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Una bella retrospettiva, quella allestita a Palazzo Strozzi fino al 29 agosto, American Art 1961-2001. Da Andy Warhol a Kara Walker, mostra che celebra l’arte moderna degli Stati Uniti d’America attraverso oltre 80 opere di artisti come Andy Warhol, Mark Rothko, Louise Nevelson, Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Bruce Nauman, Barbara Kruger, Robert Mapplethorpe, Cindy Sherman, Matthew Barney, Kara Walker. Palazzo Strozzi dopo la grande installazione sulla facciata di JR, si conferma un luogo di incontro tra passato e presente, dove memoria e tensione al nuovo vanno a braccetto. La mostra è ricca con una selezione ad hoc di grandi formati, siano essi tele, sculture o installazioni, un percorso che garantisce così un’immersione emozionale. Il visitatore si muove tra le opere come fossero monumenti e non deve spostarsi ai margini delle sale per andare a vedere le singole opere. Valida e
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articolata l’antologia, molto indovinato l’allestimento: lo spazio ha una classicità che sembra fatta apposta per dialogare con la modernità, grazie all’essenzialità architettonica, imponente e amplia per accogliere l’arte americana, dotata di un rigore importante, fatto di bianco e grigio della pietra, quasi austero. Il contrasto con l’eccesso di colore e l’esuberanza soprattutto della Pop Art, funziona anche grazie a una scelta essenziale di allestimenti con pareti bianco optical ritagliate su quelle esistenti; didascalie essenziali con pannelli semplici e titoli in rosso.
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“Con l’apertura di una grande e ambiziosa mostra come American Art 1961-2001, Palazzo Strozzi si pone come punto di riferimento nel rilancio del sistema culturale italiano, messo a dura prova in questo momento storico, afferma Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi. Ora più che mai è importante che le persone riprendano a frequentare mostre, musei e luoghi della cultura. E, perché ciò avvenga, Palazzo Strozzi mira a coinvolgere il pubblico con orari nuovi che vengano incontro alle abitudini e alle modalità di vita profondamente cambiate in questi mesi. L’ampliamento dell’apertura quotidiana della
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mostra, fino alle ore 21.00 è un invito rivolto, in particolare, ai fiorentini e al pubblico locale per riappropriarsi della città all’insegna dell’arte e della bellezza: un importante segnale di ripartenza per la vita sociale ed economica del nostro territorio”. La mostra è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze e Walker Art Center, Minneapolis. Sostenitori Fondazione Palazzo Strozzi: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Fondazione CR Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi, Intesa Sanpaolo. Premium sponsor: Gucci. Con il sostegno di Enel. Alcune opere esposte a Firenze, sono per la prima volta in Italia, grazie alla collaborazione con il Walker Art Center di Minneapolis. L’esposizione testimonia la poliedrica produzione artistica americana. Dalla Pop Art al Minimalismo, dalla Conceptual Art alla Pictures Generation, fino alle più recenti ricerche degli anni Novanta e Duemila: tra pittura, fotografia, video art, scultura e installazione, si propone una inedita rilettura di quarant’anni di storia affrontando tematiche come lo sviluppo della società dei consumi, la contaminazione tra le arti, il femminismo, le lotte per i diritti civili in un percorso che propone le opere di 53 artisti, un’attenzione speciale è data ad alcune figure chiave di questi quarant’anni. Centrale è Andy Warhol, di cui sono presentate 12 opere tra cui la celebre Sixteen Jackies (1964), dedicata a Jackie Kennedy- manifesto della mostra – all’indomani della morte di JFK. In apertura, quasi un prologo, Sky Cathedral Presence, opera monumentale in legno dipinto di nero di Louise Nevelson, pioniera e figura chiave dell’arte al femminile che fin dagli anni Cinquanta crea sculture monocrome ottenute dall’assemblaggio di legni trovati nel tempo. Per l’artista la cattedrale monumentale, come un collage tridimensionale, impregnata di sacralità è in nero perché lo ritiene il colore più aristocratico di tutti, che in sé tutto contiene e di fronte al quale si può stare in silenzio: basta ascoltarne l’evocazione.
La grande stagione degli anni Sessanta è testimoniata da opere di maestri come Donald Judd, Bruce Nauman, John Baldessari: figure che diventano punti di riferimento per le successive generazioni di artisti. Tra queste emergono la riflessione sulla figura della donna di Cindy Sherman, le appropriazioni dal mondo della pubblicità di Richard Prince e Barbara Kruger, la denuncia dello stigma dell’AIDS di Felix Gonzalez-Torres o le inquietanti narrazioni posthuman di Matthew Barney, di cui è presentata in maniera inedita per l’Italia l’installazione di Cremaster 2 (1999). Un focus speciale è dedicato alle più recenti ricerche degli anni Novanta e Duemila, tra cui spiccano figure di riferimento per la comunità afroamericana quali Kerry James Marshall e Kara Walker, della quale è proposta un’ampia selezione di opere video e disegni.
a cura di Ilaria Guidantoni