Al Palazzo del Podestà di Montevarchi, in provincia di Arezzo, ha riaperto la mostra personale dedicata a a , capolavori tra le due guerre, curata dal professor Giovanni Faccenda che ci ha accompagnati nella visita. L’esposizione, che è stata prorogata fino al 6 giugno prossimo, gode di un allestimento che valorizza pienamente le opere del Maestro, pensando allo sguardo dinamico del visitatore che attraversa le sale con un’illuminazione eccellente in grado di mettere in risalto la maestria dei disegni dell’artista, esposti al primo piano e dei toni cupi che raccolgono luce dei dipinti del piano terra.
All’ingresso del Palazzo, che è stato ristrutturato con grande leggerezza, 5 delle 10 foto realizzate da un fotografo sconosciuto, ma evidentemente amico dell’artista che non amava farsi fotografare e che raramente sorrideva.
Le immagini sono di proprietà del Curatore che sempre al piano terra ha ricostruito un’ambientazione tridimensionale che prosegue uno dei quadri di Rosai, come una vetrina che si apre sulla strada.
La visita, su consiglio dello stesso Curatore, inizia al primo piano dove cominciava idealmente Ottone Rosai: dal disegno. Una mano più che felice che nei ritratti coglieva l’anima della persone, prima e più dei tratti somatici, fissando quelle linee con caffè o vino, per dare una patina anticata ai fogli di un album da disegno. Il viaggio parte da un disegno, Studio per follie estive (del 1918) che si ispira all’ultimo futurismo per poi continuare con un ritorno all’antico, un’evocazione che ricorda soprattutto i maestri senesi e in particolare Masaccio, maestro ideale di Rosai.
I lavori ritraggono la ‘povera gente’, quella del quartiere d’Oltrarno, a Firenze, giocatori di toppa, vecchi, musici e anche molte figure femminili, a cominciare dalla moglie Francesca, figura poco trattata dalla critica che ebbe invece una grande importanza nella vita dell’artista. Firenze, il Chianti e soprattutto le persone in una corrispondenza senza interruzione tra paesaggio costruito, natura e umanità, ricca di allusioni come la strada curva che si nasconde all’orizzonte e che ci invita a riflettere sull’inaspettato della vita, nel futuro immediato, quello che accade tra pochi minuti, a portata del nostro sguardo, nascosto dietro l’angolo. Il percorso mostra le sofferenze di un uomo che non a caso il Curatore ha messo in evidenza nella scelta dell’opera con la quale si concludono le due sezioni, rispettivamente, Un uomo finito del 1939 nella sezione dei disegni e un tramonto nella parte dedicata ai dipinti.
Forse Firenze è stata ingrata a Ottone Rosai e l’Italia lo ha capito poco, ma molti intellettuali lo hanno amato, dal grande poeta Mario Luzi, a Michelangelo Antonioni, il regista che dichiarò, ci ha raccontato Giovanni Faccenda, che la sua poetica dell’incomunicabilità è nata ispirandosi ai dipinti di Rosai; così Charlie Chaplin e Renato Guttuso lo amarono, ma anche Giorgio De Chirico lo ritenne uno dei più grandi disegnatori del Novecento; e perfino l’artista Georg Baselitz scelse di fare le figure capovolte per onorare Rosai e infine Francis Bacon, un nome di primo piano a livello internazionale che fu estasiato dai nudi del grande Toscano.
Faccenda ha raccontato in anteprima a BeBeez del progetto in essere con la Tate Gallery di Londra di una mostra che mette in dialogo Rosai con Bacon. Ci candidiamo per una visita speciale.
a cura di Ilaria Guidantoni