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BUILDING, galleria nel centro di Milano, a due passi da La Scala, tra Brera e i palazzi che accolgono banche – lo stesso palazzo era una banca – è stata aperta nell’ottobre 2017 come uno spazio progettuale, non solo vetrina espositiva e luogo commerciale, per dialogare con la città e le istituzioni. La Galleria infatti, nata dalla visione di Moshe Tabibnia, che ha anche una galleria di tappeti antichi a Brera, segue una programmazione incentrata su una ricerca artistica storica e contemporanea e collabora con vari musei e istituzioni, quali il Maga di Gallarate e I Chiostri di Sant’Eustorgio a Milano. Il nome evoca l’idea del costruire l’identità, che ha guidato anche la progettazione architettonica fin dal restauro del Palazzo primi Novecento, con lo stile ‘casa’, parquet a terra, grandi aperture di luce verso la strada e un lucernario che dialoga con le architetture che si intravedono; la sensazione è di grande ariosità e accoglienza, un ambiente caldo quanto essenziale.
Abbiamo visitato l’ultima mostra allestita dedicata a Paolo Parisi. The Weather was Mild on the Day of my Departure, catanese che vive a Firenze; e ci siamo dati appuntamento con la nuova esposizione dall’8 aprile prossimo per la personale Etere, a cura di Annette Hofmann, dedicata a Juval Avital, classe 1977, artista di Gerusalemme che vive e lavora a Milano, nato come musicista e compositore, passato poi a realizzare opere sonore con una grande versatilità che presentarà opere inedite nei quattro piani della galleria.
La personale dedicata a Paolo Parisi, a cura di Lorenzo Bruni, è stata invece ideata appositamente per le sale espositive del piano terra e del primo piano.
Il progetto “The Weather was Mild on the Day of my Departure” è costituito da quattro nuovi cicli di opere che riflettono sulla pratica della pittura e che rappresentano gli ultimi tre anni dell’intensa ricerca dell’artista. Alle opere del 2018-2020 si aggiungono quattro sculture e un video del 2013 che condividono la stessa riflessione allargata sull’oggetto quadro e sulla relazione di quest’ultimo con il contenitore in cui si inserisce. Tutte le opere hanno in comune l’esplorazione del tema dell’eredità del Modernismo e della pittura monocroma, ma anche e soprattutto del viaggio – fisico e mentale – inteso come scoperta e condivisione del mondo con “l’altro diverso da sé”.
La mostra – visitabile online attraverso una modalità di fruizione tridimensionale all’indirizzo, su Art land, piattaforma internazionale dedicata alle gallerie d’arte – è stata concepita come una narrazione unica che si sviluppa all’interno di BUILDING chiamando in causa lo spettatore per mezzo di opere, di cicli e tecniche differenti. L’obiettivo è un’analisi sull’importanza dell’esperienza diretta della visione che, come ci suggeriscono le opere, risulta essere completa soltanto nel momento in cui viene raggiunto un equilibrio tra concetti quali: osservare e percepire, fare esperienza e interpretare, immagine figurativa e astratta, maschile e femminile, saper ricordare ma anche dimenticare. Tentativo che coincide con l’idea di individuare una terza via che sfugga al dualismo occidentale del secolo passato.
I nuovi cicli di opere annoverano i quadri monocromi The Whole World in a Detail (Fabric), del 2020: superfici cangianti per effetto della particolare stesura del colore che rimandano alla preziosità illusoria delle stoffe tipiche della pittura rinascimentale. L’artista è rimasto molto colpito da un aneddoto sul Rinascimento che racconta che gli artisti che riescono a dare l’impressione del tessuto nelle opere pittoriche sono pagati di più. Per dare questo effetto crea una stratificazione del colore sulla quale passa una spatola dentata, che dà l’effetto della trama, mentre i bordi, lasciati liberi, rivelano la tela. E’ una pittura in movimento che cambia a seconda di dove ci si mette e produce una sorta di corpo a corpo con le opere che richiama l’effetto cangiante delle sete nei dipinti antichi.
Al centro dello spazio del piano terra delle opere del 2013, la serie U.s.a.i.s.o., acronimo di Uno sull’altro in senso orario, ottenuta con cartoni ondulati solo impilati e sopra il calco della in gesso. La stratificazione del colore e dei materiali è una costante nel suo lavoro che evoca anche il senso dello scorrere del tempo – sottolineato dalla disposizione in senso orario, e del lavoro quotidiano che qui i volumi rappresentano la “casa” – il luogo rifugio dal mondo – e lo “studio”, spazio nel quale rielaborare il vissuto.
Nello stesso luogo un video, Untitled (postcards film) del 2013, nato durante una Residenza d’artisti a Châtou, vicino a Parigi che unisce suoni a immagini raccolte durante il soggiorno e che a ben vedere più che un video è un software. Si basa infatti sulla ripetizione e la sovrapposizione di immagini in modo randomico che produce un effetto diverso ogni volta. Un’opera che non riavvolge il tempo ma si muove con esso.
L’artista si è poi misurato con le opere che definisce ‘I miei pixel’, perché riproducono i pixel di un’immagine ingrandita da rivelare i quadrati colorati di cui è fatta. Anche in questo caso l’effetto è decisamente materico e l’ultimo colore è lo strato ultimo di una serie di sovrapposizioni che ogni volta lascia lo spazio in cui quel colore sarà visibile come definitivo. Difficile etichettare questa pittura come astratta, perché in realtà se non è figurativa è la realtà nascosta che rende possibile la rappresentazione, quindi assolutamente realistica.
Al primo piano, tra le opere site specific, Alle ragazze d’Italia! del 2021, immagini di paesaggi dell’archivio personale dell’artista stampate su stoffa trasparente ricamata con elementi geometrici modernisti ripresi da un manuale di cucito dei lavori donneschi. Il titolo è l’incipit del libro dedicato al ricamo, adottato alle Scuole Leopoldine di Firenze (edito nel 1924 da Bomparani) che accoglieva ragazze in età da marito. Le tende presentano stampe fotografiche con immagini dell’archivio personale come il lago di Massaciuccoli in Toscana, il New Mexico e Châtou e ricami fatti a macchina su tessuto di poliestere leggerissimo che crea un effetto trasparenza e sfondamento: l’idea è superare il dualismo uomo-donna, fuori dentro, superando l’idea della velatura e copertura per rendere la tela un mezzo di rivelazione. L’idea del viaggio che aleggia in tutta la mostra è idealmente un percorso delle idee e non semplice movimento.
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Gli altri due cicli che chiudono l’esposizione sono The Whole World in a Detail (2018-2019) – pitture basate sulla ripetizione della forma quadrata del pixel fotografico che però nega se stessa per effetto della stratificazione dei colori (come al piano inferiore ma su grandi dimensioni) – e The Weather was Mild on the Day of my Departure (2018), da cui è preso il titolo di tutta la mostra, costituito da dittici che mettono in relazione un dipinto monocromo, con un’immagine fotografica del paesaggio dello stretto di Messina, tra la Sicilia e il resto d’Italia. Sono scorci di un braccio di mare che l’artista conosce molto bene e che ha colto in situazioni di luce e effetti diversi.
Il titolo tra l’altro è preso in prestito dal romanzo di Joshua Slocum, il primo uomo che nel 1895 ha circumnavigato la terra in solitaria in barca a vela, senza neppure saper nuotare. La frase in questione fa riferimento al momento della sua partenza dalle coste di Boston senza motore, senza radio, senza GPS, senza carte elettroniche. Com’è stato scritto “tutto indica una totale aderenza all’istante che non protende al passato, bensì alla scoperta del possibile futuro”.
Chi è Paolo Parisi
Nato a Catania nel 1965, vive e lavora a Firenze.
L’esperienza dell’arte come pratica cognitiva e la variazione della percezione – legata al cambiamento del proprio punto di vista – sono aspetti fondamentali della sua opera. Una determinata colorazione delle vetrate consente di trasformare la luce del giorno in un altro colore. Il suono registrato dalle sonde collocate sotto la crosta dei vulcani può rendere udibile il movimento della materia. La scultura, realizzata a strati di fogli di cartone ondulato, può essere praticata al suo interno, come se fosse una cavità naturale. Il lavoro di Paolo Parisi riflette sulla pittura e sulle relazioni che essa può instaurare con ciò che le sta intorno, rendendo la fruizione dell’opera un’esperienza fisica che permette di stabilire nuove relazioni tra contenuto e contenitore. Sin dagli esordi la ricerca dell’artista appare incentrata sulla trasformazione in immagine artistica di un assunto iniziale non arbitrario, in quanto volutamente recepito attraverso strumenti che escludono l’interferenza del dato psicologico quali la cartografia, il rilievo architettonico e l’ottica fotografica.
Dal 1993 affianca l’attività artistica a quella didattica, presso le Accademie di Belle Arti (di Bologna e, dal 2010, di Firenze) e attraverso numerose conferenze, workshop e lectures tenute in tutto il mondo. Questo interesse per la trasmissione di un’esperienza condivisa dell’arte si manifesta anche attraverso la partecipazione alla fondazione dello spazio no-profit Base / Progetti per l’arte di Firenze, che propone, sin dall’inizio della sua attività (1998), una riflessione sul ruolo dell’arte contemporanea nella società attuale e sulle modalità di autodeterminazione aldilà delle coercizioni imposte dal mercato dell’arte e dal suo sistema.
A partire dagli anni ’90 ha esposto in numerose gallerie e musei italiani ed esteri tra cui ricordiamo il Museo Novecento di Firenze (2019); la Fondazione Brodbeck, di Catania (2011);
il Museo d’arte contemporanea della Sicilia Palazzo Riso a Palermo (2011); il Centro Pecci a Prato (2008); la Städtische Galerie im Lenbachhaus a Monaco (2006); da Quarter a Firenze (2005); presso GCAC a Castel San Pietro Terme (2002); e ad Aller Art Verein di Bludenz (2001). Molte le recenti partecipazioni in mostre collettive in Italia e all’estero.
Ilaria Guidantoni