Manu Alguerò e le sue Seduzioni epslosive, un’esplosione di colore e di energia sono di scena alla Galleria Oblong di Forte dei Marmi, metafora dei fuochi d’artificio di fine estate. La sua Araba Fenice ha in sé l’idea di distruggere per ricostruire, come sottolinea nel testo critico di presentazione Alessandra Quattordio, con quell’apparente noncuranza e quell’ottimismo tipici di chi sa che solo dal nuovo può nascere un messaggio di vita e di rigenerazione.
Manu Alguerò, artista spagnolo, ma anche fashion designer dotato di una visione del mondo aperta a 360 gradi, gli studi negli anni Novanta alla Saint Martin’s School of Art di Londra, crogiuolo di ricerche e di tendenze d’avanguardia, hanno assecondato l’ansia di sperimentazione che lo ha sempre divorato, non esita a far esplodere i colori “sparandoli” letteralmente sulle sue tele: olio, acrilico o pasta metallica.
Sull’esplosione dei colori sulla tela e sulla loro casualità lavora poi con pennelli e direttamente con le dita, mescolandolo colori e polvere da sparo appunto, recuperando la suggestione surrealista catalana, in primis quella di Salvador Dalì.
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“Ma c’è molto di più nei volti e nei corpi che Alguerò strappa alla materia informe: ad esempio, il senso della densità delle cromie terrose tipiche del maestro dell’informale Antoni Tàpies (nato un centinaio di anni fa anch’egli a Barcellona), e il segno afroamericano del graffitista Jean-Michel Basquiat, che, tra primitivismo ed espressionismo cromaticamente acceso, a partire dagli anni Novanta, dopo la sua scomparsa, ha di certo esercitato un profondo influsso sul giovane europeo”, scrive ancora la Quattordio.
In mostra quindici dipinti dai titoli espliciti come “Catalina”, “The Power of Red”, “Behind the Poker Face”, “Groove On I”, “Explosion”, o “Reunion de Amigos” che illustrano gli ultimi sviluppi della ricerca di Alguerò, in parte già presentata nei mesi scorsi sempre presso Oblong, nella sede di Dubai.
Nel pittore catalano si accordano l’urgenza e la violenza incontenibili con la matrice calligrafica che risponde ad un impulso totalmente diverso. Da una parte c’è l’esperienza di un persona colpita fortemente fin dall’adolescenza dall’attività della sua famiglia, titolare di un’impresa di demolizioni; dall’altro quello dell’esteta, capace di trasformare in bellezza anche ciò che appartiene alla più stretta quotidianità. È lui stesso a ricordare come da bambino lo emozionasse intimamente assistere alla deflagrazione che accompagnava l’abbattimento di interi edifici. Dibattuto tra vecchio e nuovo, passato e futuro, Manu Alguerò ha dunque abbracciato la via per attuare la conciliazione degli estremi: cancellare la tradizione, facendo tabula rasa di convenzioni e preconcetti, e seguire la via di una rinascita che apra le porte del domani grazie alla duttilità della materia, violentata e sviscerata nelle sue occulte potenzialità per scommettere su una forma completamente nuova.
a cura di Ilaria Guidantoni