Libri su misura da indossare.
Il marchio milanese FVE si affaccia al mondo dell’editoria con WEAR YOUR BOOK! E debutta il 3 dicembre anche con un inedito di Tommaso Marinetti.
Abbiamo raggiunto Valentina Ferri, autrice, giornalista e anima visionaria di FVE editori al telefono nella sua casa di Pavia, in attesa di visitare la sede della nuova casa editrice – distribuita da Direct Book – a due passi da Piazza San Babila, luogo centrale della città, simbolo del dialogo tra mondo produttivo e culturale. Questa è la scommessa della nuova realtà, che si propone di riscoprire testi del passato con un linguaggio nuovo, l’attenzione all’immagine, alla visione contemporanea, sostenuta da uno staff molto giovane.
Com’è nata l’idea di lanciare una casa editrice?
“L’idea si era affacciata all’inizio del 2020, un’idea imprenditoriale che ho ereditato dai miei nonni, due persone che definirei ‘visionarie’, anticipatori nella comunicazione con lo slogan “Omsa che Gambe!” e con i fumetti a colori de “La Vispa Teresa”. Due protagonisti della vita imprenditoriale e culturale del nostro Paese a partire dall’immediato Dopoguerra e negli anni del boom economico, Giorgio e Lia Pierotti Cei. Per me i libri sono come una seconda pelle, un abito su misura e io stessa sono autrice e ho pubblicato i miei libri per scelta con piccole case editoriali che paragono alle sartorie, preferendo quest’accostamento alla dicitura ‘di nicchia’ Nasce così il titolo Wear your book.”
Con la chiusura e il confinamento a marzo che cos’è accaduto?
“L’ho vissuta come un trauma ma la mia risposta è stata nel segno dell’apertura, gettando il cuore oltre l’ostacolo, molto oltre direi. Durante il confinamento ho letto moltissimo, scegliendo quello che mi piaceva o mi piace o mi ha colpita perché credo che in questo modo la comunicazione funzioni meglio”.
Com’è organizzata la casa editrice?
“Con dodici titoli l’anno, per adesso, seguendo le stagioni, e cercando di fare un lavoro sartoriale anche in termini di grafica con una grande cura, ad esempio, delle copertine che per noi hanno continuità tra la prima di copertina e la quarta, con un’unica immagine. In tal senso vogliamo rivalutare il libro come oggetto.”
In un momento nel quale la presenza del libro per un certo verso si sta dissolvendo. Al contempo siete un’azienda che all’interno ha puntato ai giovani e ai social come Instagram. Una doppia sfida?
“L’ambizione è di attrarre i giovani, ma i giovani di cuore, che possano imparare ad apprezzare e coltivare l’attenzione per i libri, anche nella loro fisicità, cercando di recuperare testi del passato che parlano alle persone di oggi. E perché arrivino ai lettori, ad essere almeno presi in mano dai lettori, è necessaria una comunicazione che non prescinda dallo stile contemporaneo. Non ci poniamo però limiti d’età nell’indirizzarci ai lettori. Abbiamo creato quattro collane, rispettivamente ‘Tramiti’ che si può leggere sia con l’accento tonico sulla a sia sulla prima i, collana di saggistica dedicata alla riscoperta dei miti in chiave moderna; ‘Visionaria’, collana di narrativa e non solo; ‘Corsetti al rogo’, che riunisce narrativa e saggistica al femminile; e ‘Radianze’ rivolta alla spiritualità che per adesso ha in portafoglio Rudolf Steiner e il pittore futurista Luigi Russolo.”
Quali sono i libri del debutto?
“Un inedito Filippo Tommaso Marinetti con Tattilismo e lo splendore geometrico e meccanico e
Ada Negri, con Le solitarie della collana ‘Visionaria’; oltre a
Virginia Tedeschi Treves, con I tips di Cordelia, come sopravvivere al matrimonio per la collana ‘Corsetti al rogo’.”
Perché Ada Negri può parlare alle donne di oggi?
“Innanzi tutto è autrice di un bel libro che ho apprezzato e mi è sembrato il titolo perfetto per celebrare i centocinquant’anni dalla nascita di una donna e scrittrice tra le più influenti della letteratura italiana, nata a Lodi nel 1870 e morta a Milano nel 1945, la prima donna ammessa all’Accademia d’Italia. Autrice di poesie e prosa, negli anni venti sfiorò il Nobel per la letteratura (assegnato invece nel 1926 a Grazia Deledda). E’ un libro di denuncia nel quale però le donne sono sì solitarie ma non sole perché come ebbe a scrivere “non cessano di sentirsi in perfetta armonia con il proprio destino”. Anche se molte storie sono infelici il libro non racconta il fallimento o la resa anche grazie all’amore e alla tenerezza dello sguardo narrante che sembra offrire una spalla. Non a caso l’autrice ha dichiarato di aver sofferto per ognuna e di averle amate tutte. Mi pare che proprio in questa settimana in cui si celebra, il 25 novembre, la giornata della lotta alla violenza contro le donne, sia una testimonianza importante grazie anche alla modernità del suo stile. E’ attuale perché ce n’è ancora bisogno”.
Con Marinetti il mood è totalmente altro. Cosa l’ha colpita e perché riproporlo oggi?
“Si tratta di un inedito prezioso, ritrovato “a colpi di intuito”, per rispondere all’isolamento tattile con irresistibili suggerimenti futuristi, a cento anni dalla conferenza di Marinetti sul Tattilismo al Théâtre de l’Oeuvre di Parigi. Sono due conferenze di cui una del 14 gennaio del 2021, a cento anni di distanza, tuttora attuale e per certi aspetti profetici. In quel caso c’è l’uscita dell’umanità dalla Grande Guerra e il tono di Marinetti è lontano e originale rispetto a quanto conosciamo di lui. E’ un intellettuale sofferente che guarda alla società in crisi, ormai abituata ad indossare maschere con pochi contatti fisici che ha necessità di trovare un nuovo tattilismo. Il libro non è aggressivo e distruttivo nel tono come ci si aspetterebbe da un futurista della prima ora quanto propositivo, tutto concentrato sulla pars construens, che impiega il gioco per uscire dall’impasse e questo atteggiamento è straordinariamente un precursore della Montessori o di Bruno Munari, ad esempio e ci regala una grande lezione anche nella condizione pandemica che stiamo vivendo.
Come ritrovare il contatto con il mondo senza averne paura, senza temerlo o divorarlo? Abbiamo imparato a diffidare, a indossare maschere, a proteggerci, a evitare il nemico. Ma ora, suggerisce Marinetti, bisogna lentamente riprendere a sentire e a rieducare il corpo all’esperienza della novità.”
A cura di Ilaria Guidantoni