Eccezionalmente per gli ultimi due episodi, Avamposti – Dispacci dal confine la docu-serie che racconta la quotidianità delle Stazioni dell’Arma dei Carabinieri si sposta al prime time della domenica: il primo appuntamento domenica scorsa alle 21.45 sul NOVE con la quarta e penultima puntata ambientata a Milano, precisamente nel cosiddetto Bosco di Rogoredo, la più grande piazza di spaccio a cielo aperto del nord Italia; l’ultima, che Bebeez ha visto in anteprima per voi, stessa ora e stesso canale il 27 settembre. Anche queste storie, firmate da Claudio Camarca e realizzate da Clipper Media in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, è sempre disponibile in anteprima su Dplay Plus.
Nella puntata di domenica 20, il racconto segue le attività messe in atto dai Carabinieri della Stazione Rogoredo e della Compagnia di Porta Monforte all’interno del tristemente famoso “boschetto” di Rogoredo e le attività quotidiane che portano i militari a conoscere gli inferni personali di un’umanità schiava delle sostanze stupefacenti.
Da pochi anni qui si fermano i treni ad alta velocità e hanno trovato insediamento aziende con 3mila addetti così Rogoredo avrebbe dovuto cominciare la vita della Milano moderna ma la malavita l’ha resa un quartiere degradato soprattutto per il problema dell’eroina.
Come ormai ci ha abituati Camarca in luce, al di là della cronaca e della tecnicalità delle indagini, l’umanità delle forze dell’ordine che si commuovono quando magari incontrano ragazzi che cominciano a frequentare il boschetto per un esame andato male: ragazzi che potrebbero essere un figlio, un fratello o ragazzi della stessa età in cui specchiarsi. Il quartiere si presenta ampio con molte vie di fuga e questo rende particolarmente complessa l’attività anche perché il rapporto con i ‘tossici’ spesso armati non è certo semplice. Ora il tossico è considerato un malato primariamente e solo secondariamente un delinquente o un delinquente in nuce, in prospettiva, da recuperare prima che sia troppo tardi. Questo spinge i Carabinieri ad intervenire per cercare di prendere chi spaccia: Rogoredo è dispaccio dei nord africani, anche se a capo di tutto c’è sempre una famiglia appartenente alla ‘ndrangheta, in particolare la manovalanza marocchina perché quella più a basso costo che si adatta a qualsiasi condizione di vita, pur di guadagnare qualcosa. La zona, ad alta criminalità, presenta tra le altre specificità i furti di auto, i furti in appartamenti, casi di violenze gratuite e truffa a danno degli anziani. Altro problema è rappresentato dalla presenza dei campi nomadi nei quali si effettuano controlli sulle cosiddette comunità di camminanti, in generale, procedendo alla verifica dei documenti, permessi di soggiorno, occupazione abusiva e in particolare, la valutazione delle condizioni dei bambini. Un altro fenomeno che preoccupa è quello i ragazzi ubriachi al volante che ruotano soprattutto negli orari notturni intorno ad una discoteca frequentata da giovani tra i 18 e i 24 anni. In questo caso l’obiettivo è prevenire incidenti stradali e soprattutto prevenire le morti per guida in stato di ebbrezza. In questo caso le sanzioni possono essere amministrative che consentono ad esempio l’uso del mezzo a chi è fermato in difetto per motivi esclusivamente professionali quindi negli orari compatibili con il contratto di lavoro fino alla sanzione penale. Quello che i Carabinieri cercano di fare è lavorare nella massima sicurezza raccomando agli agenti di indossare indumenti ad alta visibilità, senza procedere ad inseguimenti folli che in città non hanno senso. Nel caso in cui la persona seguita fugga si prende la targa e si fanno indagini.
Al centro della attività nel quartiere resta comunque la lotta al traffico di stupefacenti con una comunità di oltre 700 acquirenti al giorno e, sapendo che una dose può costare meno di 5 euro, è evidente che il mercato si amplia e coinvolge anche i giovanissimi. Nel quartiere il giro di affari degli stupefacenti circa 6 milioni e mezzo di euro l’anno e nel 2019 l’Arma ha proceduto ad un sequestro di 55 kg di sostanze, per un valore di circa 700mila euro; e 286 arresti di cui 142 ai domiciliari.
Sullo sfondo resta il dramma umano delle stesse Forze dell’Ordine che vivono sulla propria pelle il fallimento delle vite altrui come nel caso si un suicidio, un’altra delle situazioni nelle quali sono chiamati ad intervenire, mettendo a dura prova l’aspetto emotivo dell’agente. Emerge, come nelle altre puntate, il fatto troppo spesso trascurato del ruolo di accompagnamento delle Forze dell’Ordine sul territorio per le quali i cittadini sono e comunque devono essere tutti uguali, con la sola distinzione tra onesti e delinquenti, dove il tema non è solo perseguitare e punire i delinquenti ma recuperarli se possibili e fare un’opera di prevenzione che è anche sulla persona oltre che sul danno che arreca.
Interessanti dal punto di vista cinematografico le riprese, quasi tutte in notturno, con inquadramenti dall’alto, anche con proiezioni tecniche e poi con i primi piani sui volti, mentre le uniche immagini alla luce del sole, ‘belle’ sono quasi esclusivamente panoramiche di ampio respiro sul quartiere dove il dialogo tra il verde e le nuove costruzioni, assumono il significato di una speranza, più forte che nelle altre puntate: un quartiere moderno, degradato nell’anima ma non nel corpo che si proietta su uno sky line di architetture di qualità, attraversato dall’alta velocità. In realtà le operazioni hanno realizzato una bonifica e il riscatto della zona anche se probabilmente temporanei come si evince dalla battuta finale della puntata “E’ una guerra. L’abbiamo vinta. Speriamo che duri” la pace (ndr).
Non proprio lo stesso successo ha interessato I ragazzi dello Zen di Palermo che chiude il ciclo e ci porta in un quartiere che nasce nel 1969 su progetto dell’architetto Gregotti che per la sua conformazione favorisce la promiscuità, urbanisticamente favorisce l’impedimento al controllo delle forze dell’ordine. Questa porzione di urbanistica è costituita infatti da ‘filari’ di case popolari che diventano un univo grande edificio con vie parallele, molte delle quali ad alto scorrimento, consentendo a chi fugge di immettersi facilmente in una strada a percorrenza veloce, facendo perdere le proprie tracce. La criminalità locale è una vera e propria epidemia favorita dalla grave indigenza economica. Proprio per questa penuria di mezzi uno dei reati importanti è il furto di energia elettrica. Lo Zen è un’enclave quasi autarchica tanto che per anni spesso ci sono persone che non escono dal quartiere, un territorio dove è facile per pochi spiccioli reclutare manodopera da impiegare nelle piazze di spaccio.
L’operazione a largo raggio comincia dalla sicurezza stradale, con l’obiettivo di distrarre le vedette attraverso le pattuglie in modo da lasciar agire le pattuglie in borghese. Come i Carabinieri escono infatti nel quartiere comincia una ronda di moto che controlla i Carabinieri e avvisa gli amici. Pertanto la prudenza dev’essere massima perché i vertici hanno l’obbligo di tutelare l’incolumità dei ragazzi evitando gesti eroici quanto avventati che possono mettere in pericolo anche i compagni. Se c’è l’esercito schierato – bastano due macchine per un controllo – tutti spariscono. Quindi occorre evitare di mettere in piedi posti di blocco procedendo a controlli ad persona, un’operazione più lenta e rischiosa. Il ciclomotore resta l’obiettivo principale dei Carabinieri perché è il mezzo preferito dalle vedette.
Fino al 2010 il quartiere era quasi inaccessibile. Realizzare una stazione, San Filippo Neri, nel quartiere è stata una svolta. In Italia i Carabinieri abitano dove lavorano e questo rappresenta un vantaggio per la conoscenza del territorio è molto articolata. Ora lo spaccio è in mezzo alle abitazioni di fronte agli occhi di tutti, tanto che una coltivazione è stata messa in piedi perfino di fronte alla Stazione dei Carabinieri e questo la dice lunga sulla spavalderia del luogo.
Questa puntata sembra coinvolgere più direttamente lo spettatore, forse perché in quelle precedente ha fatto palestra ed è pronto a partire, almeno virtualmente. Cominciamo così insieme l’operazione “Take&Go”. La droga è un fiume sotterraneo che attraversa Palermo e per svuotarlo bisogna stare in allerta dando peso a qualsiasi dettaglio perché allo Zen nulla succede per caso. Anche chi sembra che stia prendendo il fresco della sera non è fuori per caso.
Allo Zen di Palermo il giro di affari della droga è pari a un milione e mezzo di euro e nel 2019 i Carabinieri della Stazione San Lorenzo hanno sequestrato 38 kg di sostanze portando a termine 419 arresti; mentre 447 pregiudicati sono stati sottoposti agli arresti domiciliari; solo che le persone denunciate e rimaste in libertà ad oggi sono 1835.
La battaglia continua e la guerra non è ancora vinta. Al regista e alla disponibilità dei Carabinieri va il merito di andare là dove altri non osano anche in termini di comunicazione. Un’operazione preziosa che consente anche al cittadino comune di conoscere alcuni risvolti e apprezzare criticamente maggiormente il lavoro degli uomini sul territorio.
A cura di Ilaria Guidantoni