All’interno del Palazzo Santa Chiara di Catania, monastero storico, il mondo caravaggesco si racconta, fino al 6 ottobre, con opere da collezioni private, alcune provenienti dalla collezione del vicino Castello Ursino, dove sono presenti tra l’altro diverse collezioni come quella dei Biscari, che rappresentano pertanto un’opportunità per svelarsi al pubblico.
Al centro della mostra Caravaggio la verità sulla luce, a cura di Pierluigi Carofano, che firma anche il catalogo, edito dalla Tipografia Italgrafica, Aci Sant’Antonio, Catania – prodotta e organizzata da MetaMorfosi Eventi in collaborazione con Demetra – c’è la luce, quasi una firma nell’innovazione del Caravaggio, che la rese densa nonché strumento di un Realismo ante litteram che fu dirompente, tanto che si parlò di Caravaggismo.
L’allestimento con i suoi velluti scuri e le luci teatrali, ci immerge in un’atmosfera seicentesca che il sottofondo musicale completa. I pannelli chiari ed efficaci scandiscono il viaggio di Michelangelo Merisi, nato a Milano nel 1571, e poi dopo pochi anni trasferitosi con la famiglia a Caravaggio, feudo degli Sforza, dalla sua formazione al nord fino agli ultimi tragici sviluppi.
L’esposizione, patrocinata dal Ministero della Cultura, dalla Presidenza Commissione Cultura della Camera dei Deputati, dall’ARS Assemblea Regionale Siciliana, dalla Regione Siciliana e dalla Città Metropolitana di Catania, che riunisce 37 opere, presenta sei dipinti del Caravaggio, di cui tre autografi, due non firmati e uno, peraltro di una straordinaria modernità e plasticità, solo attribuito, Ragazzo che sbuccia un frutto.
Formatosi con Simone Peterzano, allievo di Tiziano Vecellio, Caravaggio incontra il realismo lombardo e i canoni della Controriforma sul suo percorso, riuscendo a trarne un’ispirazione decisamente originale, soprattutto se si pensa all’affaccio arioso sulla pittura veneta che penseremmo avrebbe suggerito un’altra via.
In mostra a rappresentare il realismo lombardo in particolare il Moretto del quale è esposta Madonna col Bambino e i Santi Giovannino ed Elisabetta, 1540 circa. Interessante il confronto con Ludovico Carracci in mostra tra l’altro con la Conversione di San Paolo, dove i dettami della Controriforma sono evidenti. Ora come in una partitura il dialogo tra il Realismo dei Carracci e quello quasi espressionista, interiore, teatrale di Caravaggio è evidente ed emerge già nell’opera Ragazzo morso da un ramarro. La mostra evidenzia bene anche attraverso le opere di artisti coevi come Jusepe de Ribera, Mattia Presti, gli “Amici e nemici” del Caravaggio, titolo di una sezione, perché le fazioni si fronteggiarono in modo netto. Nel primo gruppo, quello degli amici, vi è certamente il noto e discusso Orazio Gentileschi. Il mondo romano rappresenta d’altronde uno dei poli dell’artista della luce e in particolare la Famiglia Mattei tra i suoi committenti principali nella Capitale come nel caso della Cattura del Cristo, in esposizione. Critiche feroci, invece, le ricevette da Federico Zuccari e Giovanni Baglione che parlarono di un realismo crudele a proposito della pittura del Merisi, come ad esempio emerge nel Cavadenti. Incredibile a questo punto del percorso, come accennato, chiedersi come sia maturata l’evoluzione del Caravaggio rispetto a quell’iniziale formazione lombardo-veneta.
“Il caravaggisimo”, sostiene Pietro Folena, presidente dell’Associazione MetaMorfosi, “è stata una tendenza che ha segnato tutta l’arte del ‘600 e che ha sconvolto ogni canone preesistente. Questa mostra non è semplicemente l’ennesimo tributo alla figura di uno dei più grandi artisti della storia italiana ed europea, ma, soprattutto, un’operazione scientifica che intende portare al pubblico il risultato di una ricerca, svolta dal curatore Pierluigi Carofano e dal comitato scientifico da lui guidato, in cui si evidenzia il clima culturale, sociale, politico, che ha permesso la nascita di un fenomeno tanto ampio e profondo che se fosse accaduto nel Novecento avremmo parlato di ‘movimento artistico’. Caravaggio e i suoi tantissimi seguaci, dall’Italia alla Spagna ai Paesi Bassi, costruirono un nuovo modo di vedere il mondo attraverso gli occhi della pittura”.
L’esposizione si inserisce nell’avvio di una nuova stagione artistica e culturale da parte dell’amministrazione comunale con un progetto di recupero architettonico, quello dell’ex monastero Santa Chiara (in via Castello Ursino 10), negli spazi recuperati alla fruizione pubblica grazie all’intervento di riqualificazione operato con fondi comunitari nei locali dell’ex ufficio anagrafe.
a cura di Ilaria Guidantoni