La Galleria fiorentina d’arte contemporanea Edoardo Secci, ha riaperto con una mostra su Marco Tirelli curata da Alberto Fiz e la personale Radu Oreian curata da Paolo Pancotto, inaugurata il 23 gennaio scorso.
Con questa duplice esposizione si conferma l’idea della Galleria di ‘farsi in due’, rispettando una duplice vocazione: gli artisti storicizzati e gli emergenti. Nelle prime sale l’artista romano dal lungo curriculum, Marco Tirelli, presenta una serie di opere inedite realizzate durante i mesi del lockdown.
All’ingresso opere nelle quali si avverte forte la fusione tra foto e pittura, con quattro foto stampate su tela e ritoccate con il pennello; una quinta opera, più grande, è un dipinto intelato che con il chiaro scuro crea un effetto a rilievo iperrealista. Nella seconda sala una serie di opere realizzate in tela grezza appese al muro con dei semplici chiodi sulle quali è dipinto un cerchio nero, che diventa grazie all’effetto che questo colore esercita sull’occhio, una sorta di spioncino facendo dialogare la bidimensionalità della tela con l’allusione alla terza dimensione dello spazio. In un crescendo emotivo l’allestimento culmina con un’installazione di 12 tele senza telaio di dimensioni differenti disposte sulla parete. Così pensata, quest’ultima si caratterizza per un parallelismo con il grande progetto che Tirelli realizzò in occasione della Biennale di Venezia del 2013.
!['Frioul' 23x33 cm, oil on…020.jpg](https://bebeez.it/files/2021/02/Frioul-23x33-cm-oil-on…020.jpg)
L’artista ha sempre giocato sulla percezione visiva degli oggetti e il quadrario appunto, con oggetti, senza prospettiva, gli consente di portare all’estremo la raffigurazione dell’oggetto. Tirelli sembra chiedere allo spettatore: è un quadro o una foto ovvero di che materia sono fatti i sogni? Un gioco di sfumature di grigio e nero che dialogano con la contemporaneità antica del Rinascimento dell’ambiente della galleria e gli affreschi colorati del soffitto. Un allestimento sobrio e suggestivo dove la modernità si confronta con la storia nella linea della riflessione sulla prospettiva e il ruolo dell’arte.
La seconda esposizione è dedicata a un giovane rumeno, trentenne, Radu Oreian, per la prima volta ospite in galleria e nella città di Firenze con una personale che include una
![Self-Portrait as a fountain,, 153x113 cm, 2020_detail.jpg](https://bebeez.it/files/2021/02/Self-Portrait-as-a-fountain-153x113-cm-2020_detail-678x1024.jpg)
selezione delle sue ultime opere, curata da Paolo Pancotto della fondazione omonima di Roma che lo aveva ospitato in precedenza. L’artista spazia dai disegni in grafite, ai dipinti ad olio su tela, legno e plexiglass. Nella sua pittura micro e macro, dialogano in una visione dinamica che invita lo spettatore ad avvicinarsi come ad un microscopio. Cambiando posizione la visione si trasforma e si ha l’impressione di una materia vitale in movimento, che ricorda anche il corpo umano. L’artista utilizza una pittura a olio con un effetto fortemente materico, riducendo al minimo il diluente, e rifinendo con il pennello le gocce che vengono così attraversate da filamenti. E’ una tecnica pittorica che dà l’impressione del rilievo e che attinge da modelli antichi che ricordano anche i ricami e l’arte della pittura dell’Europa dell’est e della Boemia. La sua Molecular painting ricorda per certi aspetti la pittura di Bosch, densa di figure che si intrecciano e danno vita ad interpretazioni diverse a seconda della distanza dalla
tela e dall’angolatura dello sguardo. In alcune tele sembrano apparire licheni, in altre la forza del disegno a matita con finiture a pittura, come nell’Autoritratto come una fontana, dove è forte il parallelismo uomo natura. L’artista incoraggia una libera interpretazione della sua pittura, attraverso una lettura dinamica, alla ricerca di particolari nascosti. Interessante il disegno Fichi, che risente di una formazione classica, delle copie dal vero delle grandi nature morte, dove il gusto per il particolare è a tratti estetizzante e a tratti quasi mostruoso, virando verso una deformità vitalistica come in certa pittura fiamminga.
a cura di Ilaria Guidantoni