3D Produzioni e Nexo Digital, in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia, presentano NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE, il film evento con la partecipazione straordinaria di JEREMY IRONS. La narrazione è avvincente con un buon equilibrio tra finzione e ricostruzione, parte narrativa ed emozionale e didascalica. Jeremy Irons è certamente attore di questa riuscita regia che sa intrecciare bene parte storica, culturale, suggestione e racconto dell’uomo Napoleone, anzi Bonaparte, figlio di avvocato corso di provincia che studia in italiano e in Francia all’inizio viene preso in giro per il suo francese quando entra in una scuola per nobili non abbienti. Il suggello del film con il Te Deum di Francesco Pollini compositore e allievo di Mozart suonato per l’incoronazione di Sovrano d’Italia a Milano e poi creduto perso e ritrovato proprio in città e le parole di Irons, “we can”, segnano lo spirito del film. Napoleone nel bene e nel
male è stato un amante dell’arte che ha promosso, finanziato e spesso saccheggiato, anche se si considerava un matematico, credendo nel potere dei numeri. Inoltre come l’espressione inglese oggi ritenuta simbolica nelle democrazie occidentali, ci racconta la possibilità di un ragazzo qualunque di diventare un uomo colto, un generale, un Imperatore, come anche di perdere tutto, sbagliando perfino la strategia della resa. Nella disfatta si consegnò agli inglesi pensando che forse gli avrebbero un buon ritiro nella loro campagna o un passaporto per l’America mentre
lo spedirono in un’isola inospitale, dalla quale era impossibile fuggire, umida, dove il verde era soprattutto un gorgo boscoso sulla bocca di crateri vulcanici, infestata da topi, termiti e scarafaggi, umida, tanto che il Sovrano si ammalò. Morì per un tumore allo stomaco come il padre o forse, secondo alcuni critici, per avvelenamento.
Emerge la figura di un personaggio ambizioso ma che non voleva sembrare prepotente, non dittatoriale anche se manipolatore delle masse,
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con una grande abilità e fiducia nel potere della comunicazione e delle diverse forse di espressione, quella per il ceto alto e colto, l’iconografia artistica, e le immagini per il popolo della serie di Épinal. Infine la concezione moderna dell’arte che Napoleone introduce e che non è banale perché riesce ad attualizzare il mecenatismo dell’arte classica, del Rinascimento e per certi aspetti della Roma dei Papi in una chiave democratica, tutt’altro che scontato. In tal senso l’Accademia di Brera è stata il primo museo di arte contemporanea sul modello del Louvre. Napoleone tra l’altro è stato un esempio, per certi
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discutibile, di stile, eclettico nell’abbigliamento e negli arredi – con il cosiddetto ‘stile impero’ – come ad esempio l’introduzione del verde nell’abbigliamento, basti pensare al suo celebre mantello verde per il giorno dell’Incoronazione, restaurato dall’Opificio delle pietre dure di Firenze.
D’altronde, durante “l’angosciosa deriva di Sant’Elena”, prima della morte, Napoleone pensava – leggiamo nelle memorie – che i posteri lo avrebbero ammirato non solo per le battaglie, ma per avere portato al popolo cultura e bellezza, creando la scuola pubblica e l’idea moderna di museo universale. È a partire da questo aspetto della sua esistenza che nasce Napoleone nel nome dell’arte, un documentario con la guida eccezionale del Premio Oscar Jeremy Irons, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia e in arrivo nelle sale italiane solo l’8, 9, 10 novembre. Su soggetto di Didi Gnocchi, che firma la sceneggiatura con Matteo Moneta, NAPOLEONE. NEL NOME DELL’ARTE è diretto da Giovanni Piscaglia e propone la colonna sonora originale del compositore e pianista Remo Anzovino.
Punto di partenza del film è l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia nel Duomo di Milano il 26 maggio 1805: un momento che sottolinea lo stringente legame col mondo greco-romano, con quello rinascimentale e persino con l’eredità longobarda, rappresentata dalla Corona Ferrea che Napoleone volle indossare al culmine della cerimonia. Inoltre, per la prima volta dopo 200 anni, è stato fatto trascrivere, orchestrare ed eseguire in Duomo il Te Deum, sopra citato composto e suonato ad hoc per l’incoronazione. Il manoscritto, facente parte delle musiche della corte napoleonica conservate in San Gottardo in Corte, è stato rinvenuto nella Biblioteca del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano grazie a una ricerca condotta dal Centro documentazione Residenze reali lombarde, studiato da Licia Sirch e appositamente trascritto. Nel film lo vediamo eseguito in prova generale presso la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e poi nella cattedrale di Milano dall’Orchestra Fondazione “I Pomeriggi Musicali”, diretta da Marco Pace, con il mezzosoprano Giuseppina Bridelli. Per l’occasione si segue anche il restauro del manto indossato quel giorno da Napoleone e degli oggetti cerimoniali che lo accompagnavano, preziosa opera di recupero legata al progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo.
Milano, scelta come prima capitale del regno d’Italia, città di forti simpatie napoleoniche, è luogo fondamentale del film e se ne riconoscono molti luoghi. Dalla Biblioteca Nazionale Braidense – con il manoscritto autografo de Il cinque maggio di Manzoni e i volumi della Description de l’Egypte– alla Pinacoteca di Brera, uno dei fulcri della narrazione sulla quale il film sottolinea la cultura e l’attenzione napoleonica che grazie ad una capacità di stampa riesce a stampare anche in arabo e mostra di conoscere molte usanze del mondo musulmano. Si deve in qualche modo proprio a Napoleone la riscoperta della cultura egiziana. Se infatti, a partire dalla campagna d’Italia, la penisola fu oggetto di meticolose spoliazioni di opere d’arte, è vero che con Brera venne fondato il primo “museo universale” italiano, un “piccolo Louvre” dove converge il meglio della produzione italiana. Se Milano fu centro di ricezione e smistamento di opere, Roma fu certamente luogo privilegiato di “estrazione”, nonché portale attraverso cui riconnettersi ai miti di Alessandro Magno, Augusto e Adriano. Dal Museo Pio Clementino e dai Musei Capitolini, il film racconta l’odissea delle opere partite per Parigi e tornate a casa, in silenzio, di notte, nel 1816, grazie all’impegno di Antonio Canova. Fin dalla sua Incoronazione Napoleone corteggia questo artista del quale ammira la capacità di trattare il modello classico con grande sensualità.
Con gli interventi di Luigi Mascilli Migliorini, Storico, Università di Napoli e Direttore della rivista italiana di studi napoleonici; Salvatore Settis, Archeologo, storico dell’arte e Presidente del Consiglio Scientifico del Louvre; James Bradburne, Direttore Pinacoteca di Brera; Ilaria Sgarbozza, Storica dell’arte; Ernesto Ferrero, Scrittore, autore del romanzo “N”, premio Strega 2000; Cynthia Saltzman, Storica dell’arte e scrittrice; Jean-Luc Martinez, Presidente-Direttore Museo del Louvre; Assem el-Dessouki, Storico dell’Egitto Moderno; Aude Semat, Dipartimento di Arte Egizia, Metropolitan Museum, New York; Alberto Antonio Banti, Storico, Università di Pisa; Charles Bonaparte, ultimo discendente della famiglia Bonaparte; Peter Hicks, Storico, Fondation Napoléon; Chantal Prévot, Storica, Fondation Napoleon; Christophe Beyeler, Conservatore capo Musée Napoléon Ier, Fontainebleau; Marco Pupillo, Curatore Museo Napoleonico di Roma; Marco Belpoliti, Scrittore; Lucia Miazzo, Restauratrice; Vittorio Lingiardi, Psicoanalista; Benedetto Luigi Compagnoni, Direttore Archivio di Stato Milano; Adriàn Almoguera, Storico dell’architettura; Giuseppe Massimo Battaglini, Storico.
La colonna sonora del film è uscita in tutto il mondo venerdì 5 novembre 2021 per Sony Classical e segna la settima collaborazione di Remo Anzovino con il progetto Nexo Soundtracks di Nexo Digital. Per l’autunno 2021 la Grande Arte al Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital.
A cura di Ilaria Guidantoni