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Fino al 4 febbraio 2024, Fondazione Palazzo Strozzi presenta Anish Kapoor. Untrue Unreal, una grande mostra – inaugurata in occasione della Florence Art Week – ideata e realizzata insieme al celebre maestro che ha rivoluzionato l’idea di scultura nell’arte contemporanea e che da un anno e mezzo vive a Venezia. A cura di Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra propone un percorso tra monumentali installazioni, ambienti intimi e forme conturbanti, creando un originale e coinvolgente dialogo tra l’arte di Anish Kapoor, l’architettura e il pubblico di Palazzo Strozzi. Per la prima volta l’artista anglo-indiano si confronta con il Rinascimento creando un cortocircuito: un incontro-scontro che talora crea spaesamento mentre in altri casi un accompagnamento.
L’esposizione racconta l’attività di Kapoor dagli Anni Settanta e inizio Ottanta del Novecento fino alle opere più recenti e all’installazione site specific che ha letteralmente invaso il cortile quattrocentesco, un enorme cubo bianco che rompe l’armonia rigorosa di uno dei palazzi rinascimentali ‘più perfetti’ e crea un isolamento, quasi un pozzo nell’esperienza del visitatore. Entrandovi tre opere nere, del ‘nero Kapoor’, un quasi assoluto che crea profondità e il senso di vertigine. D’altronde fil rouge della mostra è il rapporto tra reale, inverosimile e possibile, quel magico mondo che l’arte riflettendo quello che ha d’intorno deforma e crea come nelle sue superfici riflettenti appunto.
Nell’arte di Anish Kapoor, l’irreale (unreal) si mescola con l’inverosimile (untrue), trasformando o negando la comune percezione della realtà. Ci invita a esplorare un mondo in cui i confini tra vero e falso si dissolvono, aprendo le porte alla dimensione dell’impossibile. Le sue opere uniscono spazi vuoti e pieni, superfici assorbenti e riflettenti, forme geometriche e biomorfe. In un mondo in cui la realtà sembra sempre più sfuggente e manipolabile, Anish Kapoor ci sfida a cercare la verità oltre le apparenze, invitandoci a esplorare il territorio dell’inverosimile e dell’irreale, untrue e unreal.
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La mostra è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi, Main Supporter Fondazione CR Firenze; Sostenitori il Comune di Firenze, la Regione Toscana, la Camera di Commercio di Firenze, il Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi; Main Partner Intesa Sanpaolo; con il contributo di Città Metropolitana di Firenze; il supporto di Maria Manetti Shrem e della Fondazione Hillary Merkus Recordati; oltre l’appoggio importante di Galleria Continua. Il Catalogo, edito da Marsilio, sarà in libreria a novembre volutamente per inserivi anche le foto degli allestimenti, restituendo l’esperienza della mostra; inoltre dal 18 ottobre sarà disponibile Quando l’arte riflette il mondo, un podcast per scoprire le grandi figure dell’arte contemporanea in rapporto a temi e questioni d’attualità, su tutti i canali della piattaforma podcasting intesa Sanpaolo On Air come intesasanpaoloonair.com, Spotify, Apple Podcasts, Amazon Music e YouTube. Il progetto si articola in una miniserie di sei puntate con Arturo Galansino e Silvia Boccardi, giornalista per Will Media, ognuna delle quali parte dalle grandi mostre realizzate a Palazzo Strozzi, Marina Abramovic, Ai Weiwei, Jeff Koons, Tomàs Saraceno, Olafur Eliasson Anish Kapoor.
L’arte di Kapoor risente della dualità della cultura indiana, due forze opposte che governano il mondo, materia e forma, contenuto e contenitore che rivive in “Un pittore che è uno scultore”, come dice di se stesso. Così il colore nelle sue creazioni diventa materia o la supera, diventa lo spirituale. Usa molto il rosso e come dichiara “è vero che nella cultura indiana il rosso è qualcosa di potente; è il colore della sposa; si associa al matriarcale, che nella psicologia indiana è centrale…Il rosso ha una sua scurezza molto forte. Questo colore palese, aperto e visivamente invitante è associato anche a un mondo interiore oscuro”. Parole che illustrano perfettamente le opere che gocciolano cera e si vestono di pigmenti che per altro richiamano una tradizione italiana tipicamente rinascimentale nella materia reinterpretata in modo totalmente nuovo quanto carnale. L’effetto è potente, talora disturbante e insieme attraente come la natura romantica raccontata dal sentimento del sublime: è una vertigine. A Palazzo Strozzi il progetto è totalmente nuovo, le sue opere sembrano quasi compresse, dall’imponenza rigorosa del Palazzo e sembrano voler uscire dai suoi confini architettonici; ne risulta una grammatica intrigante e creativa. L’artista si è misurato con un edificio simbolo ed è stato tutt’altro che semplice ma nel Rinascimento ha trovato come ha sottolineato nel suo saggio Rachel Boyd, Curatrice del Dipartimento di Scultura rinascimentale al Victoria&Albert Museum di Londra, una corrispondenza nella centralità del colore di quel tempo: “Donatello usò una gamma di materiali colorati – da cera pigmentata rossa e verde a frammenti di ceramica smaltata – per creare fondi riflettenti dai colori vivaci per i suoi rilievi in terracotta e marmo…fu però il suo contemporaneo Luca della Robbia a realizzare una fusione quasi completa tra arte pittorica e scultorea”. Quanto al Rinascimento lo stesso Kapoor ha osservato che a suo parere quest’epoca ha portato due innovazioni, rispettivamente la prospettiva e le pieghe, quelle del tessuto che sono sempre presenti nei quadri dell’epoca e che per certi versi il suo colore ‘assorbente’ annulla assolutizzando ad un tempo.
Il percorso inizia nel Cortile per continuare al Piano Nobile dove la mostra comincia con l’iconica opera Svayambhu (2007), termine sanscrito che definisce ciò che si genera autonomamente, corrispettivo delle immagini acheropìte cristiane non dipinte da mano umana. Il lavoro propone una riflessione dialettica tra vuoto e materia: un monumentale blocco di cera rossa si muove lentamente tra due sale di Palazzo Strozzi, plasmando la sua materia informe nel rapporto con l’architettura che attraversa. Quest’opera si pone in dialogo con Endless Column (Colonna infinita, 1992), che fa esplicito riferimento alla celebre omonima scultura di Constantin Brâncuși. La colonna in pigmento rosso di Kapoor sembra oltrepassare i limiti del pavimento e del soffitto della sala, creando una sensazione di fisicità architettonica eterea, metafora del legame tra terra e cosmo. Su una diversa scala, ma con lo stesso effetto spaziale e architettonico, si pone To Reflect an Intimate Part of the Red (Per riflettere una parte intima del rosso, 1981), opera fondamentale nella carriera di Kapoor nella sua affermazione sulla scena internazionale come una delle più originali voci nell’arte contemporanea: un suggestivo insieme di forme in pigmento giallo e rosso che emergono dal pavimento, fragili, quasi ultraterrene ma potentemente presenti. Un effetto polveroso dove la leggerezza e la matericità dialogano tra forme e consistenze.
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In Non-Object Black (Non-oggetto nero, 2015) – caratterizzato dall’uso del Vantablack, materiale altamente innovativo capace di assorbire più del 99,9% della luce visibile – Kapoor mette in discussione l’idea stessa di oggetto fisico e tangibile, presentandoci forme che si dissolvono al passaggio dello sguardo. In questi lavori rivoluzionari e di forte impatto, Kapoor ci spinge a interrogarci sulla nozione stessa dell’essere, proponendo una riflessione non solo sull’oggettualità ma sull’immaterialità che permea il nostro mondo. Questa forte esperienza del non-oggetto continua in Gathering Clouds (Nuvole che si addensano, 2014), forme concave monocrome che assorbono lo spazio circostante in una oscurità meditativa. L’arte di Kapoor offre infatti un nuovo modo di vedere e pensare a come viviamo la “realtà”, grazie al suo uso unico di forma e saturazione,
in opere permeate da una profonda connotazione psicologica. La carne, la materia organica, il corpo e il sangue sono temi ricorrenti e fondamentali nella ricerca di Kapoor che in mostra appaiono in forme astratte, quasi corpi sventrati dove la potenza dell’evocazione è più forte della riconoscibilità della forma.
Un’intera sala della mostra è dedicata a opere in cui l’artista si confronta con ciò che appare come un’intimità sventrata e devastata in una dimensione entropica e abietta del corpo. La grande scultura in acciaio e resina A Blackish Fluid Excavation (Scavo con fluido nerastro, 2018) evoca appunto un incavo uterino contorto che attraversa lo spazio e i sensi dello spettatore. Nelle opere esposte a parete Kapoor unisce invece la pittura e il silicone dando origine a forme fluide che ci appaiono come masse viscerali, che sembrano pulsare di vita propria. Le strutture si contorcono, si espandono e si contraggono, proponendo un senso di movimento e di trasformazione continua, ma anche una forte sensualità tattile che emerge dall’interazione tra le sensazioni di morbidezza e solidità, organicità e linearità. Evocano queste suggestioni gli stessi titoli delle opere: First Milk (Primo latte, 2015), Tongue Memory (Ricordo della lingua, 2016), Today You Will Be in Paradise (Oggi sarai in paradiso, 2016), Three Days of Mourning (Tre giorni di lutto, 2016).
La tradizionale nozione di confini e la dicotomia tra soggetto e oggetto sono temi centrali invece in opere specchianti come Vertigo (Vertigine, 2006), Mirror (Specchio, 2018) e Newborn (Neonato, 2019), ispirato ancora una volta alle sperimentazioni formali di Brâncuși. Attraverso le riflessioni di queste opere, ciò che si specchia entra in una dimensione illusoria che sembra smentire le leggi della fisica. Queste grandi sculture, infatti, riflettono e deformano lo spazio circostante e lo ingrandiscono, riducono e moltiplicano, creando una sensazione di irrealtà e destabilizzazione e attirando lo spettatore nello spazio indefinito che emanano.
Conclusione del percorso espositivo al Piano Nobile è la sala dedicata all’opera Angel (Angelo, 1990), grandi pietre di ardesia ricoperte da strati di pigmento blu intenso. Questi pesanti massi appaiono in contraddizione con il loro aspetto incorporeo: sembrano infatti solidificare l’aria e suggerire la trasformazione di lastre di ardesia in pezzi di cielo, trasfigurando così l’idea di purezza in un elemento fisico. Kapoor altera la forte materialità dell’opera ed evoca così un senso di mistero che risponde all’ambizione di matrice esoterica di raggiungimento della fusione degli opposti.
Chi è Anish Kapoor
Uno dei più influenti artisti del nostro tempo, è nato a Mumbai, in India, nel 1954, e ha vissuto e lavorato a Londra a partire dalla metà degli anni Settanta studiando presso l’Hornsey College of Art e il Chelsea College of Art. Attualmente vive e lavora tra Londra e Venezia.
Le sue opere sono esposte nelle più importanti collezioni permanenti e nei musei di tutto il mondo, dal Museum of Modern Art di New York alla Tate di Londra, alla Fondazione Prada di Milano, ai Musei Guggenheim di Venezia, Bilbao e Abu Dhabi. Recenti mostre personali si sono tenute presso: Galleria dell’Accademia e Palazzo Manfrin, Venezia (2022); Modern Art Oxford (2021); Houghton Hall, Norfolk (2020); Pinakothek der Moderne, Monaco (2020); Central Academy of Fine Arts Museum and Imperial Ancestral Temple, Pechino (2019); Fundación Proa, Buenos Aires (2019); Serralves, Museu de Arte Contemporânea, Porto (2018); Museo Universitario Arte Contemporáneo (MUAC), Città del Messico (2016); Reggia di Versailles, Francia (2015); Jewish Museum and Tolerance Center, Mosca (2015); Walter Gropius Bau, Berlino (2013); Sakip Sabanci Muzesi, Istanbul (2013); Museum of Contemporary Art, Sydney (2012).
Anish Kapoor ha rappresentato la Gran Bretagna alla 44. Biennale di Venezia nel 1990, dove ha ricevuto il Premio Duemila. Nel 1991 ha vinto il Premio Turner e in seguito ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali.
Noto anche per le sue opere architettoniche, tra i progetti pubblici che ha realizzato ricordiamo: Cloud Gate (2004), Millennium Park, Chicago, USA; Leviathan (2011) esposto a Monumenta 2011, Parigi; Orbit (2012), QueenElizabeth Olympic Park, Londra; Ark Nova, sala da concerto gonfiabile creata per il Lucerne Festival in Giappone (2013); Descension (2014) installata al Brooklyn Bridge Park, New York, USA (2017); le fermate della metropolitana di Napoli (Traiano e Università-Monte S. Angelo) in completamento nel 2024.
a cura di Ilaria Guidantoni