco per fare leva sui punti di forza di ognuno di loro e promuovere un approccio comune alle tematiche ESG anche attraverso un allineamento degli standard europei in ambito di sostenibilità. A livello complessivo le oltre 30 NPBI europee (National Promotional Banks and Institutions) hanno un patrimonio di oltre 2.700 miliardi di euro e svolgono un ruolo cruciale nel finanziare investimenti per la crescita sostenibile e inclusiva dell’Europa.
Ricordiamo che lo scorso luglio Scannapieco è stato nominato alla presidenza di Elti (European Long-Term Investors Association) ed è è il primo italiano ad arrivare alla guida dell’associazione degli investitori di lungo termine dell’Unione Europea che riunisce i 32 principali Istituti Nazionali di Promozione e Istituti Finanziari europei, compresa la Banca Europea per gli Investimenti.
Aggiunge: “Non dovremmo approcciare il problema individualmente, bisogna strutturarsi in gruppi di lavoro per vedere l’impatto della tassonomia e capire come si rifletta nei nuovi obblighi di comunicazione sulla base delle direttive europee. Fare le cose giuste è più importante che fare volumi. Dobbiamo essere guidati dall’impatto e non solo dal rendimento sul rischio”. Quanto a strumenti potenziali, conclude: “Abbiamo pensato di applicare una restituzione degli interessi che applichiamo sui prestiti. Se davvero vogliamo vedere un impatto, questo va misurato. Noi lavoriamo anche con la Bei in questa direzione: prestiti a buone condizioni di fronte a una realtà che si impegna in materia di sostenibilità, non solo ambientale”.
È d’accordo Gelsomina Vigliotti, vice presidente della BEI, quando dice: “Vorremmo arrivare all’unione di capitali privati europei e crediamo moltissimo nel ruolo che possono avere realtà come BEI e CDP. Certo dobbiamo renderci conto che la troppa incertezza non aiuta gli investitori privati che in questo ambito devono prendere un rischio sul lungo termine i cui rendimenti non sono certo immediati”.
Prioritari sono emersi, dunque, due aspetti: il bisogno di capitale privato e il problema dei lacci e lacciuoli burocratici. Spiega Lutz-Christian Funke, segretario generale di KFW: “La maggiore sfida è quella di fare in modo che gli istituti nazionali siano facilitatori ma abbiamo bisogno di capitale privato. Non dobbiamo lasciarci intrappolare dalla metodologia e dalla burocrazia ma guardare all’impatto futuro. Noi abbiamo già investito 60 miliardi sul clima e 20 miliardi sui green bond. Ma dobbiamo avere certezze dagli investimenti perchè sono lavori enormi. Per esempio occorre convertire le pipeline (come nel caso delle centrali a idrogeno in Germania, ndr) e dunque i primi anni si investe e basta, il ritorno dell’investimento è di lungo periodo. Quindi dobbiamo chiederci: quali investitori sono disposti a farlo?”
Continua Eric Lombard, ad di CDC (la CDP francese): “Dobbiamo cambiare tutto il modo in cui la società lavora, sono quindi richiesti investimenti enormi ed è per questo che siamo qui oggi. In Francia stiamo facendo la pianificazione per adattarci al nuovo paradigma. Parliamo di 300 miliardi di euro che per un Paese come la Francia è il 2% del Pil. Noi abbiamo già messo a bilancio un investimenti di 100 miliardi nei prossimi anni”. E aggiunge: “Molti investimenti non sono redditizi, dobbiamo adattarci a questa realtà e accettarla. Se si cambia il sistema dei trasporti, per esempio, i costi saranno notevoli e il Roe non sarà così alto. Il costo del capitale sta aumentando. Il sistema è molto squilibrato, noi possiamo intervenire ma non totalmente. Bisogna quindi accettare di dover finanziare la transizione e di avere capitali privati a sostegno”.
Gli fa eco Carlos Garcia de Quevedo, ad di ICO: “Gli aspetti fondamentali sono la collaborazione pubblico privato, l’accelerazione dell’economia e la promozione di una transizione che non lasci indietro nessuno. Per questo dobbiamo capire gli incentivi che possiamo dare agli operatori privati. Abbiamo un portafoglio molto ampio con investimenti nel mondo e soprattutto in America Latina. Quando valutiamo l’impatto sul cambiamento climatico chiediamo un’opionione a realtà terze, in linea con gli standard internazionali e la tassonomia europea e questo è molto apprezzato dagli investitori. Abbiamo fatto 15 emissioni green per un controvalore di 7,5 miliardi di euro e attivato 20-22 miliardi di investimenti green”.