Continua presso la Galleria “Il Segno” in Via dell’Orso a Milano la possibilità di ammirare le opere di Domenico Colanzi. (Si veda il suo sito). Nato ad Archi (Chieti) nel 1944. Ha conseguito la maturità artistica all’istituto d’arte di Chieti e successivamente l’abilitazione all’insegnamento del disegno. Vive ed opera a Cologno Monzese (Milano) da molti anni. Le sue opere si trovano presso importanti collezioni in Italia e all’estero. Ha partecipato a rassegne nazionali e internazionali.
Qui di seguito uno scritto su Colanzi del critico Teodosio Martucci.
C’è un’acuta e suggestiva ricerca culturale e stilistica nell’organica attività di Domenico Colanzi che si dipana lungo il filo del tempo e dell’esistenza nel disegno, nella pittura, in una sorta di ponderato e creativo climax che ha il suo punto di massima tensione nella scultura. Tre elementi dunque: disegno, pittura, scultura che sono intimamente e strutturalmente collegati nel generare il loro sensibile percorso plastico. In particolare è da sottolineare proprio il termine plastico che in relazione alla scultura potrebbe apparire pleonastico, ma in realtà non lo è affatto in un contesto storico che vede la scultura smarrire i suoi caratteri più pertinenti e fondativi. Da questa consapevolezza storica e culturale si dispiega la solida proposta espressiva di Domenico Colanzi, la sua lungimirante sintesi estetica ed ideale.
In primo luogo è da rilevare l’estrema articolazione sintattica che coordina volumi, vuoti, pieni, colori nell’ampio panorama iconografico che caratterizza l’operato di Colanzi. Per l’artista è da ribadire la certezza del volume, della sua consistenza fisica che dalla dimensione materiale poi diventa ricerca di stile e di forma, in una ritmica e dinamica fusione di primigeni stilemi tattili. Per comprendere la scultura di Colanzi non basta osservarla , bisogna girarci intorno, toccarla, essa, pertanto si mantiene all’interno di quella terza dimensione che è nella natura stessa della scultura, anzi nello stesso piacere visivo e percettivo dell’uomo. Oggi, invece, soffermandoci anche solo di sfuggita sulle varie tendenze della scultura contemporanea cosa si constata? La scultura ridotta alla logica dell’effimero, al suo dissimularsi o scomparire nello spazio, a divenire pura linea o semplice idea, quasi che un osservatore una scultura non debba più toccarla o vederla, ma solo “sentirla” o immaginarla. Si tratta quindi di una sottile sparizione e distruzione della scultura stessa, quando non si verifica invece una sua vera e propria falsificazione all’ interno delle varie e discutibili installazioni, a cui Colanzi reagisce con l’ impeccabile efficacia delle sue proposte, con il commosso abbraccio spirituale che le sue opere concretamente realizzano. Un altro aspetto che con particolare raffinatezza si pone alla sensibilità di chi osserva i suoi lavori è l’ ideale raffronto che Colanzi attua tra antiche e grandi tradizioni dell’arte scultorea del passato, come per esempio la plastica cicladica, assira, egizia e le più recenti acquisizioni dell’avanguardia con accenti espressivi che potrebbero andare da Brancusi a Moore, da Arp a Marini e tutto questo non per caso, ma per una voluta scelta culturale ed espressiva che concepisce la scultura all’ interno di una logica simbolica, oltre la figurazione narrativa o descrittiva e senza cedere all’astrazione assoluta.
Il suo mondo di immagini assume allora come punto di riferimento essenziale quelle realtà costitutive della vita, intuite nella loro dimensione più recondita, all’interno del proprio personale inconscio e che poi nell’atto dell’interpretazione e realizzazione artistica subiscono un loro processo di emotivo e figurale chiarimento per divenire, appunto, simboli dell’animo femminile, del dinamismo animale. Ma quello che anima dal profondo Colanzi, la forza del suo sentimento, la sua istintiva energia, avverte poi la necessità di essere vagliato dalla ragione, dallo studio, per addivenire a quella consapevolezza strutturale della forma a cui si faceva riferimento poc’anzi. Non sorprende, quindi, di riscontrare nelle sculture di Colanzi quel carattere di organicità modulare che le rende realtà insolite nel contesto espressivo della plastica odierna. Il principio che l’insieme è al di là della somma delle singole parti è applicato con sicurezza, con brillante sistematicità di metodo da Colanzi e senza annullare affatto la natura vitale ed elegante delle sue sculture. Ma la scultura non è solo un problema intrinseco di forme pure, essa, infatti, ha una sua “destinazione d’ uso”, è collocata in un determinato ambiente, reagisce alla luce, all’atmosfera, entra in un
sottile dialogo con il contesto che la ospita, un museo come una residenza di campagna. Per cui la scultura stimola il suo richiamo cromatico, sollecita la levigatezza delle superfici, accentua lo scivolamento dei piani nei suoi roteanti e spiraliformi “ingranaggi” che catturano la luce e la rimandano come nuova vita al corpus plasmato della scultura stessa. Da questo punto di vista appare quanto mai calzante l’utilizzo di materiali antichi e nobili come il marmo nero del Belgio, il rosa del Portogallo, il bronzo, i cui riflessi di luce sottolineano la stilizzata armonia che procede dalle sculture di Colanzi.
Ma una considerazione sul suo operato complessivo non sarebbe del tutto in sintonia con l’ampiezza dei suoi interessi creativi, se non si ponesse attenzione alla sua pittura. Essa non è semplice pendant o solo studio preliminare alla scultura ma interagisce profondamente con essa. Nella pittura Colanzi ha la possibilità di acuire la sensibilità del ritmo scultoreo. Anzi la pittura stessa nella sua vibrante cromaticità, nel movimento vorticoso delle forme orienta la scultura di Colanzi verso l’energia serrata di forme propulsive e scattanti. In questi lavori realizzati in tecnica mista l’intensità plastica delle forme orienta la scultura di Colanzi verso l’energia serrata di forme propulsive e scattanti. In questi lavori realizzati in tecnica mista l’intensità plastica delle forme viene posta in risalto dal segno raffinato e duttile, dalle molteplici gradazioni del suo spessore. La componente ciclica del suo disegno pone in rilievo nell’incessante “ritorno” delle forme il senso di una evoluzione che è alla basa della natura e dei suoi processi. Se si vuole il paradossale e fluido “disegno pittorico” di Colanzi sviscera la sua tensione costruttiva nella acuta serialità dei moduli compositivi (sfera, linea curva, spirale) senza per questo inaridirsi in astratti geometrismi. Anche nel campo pittorico l’impressione interiore di Colanzi avverte il bisogno di razionalizzarsi in una struttura grafica che vede il suo ritmo in una continua ascesa. Per Colanzi la forma non è una realtà statica, il dato plastico è sempre potenzialità di movimento che genera la realtà della vita. In questo senso il disegno non rappresenta più alcunché, ma esprime la personale dimensione emotiva nel suo limpido svolgersi. Pertanto l’analisi, elemento che distingue la funzione del disegno e della linea, permette a Colanzi di evidenziare tutta la sua inventiva, di saggiarne orientamento e possibilità. Si avverte nelle sue lucide composizioni percorsi visivi che si autogenerano e dalla loro sorgente l’arte di Colanzi ne deriva con tutta la sua necessaria eppur imprevedibile bellezza.