Il mercato delle opere moderne da sempre è stato caratterizzato da distorsioni informative e da una realtà falsata che i vari portatori di interessi, spesso speculativi, hanno generato e continuano a generare.
E’ il caso di Paul Gauguin, uno dei principali artisti Post-Impressionisti, il valore delle cui opere ha solleticato e solletica gli appetiti di tanti che agiscono a prescindere dalle effettive informazioni disponibili e non curanti della realtà produttiva e commerciale dell’artista negli anni in cui era in vita, del mercato delle sue opere negli anni subito successivi alla sua morte e di quanto poi sia stato “catalogato” in modo parziale da chi si è voluto arrogare il diritto di rappresentare l’unica conoscenza della sua produzione artistica.
Occorre soprattutto considerare che le distorsioni informative nascono anche dal fatto che le informazioni sulla commercializzazione delle opere degli Impressionisti e Post-Impressionisti non possono essere in nessun modo “totalmente” conosciute perché numerosi furono i mercanti e galleristi non noti che si adoperarono per la vendita delle opere di tali artisti e molti di questi mercanti e galleristi scomparvero, insieme ai loro archivi, a cavallo delle due guerre mondiali e dopo la seconda guerra mondiale.
Nelle informazioni che seguono daremo una rappresentazione di quanto accennato sopra attraverso la presentazione, autorizzata e approvata dalla proprietà, per la prima volta al pubblico di un dipinto inedito con soggetto tahitiano di Paul Gauguin, conservato all’interno di una collezione privata e mai sottoposto a una pubblica visione.
Nella presentazione di questo dipinto ometteremo volutamente di fornire informazioni riguardo l’attuale e le precedenti proprietà e forniremo solo alcune informazioni inerenti le caratteristiche tecniche e artistiche del dipinto e la sua provenienza artistica, storica e commerciale.
La storia del dipinto Beautes a Tahiti-Source sur la mer (Bellezze a Tahiti-Sorgente sul Mare) inizia nel 1893 con il ritorno di Gauguin a Parigi dopo il suo primo soggiorno a Tahiti e proprio nel suo studio di Rue Vercingetorix, dove ogni giovedì riuniva artisti di varie espressioni tra cui anche letterati come August Strindberg (1849/1912), famoso anche come pittore.
Il dipinto, firmato P. Gauguin, in basso a sinistra, è infatti un’importante ed emblematica opera del pittore francese che lo realizzò presumibilmente durante il suo primo periodo di permanenza nella Polinesia Francese che si protrasse dall’aprile del 1891 al giugno del 1893.
Il dipinto è stato realizzato da Paul Gauguin su tela parisienne (probabilmente già “preparata” con fondo bianco), un tipo di tessuto per pittori, tra le molte tipologie specifiche, in uso in Francia nel periodo di fine XIX Secolo e inizio del Ventesimo.
E’ entrato sul mercato probabilmente già con le prime mostre organizzate da Georges e Joseph Durand Ruel, esposizioni che non ebbero molto successo commerciale, volute dal pittore per costituire dei fondi per le sue esigenze e per organizzare il proprio rientro in Polinesia che avverrà poi nel luglio 1895: non farà mai più ritorno in Europa.
Il timbro a inchiostro leggibile sul retro H Gairard (sopra)-Objects d’Art (al centro)-Paris 54[A]E” (sotto) riporta a un mercante e/o fabbricatore di tele sito nel Quartiere Latino parigino, quello dei pittori appunto, dove abbondavano negozi più o meno grandi di forniture per artisti i cui titolari spesso erano amici, ed anche mecenati, dei pittori: era così che caratterizzavano le proprie forniture.
A questo proposito basti ricordare tra gli altri negozianti come Thasset et Lothe, Alfred Binant, Constant Lepoutre, quest’ultimo poi ritratto da Amedeo Modigliani, Julien Tanguy, il Perè Tanguy ritratto da Van Gogh, che accettava in pagamento le opere degli artisti, dato che non avevano altro con cui pagare (alla sua scomparsa, nel 1894, furono venduti all’asta per pochi franchi molti dipinti trovati nel suo negozio tra cui anche alcuni a firma Gauguin).
Gauguin, al pari dei suoi colleghi, non aveva molti mezzi finanziari e quindi di solito, e specialmente durante il soggiorno in Polinesia, poiché intelaiare aveva un costo di circa 5 franchi a dipinto e poiché a volte l’operazione andava rifatta quando i colori si asciugavano, spediva le tele arrotolate per ridurre i costi: arrotolare le tele produceva alcuni problemi nella pittura e per questo motivo spesso venivano effettuati dei ritocchi da “altri” in un secondo tempo, soprattutto se il viaggio era lungo come quello che seguivano le opere di Gauguin dalla Polinesia alla Francia.
Al momento del completamento i quadri non venivano dotati di cornice, dato il prezzo elevato, e spesso la stessa era fatta con semplici listelli in legno a volte dipinti con vari colori (Gauguin apprezzava il bianco a questo fine) e così arrivavano anche alle Esposizioni.
Solo i mercanti più affermati, come Paul Durand Ruel e i suoi più famosi colleghi, e poi naturalmente i collezionisti più facoltosi, come i russi Sergej Scukin (aveva 15 opere di Gauguin nella sala da pranzo della sua residenza moscovita di Palazzo Trubetzkoy) e Ivan Morozov tra gli altri, li dotavano di cornici che per la prevalenza seguivano il gusto Rococò, fiorito nel Regno di Francia sotto Luigi XV, per l’intaglio e la doratura come è appunto questa del dipinto descritto che ben si accordava con l’arredamento in voga al tempo.
Il mercante d’arte Alfred Portier riteneva infatti che le “cornici dorate esaltassero le gamme molto elevate dei colori”, come sono qui i toni usati da Gauguin, e Vincent Van Gogh diceva parlando di un dipinto: ”Ti ripeto, va incorniciato con qualcosa color dorato. Mettendo un quadro accanto a una tonalità dorata, si ottiene anche una luminosità in punti insospettati, togliendo al tempo stesso quell’aspetto marmorizzato che il quadro assume quando viene sfortunatamente posto su uno sfondo opaco o nero…un tono dorato lo ravviva”.
Beautes a Tahiti è quindi conservato ad oggi con il suo supporto e con la propria cornice che lo hanno accompagnato da sempre, nel primo caso, e dal primo proprietario, “Van den Züe…” (probabilmente un collezionista parigino), nel secondo, e che ne completano l’originalità e la valenza storico/artistica.
Le due etichette sul retro, che appaiono coeve al dipinto, danno prova che lo stesso abbia attraversato più occasioni commerciali e di esposizioni prima di giungere nelle mani di un collezionista privato.
L’indicazione di provenienza dalla Collec. Wan den Züe… nell’etichetta più in basso, insieme all’indicazione di un dipinto di Berthe Morisot, e quella nell’altra etichetta Exhibition of Art Treasures, in cui il dipinto è indicato con titolo e numero 19 ne attestano questi passaggi commerciali e di esposizioni che sono coerenti con l’itinerario ricostruito.
In particolare l’etichetta Exhibition of Art Treasures posta più in alto risulta perfettamente in linea con quanto indicato per la mostra Manet e i Post-Impressionisti tenutasi presso le Grafton Galleries di Londra dall’8 novembre del 1910 all’11 gennaio 1911, dove le opere di Gauguin erano collocate nella Large Gallery insieme a quelle di Van Gogh: 42 opere di Gauguin erano esposte e di queste 31 non sono poi state identificate tranne le otto pubblicate su pagine pubblicitarie, ed anche queste furono identificate piuttosto dubitativamente ed interpretandone i titoli, non sempre corrispondenti alla perfezione(Anna Gruetzner Robins, Manet and the Post-Impressionists: a checklist of exhibits, in Burlington Magazine, 152, 2010 pp. 782-793).
Molte di queste opere erano di collezioni private e di mercanti parigini.
Secondo quanto riporta Augustus John, celebre pittore inglese dell’epoca, verso la fine della mostra Manet e i Post-Impressionisti, opere di Gauguin furono aggiunte e tra queste una intitolata Due Donne Maori in un Paesaggio, dicitura perfettamente aderente al soggetto ritratto nel dipinto in questione.
Alcune di queste opere in mostra alle Grafton Galleries furono poi inviate a Liverpool per una Esibizione di Arte Moderna e Post Impressionista che si tenne dal 4 marzo al 1° aprile del 1911 tra cui una intitolata Donne Maori ed indicata dal numero 20: come è evidente, il soggetto e il numero sono omogenei e in consecuzione con quanto riportato sul retro della tela nell’etichetta a stampa.
La terminologia usata Maori infatti non è più usata per indicare i soggetti umani polinesiani di Gauguin, anche perché imprecisa dato che questa popolazione di medesima origine è identificata con quella stanziata in Nuova Zelanda, ed è stata sostituita da Tahitiano seppur talvolta usate allo stesso tempo con uguale significato.
Nei mesi di novembre e dicembre 1911 e gennaio 1912 opere di Gauguin vennero inoltre esposte alla Stafford Gallery di Londra.
Occorre infine considerare che Gauguin svolgeva la sua attività in Polinesia in condizioni estremamente precarie avvalendosi dell’aiuto di amici, come il pittore George Daniel de Monfreid, che gli inviava soldi e materiali per dipingere.
I dipinti realizzati da Gauguin in Polinesia giungevano in Europa arrotolati, con spedizioni navali, e una volta giunti a destinazione venivano messi sui telai e, per i possibili danni subiti nel viaggio, venivano anche ritoccati da George Daniel de Monfreid e dall’altro pittore Georges Alfred Chaudet che aveva conosciuto Gauguin a Pont Aven, diventandone amico e aiutandolo anche con del denaro per raggiungere la Polinesia.
Gauguin stesso scrisse in una lettera a Van Gogh riguardo i problemi di tenuta del colore bianco, affermando che “le tele sono totalmente ricoperte di squame perchè il colore bianco che si è separato”, riguardo le sue sperimentazioni e i tentativi di fissarlo incollando dei fogli di giornale sulla tela con pasta di farina e poi passandoci sopra dei ferri scaldati.
Occorre considerare che a quel tempo la vendita certamente non era regolata come oggi e quindi è impensabile che i vari passaggi di proprietà possano essere completamente documentati dato che solo in tempi moderni si sono adottate pratiche più puntuali: l’importanza della “parola data” è stata sostituita dall’atto scritto a causa di un’evidente scadimento dei valori.
Solo in un secondo tempo, e non tutti i dipinti, erano poi dotati di cornici che certo dovevano essere in armonia con lo stile classico di arredamento in voga al tempo: questo dipinto è completato dalla sua cornice originale in stile Rococò, perfettamente in linea con il gusto delle classi agiate del primo Novecento.
Le opere di Paul Gauguin di soggetto tahitiano, come è appunto questa, sono ricercatissime sul mercato dell’arte e cambiano di proprietà a valori molto elevati data la loro estrema rarità: a tale proposito basti ricordare che la simile Nafea Faa Ipoipo è stata acquistata nel 2015 per 300 milioni di dollari Usa, pari a 265 milioni di euro.
Nel 2014 un’altra tela dipinta da Gauguin, dal titolo Otahi, ma meno completa e di minori dimensioni, aveva comunque già raggiunto i 120 milioni di dollari.
I segnali di tale scalata di valore vertiginosa si erano comunque avuti nel 2007 quando Te Poipoi era stata pagata ben 40 milioni di dollari circa.
Ormai nell’attuale empireo dei valori, Gauguin però non è sempre stato apprezzato dai collezionisti e dai mercanti tanto che la mostra commerciale delle sue tele dipinte del 1895, Hôtel Drouot, Paris, Vente Gauguin, 18 Febbraio, 1895, lotto 11 e 17, vide invendute anche queste ultime due seppur valutate solo 500 e 400 franchi.
Nel 1937 Tahiti, messo in vendita da George Bernheim a Parigi, realizzò solo 1.700 dollari USA e nel 1939 Aus Tahiti, offerto alla celebre asta di Lucerna del 30 giugno 1939 in cui il governo tedesco dell’epoca offrì dipinti di altissima qualità, fece segnare poco meno di 12mila dollari, un valore che anticipava quelli della metà degli anni ’50.
Mettendo a confronto i Post-Impressionisti Cezanne, Van Gogh e Gauguin, i valori di quest’ultimo erano i più bassi sino al 1950 quando una crescita impetuosa lo ha portato a superarli raggiungendo il quarto di milione intorno al 1960: il 25 Novembre 1959, a Londra, Te Tai Na Ve I Te Rata trovò un compratore a 130mila sterline britanniche pari a 364 mila dollari USA.
Tra il 1930 ed il 1960 Gauguin si era apprezzato di 126 volte e tale crescita non si è più fermata progredendo a vistosi multipli per raggiungere i valori attualmente in corso.
Il valore di questo gruppo di artisti Post-Impressionisti salì da una percentuale base del 100% nel 1930 al 115% nel 1935, al 160% nel 1940 che mantenne per parte del decennio, al 177% nel 1950, al 566% nel 1955, allo straordinario 4.833% nel 1960: al confronto gli Impressionisti si apprezzarono, in quest’ultimo periodo, del 1.208%.
Beautes a Tahiti è da assimilare ai primi tre dipinti citati (le misure sono simili a quelle di Nafea Faa Ipoipo, 105×77,5 cm, mentre Otahi è sensibilmente più piccolo, 50×73 cm), tutti prodotti durante il primo soggiorno polinesiano dell’artista trascorso tra il 1891 ed il 1893, ma questo dipinto è da ritenersi superiore dal punto di vista compositivo e qualitativo: le condizioni di conservazione sono buone e non incidono negativamente quindi sulla valutazione complessiva.
Il filo conduttore dei tre dipinti è dato dalla modella ritratta che in Beautes a Tahiti attinge l’acqua in primo piano, in Nafea Faa Ipoipo è la protagonista, e di cui si riconosce la fisionomia, e in Otahi è l’unico soggetto, dove veste il medesimo pareo rosso con fiori stilizzati qui gialli e in Beautes a Tahiti bianchi.
Da rilevare la coincidenza della figura femminile in piedi con quella ritratta nel disegno conservato presso il Museo di Grenoble (https://www.museedegrenoble.fr/oeuvre/1603/1922-sans-titre.htm), studio per il dipinto Donna Tahitiana in un Paesaggio del 1892, conservato all’Ohara Art Museum di Kurashiki ed esposto a Parigi da Durand Ruel nella mostra Oeuvres Recentes de Gauguin tenuta nel 1893, poi venduto nel 1895 per 500 franchi, e risalente proprio a quegli anni: in questo Beautes a Tahiti anche la posa è molto vicina alla posa del disegno di Grenoble a differenza della posa della modella dei due altri dipinti.
Rispetto agli altri due dipinti, in Beautes a Tahiti la composizione è chiaramente più completa data la successione di piani che si succedono fino a quelli ultimi del mare e del cielo inquadrando così le due protagoniste, la vegetazione ed un cavallo, quest’ultimo tipico componente della poetica di Gauguin così come i molti toni di rosso usati.
Lo studio dell’immagine radiografica ha evidenziato che inizialmente Gauguin dipinse le due donne in posizioni e sembianze diverse da quelle visibili nella stesura finale.
L’immagine a raggi X rivela infatti che il volto della donna in piedi a sinistra era inizialmente dipinto di profilo, i suoi seni più pronunciati, le sue due braccia più sottili.
Per quanto riguarda la seconda figura femminile inginocchiata, la radiografia mostra un profilo della testa più ampio, le spalle e le braccia erano più sottili, entrambe le mani erano più piccole.
Un’altra importante modifica è stata apportata a questa figura inginocchiata: il sarong, che originariamente raggiungeva la metà delle cosce, lasciando scoperte le ginocchia e le gambe, è stato allungato e successivamente sono stati aggiunti grandi fiori bianchi. E la medesima protagonista inginocchiata è ritratta dall’Artista con lo stesso abbigliamento nel dipinto Due Donne Tahitiane sulla Spiaggia del 1891, conservato a Parigi presso il Museo d’Orsay, e nel Due Donne Tahitiane Sedute del 1892, oggi alla Gemaldegalerie di Dresda nella sezione dei Neue Meister e che fu esposto nel 1893 a Copenaghen.
Questo tipo di modifica o “pentimento” è comune in Gauguin e ci sono diversi esempi.
Un esame radiografico del dipinto Te nave nave fenua del 1892 ha rivelato la presenza di un’altra testa sotto la faccia finale della figura; in un altro dipinto, The Meal (The Bananas) del 1891, una fotografia a infrarossi ha rivelato diverse alterazioni apportate da Gauguin: il ragazzo con una maglietta era originariamente una ragazza con i capelli lunghi.
Inoltre, l’esame radiografico rivela anche la presenza di due linee orizzontali che attraversano la parte centrale del dipinto, risultato della spinta esercitata da un listello più piccolo del listello (finale) attuale, e che faceva parte di un telaio precedente.
Un’osservazione della superficie della vernice rivela crepe bianche che sono caratteristiche delle tele dipinte da Gauguin durante il periodo tahitiano per il fatto che furono smontate dalla loro cornice e poi arrotolate dall’artista per il trasporto da Tahiti a Parigi.
Autori©:
Giancarlo Graziani
Membro fondatore e coordinatore attività Ce.St.Art.-Centro Studi sull’Economia dell’Arte
Perito legale in Beni Artistici-docente aggiunto di Economia dell’Arte
Salvatore Prato
Membro del Ce.St.Art.-Centro Studi sull’Economia dell’Arte
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