Café Loti, il gruppo formato da Nando Citarella, Stefano Saletti – che ha registrato e missato il progetto al Four Winds Studio di Roma nel maggio 2018 – e Pajman Tadayon, con l’album In taberna, ispirato alla taverna come luogo di incontro, di scambio di idee ed emozioni, crea un ponte tra passato e presente ed Oriente e Occidente, un viaggio dalla Spagna a Istanbul che riecheggia nel nome del gruppo citando un famoso caffè della città; la seconda parte dell’album riprende lo spirito multilingue e multiculturale dei Carmina Burana (scritti da Orff nel 1936 che già aveva svolto un lavoro di ricostruzione e di recupero della memoria), con una rilettura in chiave popolare di questi canti. L’influenza della musica napoletana anche con un tocco chiassoso è molto presente per questa nuova produzione di Materiali Sonori Edizioni Musicali, etichetta sempre attenta alla contaminazione e alla fusione musicale che restituisce in questa prova una bella attualizzazione, coinvolgente e colta ad un tempo, anche se facile da ascoltare, di un mondo lontano nello spazio e nel tempo, con un’attenzione spiccata alle diverse lingue del Mediterraneo, una per tutte il sabir, lingua estinta dei porti e della gente umile.
Il trio è formato, formato appunto dalle voci di Nando Citarella suonatore di tammorra, chitarra battente, marranzano; Stefano Saletti per oud, bouzouki, lauta, percussioni; e Pejman Tadayon per bamtar, oud, percussioni, compie un ideale viaggio dalla Spagna, per incontrare i trobadour francesi e le cantate popolari di Napoli e del Sud d’Italia, incrociando il canto in Sabir, lingua tipica del porto di Algeri, un mélange di italiano, arabo e catalano – che per certi versi si avvicina alla cosiddetta lingua franca, cioè francese in una trascrizione corrotta araba; attraversa quindi le antiche vie della seta, la Persia e, poi si trasforma e diventa una musica capace di vivere di nuova luce, di emozionare e trascinare chi l’ascolta. L’idea è che la musica getti dei ponti e riesca a unire e comunicare dove la lingua in prosa o in poesia non riesce.
Il trio prende infatti il nome dall’antico Cafè Loti di Istanbul, luogo in cui i viaggiatori si fermavano a parlare, si conoscevano e cadevano le differenze tra Nord e Sud del mondo.
La seconda parte dell’album tratta da quello che originariamente era il Codex burnus, cerca di far emergere il contenuto assai vario dei temi trattati, che andavano da poesie di indole dottrinale, religiosa, polemica ad altre che cantavano scene sacre fino ad arrivare a quelle che inneggiavano con accento schiettamente popolare all’amore, al vino e alla natura. A tal scopo il Cafè Loti ha attinto, oltre al latino e al tedesco, alle “lingue” delle varie tradizioni popolari, dal siciliano al napoletano al già citato sabir.
Anche musicalmente gli echi spaziano attraverso strumenti musicali molto variegati nello spazio e nel tempo, dalla tammorra al bouzouki greco, al saz, al setar e all’oud che accompagnano il marranzano e il canto a tenore. Si susseguono echi della tradizione sefardita spagnola, cantigas medievali, la musica classica persiana, madrigali, tarantelle, ballate popolari. Accompagnano il trio la voce di Gabriella Aiello e Barbara Eramo; le percussioni di Giovanni Lo Cascio, i cori di Baobab ensemble ed Equivox e le tammorre di Cymbalus ensemble.