Immortale figura del mito classico, Orfeo accoglie i visitatori dall’alto di un piedistallo nel cortile di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze. Accanto a lui Cerbero lo guarda incantato, ammansito dalla sua musica. Il gruppo scultoreo di Baccio Bandinelli apre il sipario sulla mostra che da questa opera prende avvio.
La mostra L’incanto di Orfeo, a cura di Sergio Risaliti, direttore del Museo del Novecento, e di Valentina Zucchi, responsabile scientifico di Palazzo Medici Riccardi, promossa da Città Metropolitana di Firenze e organizzata da MUS.E, fino all’8 settembre vedrà Palazzo Medici Riccardi ospitare circa 60 opere d’arte.
Orfeo, personaggio della mitologia greca, è l’artista per eccellenza e dell’arte incarna i valori eterni, eroe e sciamano che incanta le fiere e compie un viaggio del corpo e dell’anima nel regno dei morti. E’ il mito che attraversa il tempo e ci accompagna, toccando le corde più umane: dolore e coraggio, viaggio e pericolo, amore e perdita, desiderio e paura.
Ma Orfeo è anche un inno all’arte che supera ogni ostacolo e resistenza e quando canta, accompagnato dalla sua cetra, ammalia uomini, animali e cose, alberi e acque e perfino le Sirene.
E’ quanto avviene ammirando le opere esposte, circa 60 come detto, dalla classicità al contemporaneo, che ci seducono mentre seguiamo la storia e le storie.
Tutti hanno parlato di Orfeo, lo hanno amato e celebrato nei Sonetti di Rainer Maria Rilke, nella canzone del cantautore Roberto Vecchioni dedicata a Euridice, nei lavori del regista Jean Cocteau, che gli dedica un’opera teatrale e due film (in mostra c’è la proiezione di Orfeo) e nella musica, tanta musica, di Monteverdi, Gluck e Stravinskij che nel 1947 compone uno struggente Orfeo affiancato dal coreografo George Balanchine.
E poi c’è la pittura che lo ha ritratto e immortalato, con Euridice, da solo, dilaniato dalle Baccanti: Tiziano e Rembrandt, Delacroix e Moreau, Feuerbach, De Chirico e Savinio, Twombly, Martini e Melotti e molti altri ancora che hanno ceduto al suo magnetismo e con le loro opere hanno testimoniato le molteplici rinascite di Orfeo e arricchito una preziosa esposizione.
I dipinti, le sculture, i disegni, i manoscritti e le installazioni sono giunti in grande parte dal mondo italiano ed europeo: Uffizi, Louvre, Mart, Belvedere di Vienna, Mann e Palazzo Reale di Napoli, Museo di San Marco; e lo splendido rilievo marmoreo neoattico con Orfeo, Euridice ed Hermes giunge dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Senza dimenticare il libretto del melodramma Euridice di Ottavio Rinuccini, esposto in mostra, musicato da Jacopo Peri e Giulio Caccini, messo in scena per la prima volta a Palazzo Pitti nel 1600 in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio di Maria de’Medici ed Enrico IV di Francia. I critici ravvisano in queste forme di poemi cantati la nascita dell’opera lirica che culminerà nell’Orfeo di Gluck nel Settecento.
Le opere dialogano tra loro, l’antico con il moderno, perché Orfeo ispira il viaggio nel tempo.
Virgilio e Ovidio, Platone, Ficino e Pico della Mirandola, tutti hanno parlato della storia che conosciamo intessuta di amore e morte, ombre e divieti, passione, perdita incolmabile e disperazione immensa.
Orfeo non muore ma continua a rinascere grazie alla attenzione e agli studi che gli vengono dedicati nel Settecento e ancora nel Romanticismo quando si guarda agli aspetti sublimi dell’amore tra Orfeo ed Euridice, tenebrosi quando discende nell’Ade, violenti quando le Baccanti lo dilaniano. E prima di allora in età rinascimentale nella cerchia dei Medici, quando Cosimo volle farsi ritrarre dal Bronzino nelle vesti di Orfeo, cioè come portatore di pace e di armonia nel mondo. E infine nella Parigi del XX secolo, negli anni delle avanguardie, l’interesse circonda ancora una volta il personaggio facendo rinascere Orfismo ed Ermetismo.
Le arti tutte, musica, poesia, letteratura, hanno fatto sì che l’incanto di Orfeo continui a vivere e a ripetersi.
Emblema del potere delle arti, uomo, icona e mito fatto di desideri, debolezze, follie e fallimento, Orfeo vive perché è un archetipo e non può morire.
a cura di Daniela di Monaco