Alla Galleria dell’Accademia di Firenze, è stata presentata alla stampa la mostra allestita fino al 12 marzo 2023, a cura di Carmelo Malacrino, direttore del MArRC, I Bronzi di Riace un percorso per immagini, fotografie di Luigi Spina, realizzata in collaborazione con il MArRC, Museo Archeologico Nazionale Reggio Calabria, in occasione del Cinquantesimo anno dal loro ritrovamento. L’esposizione, nelle sale per le mostre temporanee al piano terra, è di forte impatto con un allestimento semplice e serrato di queste 16 fotografie di grande formato (90 X 134 cm), su carta fine art sviluppate direttamente dall’autore, appoggiate su una lastra di alluminio con un vetro da museo antiriflesso messo direttamente sulla foto, che crea un effetto cinematografico. Il processo al centro della produzione è quella di ‘umanizzare’ l’opera, ci ha raccontato Luigi Spina, di Santa Maria Capua Vetere che divide la sua vita tra il luogo natìo e Milano, concentrandosi sul corpo, spesso con le teste tagliate, o sui volti senza effetto patinato, con tagli anche spigolosi. L’effetto è di forte contemporaneità, tridimensionale, grazie alle ombre che rendono le figure dinamiche. La fotografia non immortala, non fissa in questo caso ma coglie l’attimo nella sua dinamicità, come in un incedere instabile. Quello che si apprezza è il dettaglio che neppure dal vero si coglie in modo così impressivo. La luce straordinaria che esce fuori dalle immagini avvolte nella penombra risponde all’idea che “nel bronzo si sottrae dove nel marmo si aggiunge”, ha spiegato Spina e per ottenere questo effetto che consente anche alle patinature di rilucere ha costruito una gabbia di luce, cominciando con una luce sola e poi ‘portando’ le altre. Nell’ambito del programma di DAVID 140, che celebra i 140 anni del capolavoro di Michelangelo nella Tribuna del museo – ha racconta Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze – si voluto riunire, anche se solo virtualmente, le sculture degli eroi più belli e potenti dell’arte: le statue emerse dal mare di Riace, restaurate ed esposte per la prima volta proprio a Firenze, e il David, per festeggiare due
compleanni importanti. Un’occasione unica per creare una significativa e proficua collaborazione tra due istituzioni del MiC- Ministero della Cultura.
Protagonista resta certamente il Davi perché il Museo è stato costruito intorno alla sua figura ma nel nuovo allestimento la Galleria consente una valorizzazione personalizzata a tutte le opere. L’effetto visivo tra l’altro del percorso tra i Prigioni e il David di Michelangelo in marmo statuario e le immagini contemporanei di bronzi antichi crea un corto circuito emozionale. Come ha sottolineato il Direttore Malacrino, i Bronzi di Riace a cinquant’anni dalla scoperta pongono ancora domande senza risposta: Chi raffigurano? Perché si trovavano in Calabria? Chi è l’autore? E la storia critica dello studio e delle esposizioni diventa un percorso che si intreccia all’esposizione non solo per gli addetti ai lavori. Tra l’altro ha ricordato come sia stato l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini ad averli voluti lasciare a Riace proprio perché fossero un’opportunità per il territorio in termini di attrattività di turismo, dopo che l’opinione pubblica si era espressa a favore di Firenze e Roma.
Si tratta di due magnifiche statue in bronzo furono scoperte il 16 agosto 1972, durante una battuta di pesca subacquea nei pressi di Riace Marina, a 8 metri di profondità. Dopo un avventuroso recupero, i due guerrieri – due figure maschili nude, convenzionalmente chiamate A e B, oppure il “Giovane” e il “Vecchio”, di dimensioni leggermente superiori al normale – furono trasportati al Museo Nazionale di Reggio Calabria, dove vennero sottoposte a un primo intervento di restauro, affidato successivamente, agli inizi del 1975, al Laboratorio della Soprintendenza Archeologica della Toscana. I Bronzi furono esposti per la prima volta al pubblico nel dicembre del 1980, a Firenze, nel Museo Archeologico, e poi, nel 1981, al palazzo del Quirinale, a Roma. Un evento di grande
risonanza mediatica, che richiamò folle di visitatori da ogni dove. Gli studi hanno consentito di stabilire che le due opere sono riconducibili al secolo d’oro dell’arte greca, databili intorno alla metà del V sec. a.C., esempio di una sapiente e fine tecnica bronzistica, forse realizzate da due maestri diversi ma comunque per una destinazione pubblica.
Le opere sono un tributo alla potenza e alla bellezza iconografica dei Bronzi di Riace, capolavori indiscussi dell’arte greca del V secolo a.C. La sequenza delle immagini, otto più otto, dedicate rispettivamente alla statua A e alla statua B, crea, come spiega Spina, un lento e incessante racconto. “Sottolinea l’epidermide bronzea, diversa per ciascun soggetto, che prende forma, densità e lucentezza, e il chiaroscurale dei corpi si tinge dello spettro multiforme del bronzo che, al variare della luce, mostra superfici corporee che dialogano con l’occhio dell’osservatore.” L’obiettivo del fotografo è quello di far emergere aspetti che non sono solo quelli oggettivamente visibili, ma riguardano nel profondo la nostra cultura.
La mostra è accompagnata da un prezioso volume in tre lingue (italiano, inglese e francese), edito da 5 Continents Editions, nella collana “Tesori Nascosti”, dove le immagini di Spina sono affiancate da una narrazione storica e artistica sulle due statue, con testi di Carmelo Malacrino e Riccardo Di Cesare, archeologo e docente presso l’Università di Foggia, che permette al lettore di immergersi nella storia suggestiva dei Bronzi, tra verità scientifiche e domande rimaste ancora aperte.
Chi è Luigi Spina
I suoi principali campi di ricerca sono gli anfiteatri, il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, le antiche identità culturali, il confronto con la scultura classica, l’ossessiva ricerca sul mare, le cassette dell’archeologo sognatore (Giorgio Buchner). Ha pubblicato oltre 22 libri fotografici di ricerca personale e ha realizzato prestigiose campagne fotografiche per Enti e Musei. Fra i volumi pubblicati, in diverse lingue e distribuiti in tutto il mondo, si citano il progetto sul Foro romano, L’Ora Incerta, Electaphoto (2014); The Buchner Boxes (2014), Le Danzatrici della Villa dei Papiri (2015), Diario Mitico, Cronache visive sulla collezione Farnese (2017), Canova. Quattro tempi (2020), I Confratelli (2020), tutti editi da 5 Continents Editions; Volti di Roma alla Centrale Montemartini, Silvana Editoriale (2019), Sing Sing, il corpo di Pompei (2020), e Bronzi di Riace (2022) tutti con 5 Continents Editions.
Nel 2020 Artribune l’ha insignito del titolo di miglior fotografo dell’anno. Nel 2022 è tra i finalisti del 73mo Premio Michetti per l’Arte Contemporanea e vincitore del primo Digital Michetti.
Tra le istituzioni culturali nelle quali ha esposto si segnalano: Museo Archeologico di Napoli; Musei Capitolini di Roma; Museo Campano di Capua; Galleria San Fedele, Milano; Museo MADRE, Napoli; Palazzo dell’EUR, Roma; Reggia di Caserta; MACRO, Roma; Galerie Patrick Mestdagh, Bruxelles; MIAFAIR Milano; Postermostra, Lisbona, Kranj, Slovenia; Gallery of Fine Art Uzbekistan; MART Rovereto; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
Sue opere sono conservate ed esposte, in permanenza, al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, Roma; Aeroporto di Capodichino, Napoli; Museo Archeologico Nazionale di Napoli; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; Fondazione Michetti, Francavilla al Mare (CH).
a cura di Ilaria Guidantoni