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STREGHERIE Fatti, scandali e verità sulle sovversive della storia al Belvedere della Villa Reale di Monza, una mostra a cura di Luca Scarlini, fino al 26 febbraio 2023, ideata Chiara Spinnato, fondatrice di Vertigo Syndrome, con il patrocinio del Comune di Monza, rende giustizia al senso più pieno della parola “Strega”, dichiarando che in un mondo che apparentemente ha rinunciato a ogni senso del sacro e a molti dei suoi antichi legami con la natura, esiste ancora, oggi come un tempo, una società di donne che si dedica all’occulto e che usa la magia per risolvere i problemi del quotidiano.
L’obiettivo della mostra vuole dunque essere quello di ricostruire una cultura dispersa e oppressa, ma che risorge continuamente, partendo dalle sue origini e raccontandone la storia attraverso una ricerca iconografica rigorosa, che ne attesti tutti gli aspetti, senza atteggiamenti troppo politicamente corretti e accattivanti.
Stampe antiche, da una collezione unica al mondo, con incisori degli ultimi due secoli, come come Dürer, Goya o Delacroix, a fianco di illustratori anonimi dimenticati; cinquecenteschi trattati sul maleficio insieme a manifesti cinematografici originali a tema; e poi amuleti, feticci e altri strumenti rituali, provenienti dall’incredibile Museum of Witchcraft di Boscastle, in Cornovaglia, l’unico museo dedicato a questo tema che per il curatore attiene alla Dea madre e al femminile visionario, che vede una realtà altra, che spesso gira al contrario di quella comune. La mostra il cui allestimento è giocoso senza diventare ricreativo, è focalizzato sull’aspetto femminile che più ha appassionato Luca Scarlini, soggetto che ha studiato maggiormente della dimensione maschile che ritiene al riguardo meno interessante, quella del diavolo o dei negromanti. Nello spirito di Vertigo Syndrome l’esposizione
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vuole avere una dimensione di intrattenimento, sollecitare curiosità anche e soprattutto ai non addetti ai lavori e lasciare un grande spazio ai bambini con laboratori dedicati, uno spazio gioco e in particolare un gioco creato ad hoc, di carte, “Stregherie” appunto. Una storia vecchia e nuova di streghe, tra conoscenze antiche, cerimonie nascoste, sacralità ed erotismo per raccontare una figura di donna rimossa dalla cultura e dalla vita che pure parla anche alla nostra quotidianità e cronaca. Alla domanda “Le streghe son tornate?” Luca Scarlini risponde che non se ne sono mai andate.
Il visitatore inizia la sua visita vivendo su di sé la forte esperienza di un vero processo per stregoneria tenuto da un tribunale medievale del 1539, di grande suggestione e alla fine, uscendo, a ognuno tocca prendere una carta che racconta una storia realmente accaduta, quella di una condanna che per un giorno ognuno porterà dentro di sé. D’altronde sono molti ancora i paesi nei quali la stregoneria è perseguitata, dalla tradizione mitologica fino alla definizione della figura in epoca moderna, attraversando dieci stanze che testimoniano i cambiamenti della storia con un’antologia di circa cento incisioni originali antiche, scelte dal curatore Luca Scarlini all’interno della collezione Guglielmo Invernizzi,
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collezionista di Como, unico nel suo genere in Italia, accanto alla raccolta di manifesti del cinema del lucchese Alessandro Orsucci.
In Ghana vi sono ancora campi di concentramento per le streghe; in Centro Africa sono stati stampati francobolli di caccia alle streghe e nel 2021 in Italia si sono avuto 940 denunce per stregoneria anche se l’accusa non può essere ricevuta dalla polizia; mentre ad esempio nel mondo ottomano le streghe non sono mai state condannate. Ufficialmente l’ultima strega è stata bruciata e poi decapitata nel 1737 in Svizzera. La prima figura letteraria della strega è quella della maga Circe nell’Odissea ma nel mondo greco Medea, titolo della tragedia di Euripide, che poi avrebbe alimentato fino al Novecento tante riscritture, racchiudeva il senso della strega.
All’ingresso troviamo la dea Aradia, figlia di Diana e di Lucifero, legata al culto della luna, opera di un artista contemporaneo anonimo perché chi è legato al culto delle streghe non si mostra per timore. Il Vangelo delle streghe è un libro univo al mondo pubblicato in inglese a New York nel 1890 e solo dieci anni dopo tradotto in italiano anche se parla del culto diffuso nell’Appenino tosco-emiliano dalle parti di Marradi.
La parola e la figura così come noi la conosciamo, diversamente da quanto si possa immaginare, non risale al Medioevo ma al Rinascimento quando dopo alcuni secoli che avevano visto donne importanti, quali Matilde di Canossa, poter incidere sulla società, si ritenne necessario schiacciarle. La Chiesa accettò di buon grado e vide
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nelle streghe il male, il nemico. Si deve al Rinascimento il Malleus Maleficiarum, il più consultato manuale sulla caccia alle streghe, nella pregiata edizione del XVI secolo, dove sono indicati caso per caso i supplizi e le pene da fare soffrire a chi era accusato di stregoneria. Il tema è tuttora scottante malgrado l’ufficialità della libertà di culto.
Così la strega appare vecchia, brutta perché cattiva, licenziosa, donna che si unisce al diavolo, portatrice di una lussuria che non è solo lascivia ma anche perversione, individuando un mondo che gira al contrario per cui ad esempio si cavalca al contrario la scopa che è poi un simbolo fallico.
La strega poi si definisce nel comune sentire attraverso la fiaba che nasce in Italia con Giovanni Basile e poi si diffonde nel Seicento in Francia e consacra la rappresentazione più comune di questa figura.
A fianco delle opere, la mostra presenta una selezione di manifesti, locandine e fotobuste a
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tema maligno, provenienti dalla sterminata collezione di cimeli cinematografici di Alessandro Orsucci, ed una serie di oggetti originali, mai visti in Italia, legati al mondo della stregoneria – antichi calderoni, bacchette, feticci, amuleti e talismani – prestati dal leggendario Museo specializzato in Stregoneria di Boscastle, in Cornovaglia che ci raccontano gli oggetti e i simboli legati al mondo delle streghe, come il balsamo per il corpo, o il tema della metamorfosi, di chi percepisce prima degli altri la natura e la sua alchimia. Inoltre, una sezione di interesse locale, è dedicata al raro romanzo storico La strega di Monza, scritto da Giuseppe Bertoldi da Vicenza nel 1861, proveniente dalla Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza, che racconta le vicende della Matta Tapina, Strega herbaria, che visse nel “Bosco Bello”, selva poi inglobata nel Parco di Monza. La Matta Tapina, racconta la sua visione del mondo dopo la venuta degli spagnoli del XVII secolo, quando lei solcava le contrade col suo carro spargendo terrore tra gli abitanti, che però talvolta erano spinti a vincere la paura e a inoltrarsi nella selva buia dove abitava per chiedere il suo aiuto contro la persecuzione del potere straniero.
Le Stanze delle Streghe
Il percorso, immaginato come un viaggio iniziatico per diventare streghe, è liberamente ispirato al classico di Dario Argento Suspiria così lungo il corridoio del percorso espositivo, che richiama gli asfittici e terrorizzanti ambienti del film, come all’interno del palco di un teatro si aprono dieci stanze, ciascuna delle quali mette in scena un diverso aspetto della vita della strega. Di grande suggestione, l’elemento sonoro, che accompagna il visitatore lungo tutto il tragitto. Voci, sussurri e grida strazianti, evocano antichi rituali e, attraverso le parole della drammaturga Magdalena Barile, danno voce alle streghe stesse, che raccontano le proprie storie, dalla prima vocazione, sino alla piena realizzazione di sé, grazie all’uso della magia con le voci del teatro Elfo Puccini di Milano, con interventi di tre minuti l’uno. Alla fine della visita, giunti nella stanza finale, dopo aver acquisito consapevolezza della vera natura delle streghe e aver scoperto, attraverso di loro, la propria vocazione “per il mestiere”, benefica o malefica che sia, i visitatori saranno pronti a scrivere il loro scongiuro personale nel grande libro delle ombre.
La mostra è accompagnata da un volume di Luca Scarlini, Stregherie, edito da Skira, concepito come un racconto sulla strega, scandito come l’esposizione in dieci capitoli, che ne affrontano tutti gli aspetti di maghe, veggenti, profetesse, pizie, accogliendo anche immagini della mitologia classica, rimanendo sempre decisamente nel mondo femminile e nelle sue rappresentazioni oscure, come il mito della strega propone nei secoli. L’idea è di allontanarsi dal classico catalogo raccogliendo anche testi pro e contro le streghe.
Nelle corti luterane non si apprendevano opere di stregonerie ma si facevano girare come curiosità, fatto che spiega le tavole di piccolo formato di Dürer.
Tra le opere della collezione Guglielmo Invernizzi, spiccano appunto un bulino di Dürer del 1501 raffigurante La strega a rovescio sul caprone; le xilografie del Maestro del Virgilio di Grüninger del 1502; Il giovane principe impara la magia di Hans Burgmair, del 1515, allievo di Dürer che curiosamente mette sullo stesso piano il saggio ebreo, quello cristiano e la strega; e La strega e il palafreniere di Hans Baldung Grien del 1544/45. Interessante un’acquaforte del XVII secolo sempre collezione Invernizzi di Gabriel Ehinger, Saul consulta la pitonessa di Endor, nella stanza dedicata alla Bibbia che dà il prototipo della strega e in questa raffigurazione lo ‘scandalo’ del potere maschile che si inginocchia davanti alla saggezza femminile.
Nelle raffigurazioni esposte si alternano rappresentazioni di fantasia e raffigurazioni di personaggi realmente esistiti come Hille Bobbe di Léoppold Desbrosses, acquaforte del 1876 della collezione Invernizzi, donna che prediceva il futuro e riuscì a sopravvivere nel suo villaggio grazie alla protezione della comunità. Scorrendo le opere si arriva fino alle incisioni moderne di Goya, tratte dalla serie dei capricci nell’edizione del 1886, e alle modernissime acqueforti di Joseph Apoux sulle streghe di Notre Dame del 1888, per finire con la litografia a colori di Leonor Fini rappresentante una strega a cavallo della mitica scopa, opera della fine del ‘900.
Tra i tanti oggetti la Cintura della sposa del Centro Africa intreccio di paglia e capelli umani per garantire la solidità della coppia o anche un Vomere con una corda e quattro nodi sciogliendo i quali si propizierebbe il raccolto.
La mostra Stregherie si completa con una sezione separata legata al contemporaneo che racchiude sei illustrazioni originali inedite della fiorentina Gloria Pizzilli, che è anche una delle immagini dell’esposizioni. Con uno stile tra il burlesque francese e le donne di Klimt le streghe di Gloria Pizzilli sono terrificanti, nude e bellissime, con curve che sembrano abbracci, ma con una atrocità talmente palpabile e aggressiva da aver richiesto una sezione chiusa per non urtare la sensibilità dei visitatori meno preparati. Le sue immagini sono la risposta al tema libero che l’organizzazione le ha dato di rappresentare cosa fosse per lei la strega e le sue opere inedite saranno pubblicate su un piccolo volume edito da Vertigo Syndrome e in 6 stampe d’arte firmate vendute in edizione limitata esclusivamente nel bookshop della mostra. L’autrice ha lavorato sull’evocazione della paura. La Pizzilli si è chiesta da che parte stare, se fosse la strega, se ci credesse. Il punto di partenza è stato quello dell’accusa la peggiore delle quali nel caso delle streghe è l’infanticidio; poi la sessualità diabolica (con il bacio dell’ano del diavolo); ma anche la paura della vecchiaia disprezzata nel mondo contemporaneo, la paura che essa evoca, insieme alla paura del potere e della manipolazione da parte di una saggezza inafferrabile. In qualche modo l’artista ha cercato la donna dietro la strega.
Questa mostra che si conclude con l’illustrazione della morte della strega, proprio con questa ricerca, ha suggerito a Invernizzi una nuova esposizione che potrebbe essere il prossimo progetto anche alla Villa Reale, quello delle Danze macabre che in parte ha già realizzato ad esempio nella Chiesa di Santa Croce a Firenze in anni passati, tema che affonda le proprie radici nella seconda metà del Quattrocento con l’emergere dell’uguaglianza degli uomini di fronte alla morte e che ha avuto varie vicende, con una grande fioritura, soprattutto in Germania e nei Paesi Bassi dopo il 1915.
a cura di Ilaria Guidantoni