Un progetto espositivo di arte contemporanea di Carlos Garaicoa, a cura di Carlo Orsini presso Villa Marigola, all’interno del Lerici Music Festival nell’ambito dell’ottava edizione della manifestazione Memoria e Speranza.
La mostra, Memotopography, realizzata in collaborazione con Galleria Continua e con il supporto dei cantieri Sanlorenzo, termina questa domenica e BeBeez ha avuto l’occasione di una visita privata, preziosa perché la mostra personale dell’artista cubano Carlos Garaicoa, nato a L’Avana nel 1967, per la prima volta pone l’arte contemporanea in dialogo con la kermesse di musica internazionale che prende vita nella suggestiva cornice del Golfo dei Poeti.
Di grande suggestione l’ambientazione della villa con gli interni liberty, con gli stilemi decorativi della rappresentazione della ricchezza e del potere con marmi policromi, stucchi decorativi e tappezzerie in tessuto, e un affaccio strepitoso sul Castello di Lerici, circondata da un giardino all’italiana, che mette in atto un cortocircuito sensoriale tra natura, architettura, arte e musica, particolarmente significativo per un artista che ha lavorato sul tema della città con tecniche e materiali molto variegati.
Il percorso espositivo traccia un itinerario in cinque potenti opere che attraversa il lavoro visivo e sonoro di Carlos Garaicoa, puntando i riflettori sull’idea di spazio architettonico come luogo di accadimenti in grado di plasmare il ritmo vitale di coloro che lo abitano. L’approccio multidisciplinare dell’artista esplora tematiche legate alla cultura e alla politica attraverso l’architettura e l’urbanistica, rivelando i molti punti di contatto tra la dimensione dell’abitare e l’idea di memoria che ne deriva.
L’edificio, nato nella seconda metà del XVIII secolo come luogo di villeggiatura e impreziosito dalle suggestive vedute di Lerici e dei suoi dintorni, diviene nella lettura di Carlos Garaicoa una proiezione simbolica del modo in cui l’architettura incarni gli assetti sociali della società che rappresenta, in una successione di tre sale, che e invita il visitatore a riflettere sul dialogo tra arte e spazio urbano in un dialogo scontro.
The Roots of the World del 2016, installazione composta da un tavolo trapassato di coltelli, pone l’accento sulla sottile tensione tra costruzione e distruzione, con un impatto molto forte per chi arriva in un ambiente dal sapore un po’ ovattato di villeggiature d’altri tempi. I coltelli feriscono nell’anima e rappresentano solo la punta dell’iceberg. La didascalia e la radice è nei manici che rappresentano edifici metropolitani mettendo in luce la città come cuore della civiltà contemporanea e anche causa della sua distruzione in un’ambiguità tra vitalità e violenza.
Se con S/T Bend Building del 2021 Carlos Garaicoa utilizza la carta per costruire frammenti di città, sono le immagini documentarie di rovine cittadine a enfatizzare la precarietà del tessuto urbano nella serie fotografica che guida il visitatore nella sala successiva, dove la si trova allestita su pannelli di legno progettati dal collettivo curatoriale Palazzo Bronzo.
Con Photo-topography (2012) l’artista trasferisce fotografie urbane su polistirene per impostare un parallelismo tra la rovina urbana e il sistema artistico contemporaneo, puntando i riflettori sulle dinamiche di sfruttamento che spesso caratterizzano entrambi.
La mostra si conclude con la proiezione video dell’opera Partitura, dove il concetto di città viene rievocato attraverso un’orchestra composta da 40 registrazioni individuali di musicisti di strada, ognuno con il proprio background culturale. Partitura celebra il potenziale di unità che può essere creato da una grande diversità.
Tema dell’edizione 2024 del Music Festival è “La Memoria e La Speranza”, sviluppata attraverso la rappresentazione di composizioni musicali fortemente collegati a questi temi.
Come ha sottolineato il curatore infatti, “il titolo della mostra sintetizza il lavoro visivo e sonoro di Carlos Garaicoa: immagini e suoni che si legano in modo stratificato a luoghi della sua memoria di vita e che incorporano un pensiero di riflessione sullo spazio architettonico della città come luogo di accadimenti che formano l’intreccio mnemonico intimo dell’artista.” D’altronde Garaicoa ha sviluppato un dialogo tra arte e spazio urbano attraverso il quale indaga la struttura sociale delle nostre città in termini di architettura, utilizzando un approccio intermediale per affrontare questioni di cultura e politica, in particolare cubane, attraverso lo studio dell’architettura, dell’urbanistica e della storia. Il suo soggetto principale è sempre stata la città dell’Avana.
Nello specifico”, scrive ancora Orsini, “giocando con sculture, disegni, video e fotografie incentrati sull’ironia e sulla disperazione, Garaicoa ha trovato nelle sue installazioni, per le quali utilizza spesso un’ampia varietà di materiali, un modo per criticare l’architettura utopica modernista e il crollo delle ideologie del XX secolo, approfondendo il concetto di città come spazio simbolico. Ogni lavoro di Garaicoa può essere interpretato come un ricordo sovrascritto dallo spazio che l’ha generato. Le immagini dei suoi lavori sono frammenti di memoria incarnati nello spazio urbano, nello spazio architettonico”. La forza delle opere è esaltata dall’ambientazione in un contesto romantico che suggerisce tutt’altre emozioni.
L’apertura della mostra, simbolicamente, ha visto la proiezione di Abismo, l’opera video di Carlos Garaicoa che parte dall’ossessione di Adolf Hitler per la musica classica per impostare una riflessione sulla forza resiliente del pensiero libero e creativo. Il gioco delle mani è una ricostruzione a partire da immagini e spezzoni del Führer durante i suoi discorsi. Su uno sfondo bianco due mani gesticolano; sono disegnate come fossero studi anatomici rinascimentali, a metà strada tra la conduzione di un orchestra e l’enfatizzazione di un discorso pubblico. La colonna sonora del video che riprende il terzo movimento del Quatuor Pour La Fin du Temps di Olivier Messiaen del 1941 intitolato Abisso – Abismo in spagnolo – è stata interpretata dal vivo per l’occasione dalla clarinettista Mahé Marty, moglie dell’artista. La serata prosegue alle 21.15 con l’interpretazione del Quatuor Pour La Fin du Temps di Olivier Messiaen nella sua interezza affidata al quartetto composto da Alexander Bedenko (clarinetto), Alberto Bologni (violino), Alexey Zhilin (violoncello), Massimo Spada (pianoforte). Nel 1941 Olivier Messiaen compone e per la prima volta suona il Quatuor Pour La Fin du Temps, nel campo di concentramento Stalag VIII-A a Görlitz. Nello stesso anno Monaco di Baviera fu dichiarata città ripulita dagli ebrei.
Garaicoa, ci fa notare il curatore, usa la tipica gestualità della propaganda nazista rimuovendola dal suo contesto originale, creando per cui una nuova narrazione. L’effetto è quello di scompaginare le carte della storia e rinforzare il messaggio di Messiaen che l’orrore, per quanto grande, non può soffocare la forza del pensiero libero e creativo. Un reale e potente corto circuito storico-antropologico. Lo stesso video sarà presentato all’interno della mostra su schermo TV.
Chi è Carlos Garaicoa
Nato a La Habana (Cuba) nel 1967, ha studiato termodinamica e successivamente pittura presso l’Instituto Superior de Arte dell’Avana (1989 – 1994). Attualmente vive e lavora tra L’Avana e Madrid. Garaicoa ha sviluppato un dialogo tra arte e spazio urbano attraverso il quale indaga la struttura sociale delle nostre città in termini di architettura. Utilizza un approccio multidisciplinare per affrontare questioni di cultura e politica, in particolare cubana, attraverso lo studio dell’architettura, dell’urbanistica e della storia. Il suo soggetto principale è sempre stata la città dell’Avana. Giocando con sculture, disegni, video e fotografie incentrati sull’ironia e la disperazione, Garaicoa ha trovato nelle sue installazioni, per le quali utilizza spesso una grande varietà di materiali, un modo per criticare l’architettura utopica modernista e il crollo delle ideologie del XX secolo, approfondendo il concetto di città come spazio simbolico.
Tra le sue più importanti mostre personali si segnalano quelle alla Rocca Maggiore di Assisi (2024), Brownstone Foundation, Parigi (2022), PEM Peadoby Essex Museum, Salem (2021), SCAD Museum of Art, Savannah (2020); Lunds Konsthall e Skissernass Museum, Lund (2019); Parasol Unit Foundation, Londra (2018); Fondazione Merz, Torino (2017); MAAT, Lisbona (2017); Azkuna Zentroa, Bilbao (2017); Museum Villa Stuck, Monaco di Baviera (2016); Nasjonalmuseet, Oslo (2015); CA2M Centro de Arte Dos de Mayo, Móstoles, Madrid (2014); Fundación Botín, Santander (2014); NC-Arte e FLORA ars + natura, Bogotá (2014); Kunsthaus Baselland Muttenz, Basilea(2012); Kunstverein Braunschweig, Brunswick, Germania (2012); Contemporary Art Museum, Institute for Research in Art, Tampa (2007); H. F. Johnson Museum of Art, Cornell University, Ithaca, New York (2011); Stedelijk Museum Bureau Amsterdam (SMBA), Amsterdam (2010); Centre d’Art la Panera, Lérida (2011); Centro de Arte Contemporáneo de Caja de Burgos (CAB), Burgos (2011); National Museum of Contemporary Art (EMST), Atene (2011); Inhotim Instituto de Arte Contemporáneo, Brumadinho (2012); Caixa Cultural, Río de Janeiro (2008); Museo ICO (2012) e Matadero (2010), Madrid; IMMA, Dublino (2010); Palau de la Virreina, Barcellona (2006); Museum of Contemporary Art (M. O.C.A), Los Angeles (2005); Biblioteca Luis Ángel Arango, Bogotà (2000).
Ha partecipato a prestigiosi eventi internazionali come: la Biennale di Cuenca (2023), le Biennali dell’Avana (1991, 1994, 1997, 2000, 2003, 2009, 2012, 2015), Shanghai (2010), San Paolo (1998, 2004), Venezia (2009, 2005), Johannesburg (1995), Liverpool (2006) e Mosca (2005), le Triennali di Auckland (2007), San Juan (2004), Yokohama (2001) e Echigo-Tsumari (2012); Documenta 11 (2003) e 14 (2017) e PhotoEspaña 12 (2012). Ha ricevuto il PEM Prize 2021 e nel 2005 il XXXIX Premio Internazionale d’Arte Contemporanea – Fondazione Principe Pierre di Monaco e il Katherine S. Marmor Award di Los Angeles.
a cura di Ilaria Guidantoni