Si conclude oggi 12 maggio la mostra monografica Nello spazio e nel tempo alla Galleria Russo di Roma, che esplora l’uso che Manuel Felisi fa dello spazio e del tempo, da sempre intrinsecamente connessi nella sua ricerca artistica; e la monografica Manuel Felisi 1:1 a cura di Gabriele Simongini al Museo Bilotti, all’interno di Villa Borghese, prorogata per aver superato i 20mila visitatori, accompagnate da un ampio catalogo pubblicato, molto raffinato, da Gangemi Editore.
Un percorso, quello intorno all’artista che la Galleria Russo porta avanti e che resta disponibile per il viaggiatore e il pubblico romano nel centralissimo Art Hotel tra piazza Augusto Imperatore e Piazza del Popolo, dove l’artista è stato chiamato dalla Galleria, insieme ad altri artisti, per interventi che diventano nel suo caso non solo opere ma elementi della stessa architettura.
La mostra al Museo Bilotti è il frutto di un progetto dell’artista milanese, classe 1976, per il Museo Carlo Bilotti dedicato al mondo animale, un bestiario raffigurato su grandi tavole di legno posto in dialogo con il vicino Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia.
L’esposizione è stata promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, prodotta e organizzata dalla Galleria Russo con il sostegno del Gruppo Banca del Fucino, in collaborazione con la Fondazione Bioparco di Roma e in media partnership con National Geographic Italia.
Il Museo Carlo Bilotti è la sede ideale per ospitare il progetto dell’artista dedicato al mondo animale: un bestiario raffigurato su grandi tavole di legno posto in dialogo con il vicino Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia. La collaborazione con la Fondazione Bioparco di Roma inoltre ha consentito di osservare dal vivo alcuni degli animali ritratti dall’artista e protetti al suo interno per rendere possibile un ulteriore approfondimento sulla natura delle specie. La dicitura 1:1 come suggerisce il titolo vede in esposizione 80 opere a grandezza naturale, realizzate con la tecnica di pittura ibrida – cifra stilistica di Felisi – che da sempre pratica un’arte di commistione tra tecniche e linguaggi, modi della tradizione e innovazione tecnologica, trovando nella versatilità la chiave della sua ricerca.
“Felisi/Noè”, scrive il curatore Gabriele Simongini, “porta nella grande Arca della pittura l’immagine/memoria di animali la cui esistenza è spesso minacciata dalla nostra folle e pervasiva aggressione ambientale. Sospesi fra apparizione e scomparsa, non di rado trasformati in presenze fantasmatiche, gli animali ci fissano quasi increduli, stagliandosi in scala reale su sfondi che sembrano evocare anche la raffinatezza dell’Art Déco e comunque un tempo che già appartiene alla dimensione del ricordo”.
Infatti, se nelle opere dell’artista l’iconografia centrale sono le forme arboree e floreali, simboli di vita che inneggiano alla forza della natura, nella mostra 1:1 Felisi si cimenta per la prima volta nella rappresentazione del regno animale, che vede insieme a opere bidimensionali, alcuni lavori sottratti alla staticità attraverso animazione digitale ottenuta con interventi di digital art.
“Sulle ampie superfici di legno”, afferma l’artista, “i rulli e le garze, le resine e le campiture irregolari che caratterizzano la mia pittura hanno trovato il terreno fertile per creare un mondo fantastico dove immergere i miei animali”.
La mostra è nata nell’anima dell’artista nel corso del primo lockdown, nella primavera del 2020. In un periodo drammatico come quello del Covid e di stasi forzata, alcune foto di animali scattate da Felisi durante un viaggio in Senegal hanno suggerito una riflessione sui pericoli che le specie animali stanno correndo a causa del degrado del loro habitat naturale. Attraverso la mediazione dell’arte, Felisi crea così l’idea di un giardino incantato che possa mettere al riparo gli animali da qualsiasi insidia. Il richiamo evidente è quello con l’Arca biblica. Ogni Arca è fatta di legno e quella creata da Felisi non fa eccezione, motivo per cui per le opere in mostra utilizza grandi tavole di legno.
Non mancano i richiami al Contemporaneo. In particolare al Bestiario realizzato da Andrea Pazienza, una raccolta di disegni, schizzi, illustrazioni del noto fumettista dedicati al mondo animale e alle creazioni per bambini ideate da Bruno Munari, in cui le forme degli animali giocano un ruolo chiave. National Geographic Italia ha collaborato alla mostra con la realizzazione un incontro tra Manuel Felisi e il pluripremiato fotografo naturalista Bruno D’Amicis, moderata dal curatore Gabriele Simongini.
Attualmente a Roma, presso l’Aeroporto di Fiumicino al Terminal 1, in sintonia con la mostra allestita al Museo Bilotti, sono in esposizione due opere di grande dimensione di Manuel Felisi dal titolo Vertigine posizionate una di fronte all’altra: una serie di griglie composte da piccole tele vanno a scomporre e a ricomporre fotografie di alberi, ritratti senza foglie e protesi verso il cielo in due momenti diversi nell’arco della giornata, la mattina e la sera. Le opere testimoniano l’intento dell’artista di portare l’attenzione, in un luogo di continuo passaggio, sul mondo della natura e sulla preservazione dell’ambiente.
Chi è Manuel Felisi
Nasce a Milano nel 1976, dove frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia delle Belle Arti di Brera. Nella sua pratica artistica si muove tra diversi ambiti includendo nelle sue opere pittura, fotografia e collage per creare installazioni nelle quali traduce e racconta il tempo. Il fil rouge che lega la sua produzione è un argomento che riguarda tutti noi, il nostro essere ed esserci, qui ed ora; il tempo con il suo passare cambia le cose, le preserva e le fa dimenticare. Felisi utilizza la fotografia per esprimere un tempo che immobilizza e misura luoghi, oggetti, persone e sentimenti; l’istante dello scatto fotografico non è più una mera operazione meccanica ma diventa il simbolo che lega le diverse tipologie di tempo descritte nell’opera. I suoi lavori sono composti da strati di diversi materiali che seguono uno stesso ordine scientifico, come un rituale che – dalla pittura alla stampa – non si confonde mai con la meccanicità e la ripetitività, poiché sempre frutto del coinvolgimento e del sentimento che guidano il suo fare artistico.
a cura di Ilaria Guidantoni