Sceglie la fotografa austriaca, moglie di Arthur Miller e prima fotografa donna ammessa nell’Agenzia Magnum, fondata da Robert Capa e Henri Cartier-Bresson il Museo Diocesano di Milano per la riapertura al pubblico.
La direttrice Nadia Righi, nel presentare la mostra che riunisce 150 immagini, a cura di Marco Minuz, Brigitte Blüml-Kaindl, Kurt Kaindl, prodotta da Suazes, Fotohof e Magnum Photos, realizzata col supporto del Forum austriaco della cultura, col sostegno di Rinascente, media partner IGP Decaux, ha sottolineato che “l’esposizione si inserisce nella programmazione estiva del museo che per il terzo anno sceglie una mostra fotografia e si inserisce nel palinsesto culturale del Comune di Milano, Aria di Cultura e I talenti delle donne.”
La retrospettiva milanese rende omaggio a Inge Morath, nata a Graz nel 1923 e morta a New York nel 2002, su un doppio binario, la sua vita e la sua arte, mettendo l’accento sul suo coraggio e sull’attenzione specifica alle persone con una forte empatia che la spinse a imparare sette lingue, per poter comunicare durante i suoi viaggi, dal tedesco, all’inglese, spagnolo, francese, cinese, russo e rumeno. Morath, riesce, con coraggio e determinazione, ad affermarsi in una disciplina all’epoca prevalentemente maschile, tanto che è costretta ad proporre i suoi primi scatti a diversi editori firmandosi con lo pseudonimo Egni Tharom.
Assunta come traduttrice e ricercatrice dalla Magnum divenne poi fotografa, un percorso lungo e accidentato durante il quale la Morath scoprì la luce, a Venezia durante un suo viaggio, e capì che la macchina fotografica era il suo strumento di indagine della realtà. Arthur Miller nel ricordare la moglie citava soprattutto la sua passione per i viaggi sostenendo che quando Inge vedeva una valigia cominciava a prepararla. I suoi scatti anche se contengono una dimensione descrittiva, sono soprattutto un’indagine profonda e un incontro con l’essere umano anche se privi di compassione e di emotività, secondo la lezione del giornalismo della ‘giusta’ distanza’. In effetti prima di ogni viaggio si preparava leggendo e studiando il paese e soprattutto la cultura dei popoli nonché, quando possibile, applicandosi alla lingua del posto.
In streaming abbiamo seguito la visita con uno dei curatori, Marco Minuz che ci ha accompagnati lungo il doppio binario dell’esposizione, rispettivamente, la vita, una storia da romanzo e la carriera.
Nel 1949, accompagnando un giovane fotografo austriaco come segretaria scopre gradualmente la potenza del mezzo fotografico di cui si innamora nei primi anni Cinquanta. E’ sposata con un giovane giornalista britannico quando si trova a Venezia dove rimane folgorata dalla sua luce e pensa che la Magnum per la quale già lavora potrebbe mandarci un fotografo. Telefona così da una cabina a gettoni in Agenzia dove le risponde Robert Capa, suggerendola di documentare essa stessa la luce di quella città, così inizia il suo nuovo percorso.
La prima sessione è dedicata alla Francia, che occupa una parte importante nella sua storia professionale. Si reca a Parigi nel 1949 dove le si apre una grande esperienza mentre due anni prima era entrata in contatto con i fotografi della Magnum.
La seconda sessione è dedicata alla Spagna, un paese del cuore per Inge anche per la sua conoscenza appropriata della lingua. In questa area, come ha sottolineato il curatore, emerge l’empatia che è anche lo spirito della Magnum secondo un diktat di Capa, “Ama la gente e faglielo capire”.
Segue l’Inghilterra dove troviamo una delle foto più note della Morath, Miss Eveleigh Nash, davanti a Buckingham Palace nel 1953, una donna aristocratica, una foto diretta, non di posa, come nello stile di questa fotografa anche se con un approccio formale che ci restituisce un’immagine ben calibrata con le linee di fuga convergenti. Questa immagine è corredata da un approfondimento con una serie di documenti.
Il viaggio continua in Iran dove nel 1956 viene incaricata da due multinazionali americane di condurre un reportage aziendale. Resterà nel paese dalla grande storia sei mesi, ben oltre quanto programmato, conscia dell’opportunità che ha di fronte. Il curatore ha indicato due foto che rappresentano la sintesi della condizione femminile nel paese e che attraggono l’attenzione della reporter, rispettivamente, due donne che ballano e tre donne velate.
Penultima tappa tra i paesi, la Romania, con il quale ha un legame molto forte e dove conduce una serie di viaggi proprio per conoscere i popoli che vi abitano.
Quindi si apre una sessione sui Manifesti che documentano il suo lavoro.
Ultimo Paese presente in mostra, gli Stati Uniti, importante scoperta anche perché la Magnum aveva una sede a Parigi e l’altra proprio a New York dove si dedica a ritrarre la quotidianità che è l’aspetto che più la interessa. Nel 1960 è incaricata con Cartier-Bresson di svolgere un lavoro per il set cinematografico de Gli spostati, una produzione importante con un cast di eccezione: Marilyn Monroe e Clark Gable; regia di John Huston, sceneggiatura di Arthur Miller che incontra per la prima volta e che era sposato con Marilyn. Il matrimonio era già in crisi; dopo poco Inge lo rincontrerà, inizierà una storia che nel 1962 porterà alle nozze. La Morath si trasferisce così negli Stati Uniti, in una fattoria in campagna a due ore da New York, luogo del quale in mostra ci sono 12 scatti.
Certamente come ha sottolineato Nadia Righi, il Ritratto, che in mostra ha una sezione dedicata, costituisce il cuore del suo lavoro ed è lo specchio del suo coraggio. La Morath infatti, scottata dalla Seconda Guerra Mondiale, sceglie di tenersi al riparo dall’attualità e dal dolore, anche facendo una scelta anti-commerciale. Grazie anche al matrimonio con Arthur Miller, ritrarrà molti scrittori. In mostra al centro della sezione un ritratto di Marilyn nel quale l’attrice non è fissata in una posa studiata, ma colta con uno scatto che vuol essere sì una celebrazione della bellezza della diva, ma anche un’indagine sulla fascinazione della diva.
L’esposizione è visitabile al pubblico a partire da venerdì 19 giugno 2020 fino al 14 settembre dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle 18, con un ingresso serale tutti i giorni dalle 18 alle 22, con la speciale formula mostra+aperitivo al nostro Chiostro Bistrot.
a cura di Ilaria Guidantoni