Un cardinale vestito di bianco, lo chiamano Papa, sotto la pioggia chiede: che finisca la pandemia, mio Signore! E l’industrioso lavoro dell’uomo fermarsi, e la cibernetica mobilità immobile, e le feste silenziose nei giorni di festa, e i giorni feriali come giorni di festa, ma silenziosi anche loro, e le caotiche vie desolate e le piogge che piovono senza ombrelli, e i giorni di sole assetati di pelle da ardere, e i tuoni che rimbombano come sempre hanno rimbombato, così come la paura, che trema in se stessa per tremare negli altri -che siamo noi, i suoi estranei-, che sibila invisibile e arriva bisbigliando, prima della morte, che sì, anche lei sta arrivando: pandemia, carestia, guerra, cataclisma, sciagura, calamità, finimondo, apocalisse. E ci ritroviamo, in questa nostra modernità, primitivi; ci riscopriamo dopo millenni di civiltà in una nuova preistoria, nudi assetati affamati: non è forse questa l’ancestrale immagine dell’uomo, Teresa? Ci siamo forse ingannati di essere altro rispetto al terrore e alla violenza, rispetto alla precarietà e al bisogno: è come se quel Dio invocato per salvarci sia giunto a mostrarci a noi stessi. Che colpa ne abbiamo? E lui, che ci ha creato, che colpa ne ha? Non è un dono a prescindere, la vita? Non erano questi, i patti? Certo, è Lui che ha deciso per noi, ma quale trattativa avremmo meritato nella creazione se noi, senza di Lui, neppure esisteremmo? La gratitudine per un padre dovrebbe essere incondizionata, non trovi? Tutto quel che ci è dato ha il peso inestimabile del dono anche nella sua provvisoria leggerezza. Ma certo, Teresa, che possiamo ribellarci, che possiamo rifiutare tutto, anche quello che siamo quando l’ingiustizia, la sofferenza e tutto il resto sembrano annientarci e torturarci: ma se possiamo ribellarci è sempre grazie a Lui che ci ha creato. Anche la ribellione è un dono che ci è dato e di cui dovremmo esser grati. A volte un padre non ci sembra perfetto perché noi e le nostre vite non siamo perfetti: ma abbassiamo la testa, Teresa, usciamo di nuovo dalle nostre caverne, riscopriamo il fuoco, cerchiamo ancora una volta i frutti per sfamarci. E vedremo così che non tutto è perduto, che un dono è sempre possibile, che la vita merita vita. La civiltà, Teresa, è il dolce sogno della preistoria addormentata che a volte si sveglia. Ma tornerà a dormire, non temere, bambina mia.
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Bernardo Giusti, nato a Firenze nel 1990, giovane speranza tra i romanzieri italiani ha pubblicato recentemente “Bivium” Edizioni Masso delle Fate. Teresa è nata da poco e Bernardo Giusti ha scelto Bebeez, nelle scorse settimane per condividere l’attesa per la prossima venuta, e adesso la gioia della presenza fisica.