Pietro Collini, fotografo e medico milanese, con all’attivo numerose mostre sui temi del sociale e del ritratto anche di reportage, ha proposto al pubblico, la scorsa primavera, il risultato di un lungo lavoro di ricerca, THANATOS, per la curatela di Sandro Iovine. Una serie di immagini in bianco e nero che indagano con attenzione e cura un tema il più delle volte difficile da raccontare e proporre: la morte, con la quale tutti, nel corso della vita, si confrontano indirettamente, vuoi per un caro familiare o un amico o anche uno sconosciuto, qualcuno per ragioni professionali e tutti, ahimè, una volta al termine della propria esistenza.
La nostra civiltà, a differenza di altre, la rifiuta e, nonostante l’impossibilità concreta di realizzare una vita senza fine, che per altro si scontrerebbe con le logiche che governano i processi biologici, tende a nasconderla e relegarla in ambiti ristretti, evitando, per quanto possibile, di parlarne. Ancor più rara e nascosta è la rappresentazione non allegorica ma fotografica, Pietro Collini supera le ancestrali paure e quelle della nostra era proponendo, con delicatezza ed attenzione, un percorso visivo di forte impatto emotivo nel più profondo rispetto del soggetto.
Sembrerebbe la scelta di Collini in contraddizione con una delle ragioni del successo della fotografia fin dai tempi più lontani: permettere di allungare la vita dei soggetti ritratti anche dopo la loro morte, mantenendone vivo il ricordo, in una rappresentazione non mediata, come quella del pittore o dello scultore, ma proposta tal quale la realtà del soggetto in vita. Non è una contraddizione ma, al contrario, è documentazione e strumento utile a prendere coscienza del fatto che si vive per morire, preferibilmente il più tardi possibile.
Palcoscenico delle riprese una sala settoria di un obitorio, freddo scenario di procedure ahimè necessarie per determinare cause e ragioni di un decesso, dove i neri più profondi dello sfondo contrastano con la lucentezza dell’acciaio inossidabile del tavolo e dei bisturi o del fascio di luce e del getto d’acqua. Tutte immagini che, senza proporre volti, dettagliano il procedere sistematico del lavoro del medico anatomopatologo facendo intendere, piuttosto che dettagliare, attraverso la documentazione delle attività in una rappresentazione allegorica e concreta al tempo stesso, quasi scientifica, che si conclude con il lavaggio del corpo, rito che richiama umani sentimenti di pietas e rispetto.
Il progetto Thanatos è stato inoltre proposto in molteplici occasioni attraverso la proiezione delle immagini che lo compone.
Pietro Collini (1956) è stato tra i finalisti nel 2010 del Sony World Photography Awards con l’opera “A Life in the Hands”, ha regolarmente esposto i propri lavori in mostre personali e collettive, a Milano presso la Libreria Hoepli ed il negozio Photo Discount. Dal 2015 è tra i fotografi ufficiali della Fondazione Leo Matiz di Città del Messico ed è ritenuto tra i dieci migliori fotografi del dolore. Ha all’attivo numerosi fotolibri.
(in collaborazione con Paolo Bongianino)