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Una passeggiata che da Bolzano arriva a Palermo, facendo centro su Bologna, la Toscana e il Nord Italia, con una buona presenza della Capitale: è questo il panorama che si conferma nel mosaico di ArteFiera con una concentrazione più nazionale in questa edizione 2024 (si veda qui altro articolo di BeBeez). La selezione è accurata anche per le piccole gallerie e quelle emergenti, mentre la scansione delle sezioni aiuta ad orientarsi. Nella Main Section i grandi nomi, quali Tornabuoni, Farsetti Arte, Mazzoleni tra gli altri, sono nella maggior parte interessati a presentare l’attività a 360 gradi anche perché la scelta è più difficile. Peccato che non si veda tanto una volontà progettuale con alcune eccezioni interessanti. Ancora è forte la tendenza a mostrare tutto quello che una galleria ha e a offrire un’antologia a discapito forse di una visione che osi un po’ di più.
Lo Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, nella Main Section, ha presentato un progetto centrato sull’arte italiana tra gli Anni Sessanta e Settanta con una mostra di lavori di Alighiero Boetti, Lucio Fontana, Giorgio Griffa, Emilio Isgrò, Mario Schifano, Emilio Vedova, scegliendo l’antologia degli artisti di Galleria.
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Nella stessa sessione la Galleria d’Arte Maggiore G.A.M. di Bologna che alla vigilia della Fiera ha inaugurato in galleria la mostra di Allen Jones che torna in Italia per la prima volta dopo la grande antologica a lui dedicata dalla Royal Academy di Londra nel 2014, con una serie di opere iconiche che mostrano la carriera di uno dei più grandi rappresentati mondiali della Pop Art. Tra i dipinti in mostra, anche il mitico scatto fotografico che immortala Kate Moss trasformata in scultura da un’armatura, simbolo e immagine non solo della rassegna londinese, quanto di un’intera epoca. Un connubio che si rinnova, quello con la galleria bolognese dove già nel 1999 l’artista espose alcune opere inedite, eseguite per l’occasione mentre nel 2002 presentò un sunto della sua produzione dal 1966 fino a quel momento. La sua parabola si muove dai manichini alle sculture, dai dipinti alle piatte pitture degli anni Sessanta, fino al grande cromatismo, all’impegno nella denuncia della donna oggetto, è stato pioniere della generazione di artisti pop inglesi e presente fin dal 1961 nelle più importanti esposizioni internazionali, ispiratore di registi come Stanley Kubrick, amato da personaggi come Elton John che ne collezionano la sua opera, Allen Jones è paragonato al Mick Jagger della musica o alla Vivienne Westwood nella moda. È un costruttore di immagini femminili in movimento carnali e che improvvisamente si smaterializzano, come nelle opere in mostra Ovation (2010), Backdrop (2016/17) e Changing Room (2016), che fanno eco al loro contraltare maschile nelle sculture Man loosing his head and hat (1988) e Untitled (Man) (1989). Ma Allen Jones è anche l’artista della danza tra i sessi che fonde tra i colori l’uomo e la donna come in Semi Quiver (1997).
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The Apart Gallery di Roma si è presentata in Fiera con gli artisti Bertille Bak, Federica Di Pietrantonio, Mariana Ferratto, Corinna Gosmaro e Alessandro Scarabello. Fino al 24 febbraio, negli spazi della galleria, è di scena Defending the Future, la terza personale di Oliver Ressler. Negli ultimi anni l’artista si è concentrato principalmente sulla crisi climatica e su diverse strategie e pratiche attiviste per evitare un peggioramento della catastrofe in corso. La mostra tratta alcuni aspetti di questa crisi globale. Il disegno a inchiostro lungo 9,5 metri Property will cost us the earth include nel testo eponimo i disegni di 400 animali, fra mammiferi, uccelli, pesci, anfibi, rettili e insetti, tutti a rischio di estinzione tanto che potremmo considerarci “fossili in divenire”. More than half the world’s original forests have already disappeared (2022) è scritto su un’altra delle opere in mostra. In un’epoca in cui massicci tentativi di riforestazione del mondo sono semplicemente necessari per la sopravvivenza, continua la distruzione delle foreste in tutto il mondo in nome del profitto e dell’attivismo economico. Defending the Future propone due esempi di lotte diverse, entrambe legate alla conservazione delle foreste e alla prevenzione di attività estrattive. Il video Ancestral Future Rising (2023) mostra la lotta degli abitanti di Pacto, vicino alla capitale dell’Ecuador, Quito, contro le concessioni minerarie statali già rilasciate per l’estrazione di oro, argento e rame in una regione designata dall’UNESCO come Riserva della biosfera, la settima più grande al mondo. Il film raccoglie le voci delle comunità che resistono al nuovo ciclo di estrazione che distruggerebbe il loro ambiente e i loro mezzi di sussistenza. Gli attivisti invocano i siti ancestrali dei popoli Yumbo, KituKara e Inca; cultura e natura si uniscono per preservare le foreste minacciate dall’attività mineraria. E ancora il video The Path is Never the Same (2022) si concentra su due sistemi complessi e autorganizzati: una foresta e un’occupazione. La foresta di Hambacher, vicino a Colonia, è diventata teatro della più lunga occupazione di cime arboree d’Europa dove dal 2012, circa 200 persone vivono per impedirne il disboscamento da parte della compagnia energetica RWE, che vorrebbe estrarre lignite dal sottosuolo. L’alleanza tra vita umana e vita non solo umana è anche il tema della serie fotografica Canopy cut down down to sand (2023). Sei immagini fotografiche mostrano formazioni disegnate casualmente nella sabbia dalle onde e ogni fotografia è accompagnata da alcuni versi liberamente adattati dalla poesia The Phoenix (2008) di Joanne Maria McNally.
DEP ART Gallery di Milano presenta tra gli altri Giuseppe Uncini la cui personale in galleria si è conclusa da pochi giorni. Realizzata in collaborazione con l’Archivio Uncini, con la curatela di Demetrio Paparoni e il Patrocinio del Comune di Milano, l’esposizione ha proposti una lettura completa della sua produzione artistica, partendo dagli Anni Sessanta, fino all’ultimo periodo con opere selezionate, che coprono un arco temporale dal 1961 al 2007. Una scelta che attraversa tutti i cicli principali dell’artista, tra cui Cementoarmato, Mattoni, Ombre, Dimore, Spazi di ferro e Architetture. Come fa notare il curatore Demetrio Paparoni: “gli anni Sessanta del Ventesimo secolo furono un periodo di grande fermento artistico, e Uncini, pur essendo influenzato dall’astrattismo materico europeo degli anni Cinquanta, ha cercato una ‘terza via’, concependo l’opera come una struttura autoportante, sintesi di una forma pura”.
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Zanini Arte partecipa a questa edizione della Fiera presentando BOOMing Contemporary Art Show, al Binario Centrale di DumBO, un connubio (Phygital) tra opere d’arte contemporanea fisiche e opere digitali in NFT con artisti di fama internazionale e giovani talentuosi come Angelo Accardi, Andrea Crespi, Francesco De Molfetta, Jisbar, Fabio Giampietro, Cris Devil, Daniele Fortuna, Marica Fasoli, Svccy, Waro, Andrea Vizzini, Je Shen e Giovanni Lombardini.
La Galleria fiorentina Il Ponte ha presentato il progetto SKMP2 di Luca Patella, film generazionale, con Jannis e Efi Kounellis, Eliseo Mattiacci (il più giovane, nato nel 1940), Pino Pascali, Luca (il più âgé, nato nel 1934) e Rosa Patella, Fabio Sargentini girato in 16 minuti presso la Galleria L’Attico a Roma 1968 comprensivo, oltre della proiezione del film omonimo – in quattro episodi principali, ognuno dedicato a un singolo artista – anche della presentazione di una selezione di opere degli artisti coinvolti nel film di Luca Maria Patella. Patella, nella veste di mago in versione tecnologica, ha condotto un rappresentante del volgo profano (Fabio Sargentini) a scoprire assieme a lui un’invasione spaziale.
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Il ricorso a interni, a esterni, zoomate, a sapienti accompagnamenti musicali ha fatto di questo un prezioso tour de force tecnico. Il titolo come una formula chimica e come tale doveva essere nelle intenzioni di Luca Maria Patella, ma è anche un fortunato acronimo che sta per i nomi dei cinque protagonisti di un film ormai passato alla storia, almeno di quella dell’arte. Il film si pone in un clima di sperimentazione folgorante e creativamente surriscaldata, quella della ricerca concettuale di Patella (che fin dal 1965 produceva “opere-film” in 16 0 35 mm, tra cui il celebre Terra Animata del 1967), quella dell’attività dirompente de L’Attico che è anche testimonianza di un gruppo d’artisti d’avanguardia che lavorano tutti per la stessa galleria, un’opera spontanea dove ognuno ha agito in piena libertà e a suo modo, temporalmente e geograficamente circoscritta, che documenta una situazione molto precisa, non artificiosa né di potere o con pretesti ideologici ma organica e vitalistica.
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La galleria fiorentina Frittelli ha presentato un progetto dedicato a Gruppo 70, ispirato alla mostra Gruppo 70. Una guerriglia verbo-visiva, curata da Raffaella Perna e al momento in esposizione negli spazi della galleria. Movimento artistico italiano tra i più radicali degli anni Sessanta, il Gruppo 70 si è distinto per il ruolo cruciale e pionieristico nel dibattito sugli effetti visivi e sociali della cultura di massa durante il boom economico. Lo stand ha messo in dialogo le opere degli artisti (Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti), ponendo l’accento sulla continuità di visione estetica e politica, che emerge sia dai lavori realizzati durante gli anni di attività comune, sia dalle ricerche verbo-visuali portate avanti singolarmente o attraverso nuove riviste o gruppi culturali. A Bologna è stato presentato il volume Gruppo 70. Una guerriglia verbo-visiva a cura di Raffaella Perna, per i tipi di Silvana Editoriale, che porta alla luce il valore cruciale del Gruppo 70 e il ruolo da antagonista che i suoi esponenti hanno assunto durante il boom economico nei riguardi del consumismo e delle derive del capitalismo.
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La romana SpazioNuovo Contemporary Art presenta Giuseppe Lo Schiavo, classe 1986 che abbiamo già incontrato nell’ultima edizione di Mia Fair a Milano (si veda qui altro articolo di BeBeez) e Marco Maria Zanin, classe 1983. Zanin, si ispira al WU CHI che nella tradizione Taoista è il vuoto primordiale, il mare di energia che continuamente crea e ricrea l’universo. Una forza creatrice feconda, un moto di costante erosione e creazione che coinvolge la natura quanto l’umano, creando spazi vuoti che si preparano ad accogliere nuove forme di vita. L’artista ne ritrova i segni sulle rocce di granito scolpite dal mare sull’Isola di Caprera, in Sardegna. In un desiderio di rinascita, in ascolto del moto ondoso interiore e di una fecondità intrinseca alle forze della terra, che rivela una propria sacralità, appoggia all’interno dei vuoti creati dal mare e dal vento, frammenti di rocce staccate, anch’esse lavorate dall’energia degli elementi naturali. E riconosce nelle rocce, tracce delle energie femminili e maschili coinvolte nel processo di costante morte e rinascita.
La Galleria Paola Verrengia propone per ArteFiera 2024 il progetto “Momenti della Pittura” che riflette sulle differenze linguistiche della pittura attraverso il lavoro di cinque artisti: Gianni Asdrubali, Pino Pinelli, Gioacchino Pontrelli, Amparo Sard, Mattia Sugamiele. Gli artisti storicizzati Asdrubali e Pinelli dialogano e si confrontano con quelli delle ultime generazioni Pontrelli e Sugamiele sul tema comune della pittura. Saranno esposti alcuni lavori recenti di Gianni Asdrubali caratterizzati dalla ricerca sul vuoto e alcune opere storiche di Pino Pinelli, contraddistinte dall’uso dei colori primari e dal nero. Gioacchino Pontrelli presenterà alcune tele in cui il colore è il protagonista dell’opera, “la sua pittura si avvita su un raffinato quadro critico che trova nella storia dell’arte e in un’ampia cassa di contenuti autobiografici il primum movens di un percorso” (A. Tolve). Mattia Sugamiele propone al pubblico di Artefiera una serie di opere recenti realizzate in pvc, composte da elementi di scarto, di recupero e di oggetti superflui acquistati tramite marketplace online, in cui il colore sembra sospeso in strutture trasparenti. Completa il percorso espositivo di Sugamiele alcune opere su tela con elementi digitali e pittura. Per il format “Percorso” proposto da ArteFiera Bologna 2024 l’artista spagnola Amparo Sard esporrà alcuni disegni caratterizzati dall’introduzione del colore e dalla sua tecnica prediletta, la punzonatura su carta.
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La galleria torinese Franco Noero presenta una collettiva dei suoi artisti con Anna Boghiguian, Lothar Baumgarten, Pablo Bronstein, Tom Burr, Jason Dodge, Sam Falls, Martino Gamper, Mario Garcìa Torres, Gabriel Kuri, Robert Mapplethorpe, Hassan Sharif, Simon Starling, Henrik Olesen, Francesco Vezzoli.
SpazioA di Pistoia espone una selezione di artisti con i quali collabora e un focus su Chiara Camoni a 360 gradi includendo le stampe vegetali su seta, due opere della serie “Grandi sorelle”, collane enormi rispettivamente in scisto e semi; e ancora dei lavori del 2015 come Ninessa, piccola statua in terracotta precursore delle installazioni oltre disegni che sono Autoritratti.
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AF di Bologna sceglie una personale dell’artista Gianni Emilio Simonetti, classe 1940, il più importante degli artisti espressione del movimento Fluxus degli Anni Sessanta, che mostra fino ad oggi una sua coerenza. Protagonista di mostre importanti, ha partecipato all’edizione del 1978 della Biennale di Venezia, oggetto di una gag del film Vacanze intelligenti con Alberto Sordi. Intellettuale a tutto tondo nei suoi lavori è protagonista la musica ereditata dal fondatore del Movimento John Cage come elemento transitorio dell’arte che in questo caso diviene Mutica, Musica muta. Nelle ultime opere evidente la scomposizione su più livelli, la frammentarietà che rimanda alla fluidità della sua appartenenza lasciando anche la suggestione dell’esecuzione di alcune partiture.
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La galleria con sede a Verona e Lugano, Kromya, sulla stessa linea, espone Luca Marignoni, artista giovane con cartongesso, alluminio e legno, al quale è stata dedicata una personale nella sede di Verona, appena conclusa, Lo stesso cielo, ogni notte. Un breve percorso in tre tappe, la seconda a Bologna appunto e la terza a Lugano dal 12 marzo al 29 aprile in collaborazione con Luca Massimo Barbero per l’allestimento e anche per il Catalogo che sarà implementato: l’idea è nel formato piccolo ed elegante un quaderno che raccolga la conversazione del critico con l’artista.
Primo Marella, galleria con sede a Milano e Lugano, da sempre protagonista del mercato dell’arte africana (sarà a 1-54 Marrakech 2024 la prossima settimana per una fiera che è un salotto estremamente selettivo) tra i vari artista presenta l’opera di Tegene Kunbi, artista etiope che oggi si divide con Berlino, ormai riconosciuto a livello internazionale dopo aver vinto, nel 2021, il Gran Premio della Giuria della Biennale di Dakar. Kunbi coniuga la cultura della tessitura del suo paese con l’astrazione pura e sperimentale in modo originale e di grande impatto grazie anche un lavoro di ricerca profondo.
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Galleria Continua, con sede a San Gimignano, polo internazionale di spazi di arte, sceglie tre artisti con i quali lavora, Arcangelo Sassolino, Alicja Kwade e Shilpa Gupta, accumunati dal gioco e dalla scommessa tra forza e leggerezza.
La raffinatezza di Claudio Parmiggiani, incontra il duo Goldschmied&Chiari e un’opera singolare di Enzo Cucchi nello stand della fiorentina Galleria Poggiali, con sede anche a Pietrasanta e Milano. L’opera di Cucchi, Dio, colpisce per l’impatto e la forza, legno a fresco celeste, lavoro del 1995 unico pezzo esposto in una mostra.
Sceglie il figurativo la Galleria Giovanni Bonelli (Milano, Canneto sull’Oglio in provincia di Mantova e Pietrasanta) con alcuni giovani artisti, quali Chiara Calore e il duo Brinanovara; e storicizzati come il raffinato Francesco Lauretta ospitato a Milano con una personale in corso; Fulvio Di Piazza che sarà esposto fra aprile e maggio e Michela Martello in programma a ottobre-novembre prossimi; oltre Nicola Verlato ora a Canneto sull’Oglio.
La nuova serie delle sculture di Valerio Berruti sono protagoniste nello spazio di Marcorossi artecontemporanea (Milano, Torino, Verona, Pietrasanta e Roma), molte leggere, in alluminio, adatte anche per installazioni en plein air e che saranno esposte nella sede di Pietrasanta ad aprile in una collettiva sul tema della figurazione accanto ai lavori di Ivan Theimer e Cosimo Bella.
Molto interessante l’allestimento della Galleria Centro Steccata di Parma che mette in dialogo le tele di Carlo Mattioli, artista modenese, classe 1911, vissuto tutta la vita a Parma dov’è morto nel 1994 la cui pittura unisce il gusto impressionistico a una matericità quasi scultorea che immobilizza l’azione nell’attimo; e il bestiario scultoreo di Antonio Ligabue.
La romana Galleria Russo presenta alcune tele legate al Futurismo e un focus sulla scultura del Novecento. Tra le opere pittoriche spiccano Ritratto di bambina del 1911 di Umberto Boccioni di splendida fattura che segna il passaggio dal Divisionismo, presente nella tecnica all’avanguardia novecentesca per il dinamismo dell’azione, incarnando anche un soggetto molto amato in quei decenni, l’infanzia, metafora della freschezza, dello sguardo rivolto al futuro, dell’energia. Altra tela di grande impatto, quella di Giacomo Balla, velocità terrestre L’auto è passata, tela del 1914, risultato di quella ‘definizione’ delle ‘velocità astratte’ raggiunta nell’autunno del 1913, creando uno scarto tra questo artista e gli altri futuristi. Forma e materia, la grande scultura italiana del Novecento (Catalogo pubblicato da Gangemi Editore), è un assaggio della mostra che sarà in galleria a Roma dal 2 al 30 marzo prossimo che riunirà una trentina di opere da Femme à la voilette e Ecce puer di Medardo Rosso, proveniente dalla Collezione di Margherita Sarfatti e della stessa Collezione Humanitas Adolfo Wildt; a La Pisana di Arturo Martini proveniente dalla Collezione Bottai, al Cavallo di Marino Marini della Collezione Emilio Jesi e ancora lavori di Leoncillo, Lucio Fontana, Pino Pascali fino alla Sfera di Arnaldo Pomodoro, il lavoro più recente del 1990. Una delle idee dell’esposizione è che le grandi opere abbiano una genesi importante.
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Nella Sezione Pittura del XXI secolo, a cura di Davide Ferri, la piacentina UNA, con Thomas Berra in uno spazio in condivisione con la galleria Gilda Lavia che presenta Carla Grunauer. Berra, classe 1986, nato a Desio, lavora con la pittura a partire dalla tecnica tradizionale del dipinto su carta o su tela di grande e piccolo formato, per poi espandersi su supporti diversi come le tende o le pareti, realizzando opere dal carattere onirico e immersivo. Punto di partenza dell’attuale pratica dell’artista è una ricerca sul mondo vegetale sviluppata nel ciclo Elogio delle Vagabonde (2015-ongoing). Traendo ispirazione dall’omonimo saggio del paesaggista e filosofo francese Gilles Clement, una sorta di apologia delle “erbacce” che punta a ridare dignità a queste piante perennemente escluse dalla botanica e dalle arti più nobili, Berra ritrae in erbari “fuori dal comune” proprio le vagabonde, ritenendole vicine ai soggetti della sua poetica. Le erbacce, simbolo anche di resistenza, si riappropriano così degli spazi urbani costruiti.
La capacità di Berra di confrontarsi con lo spazio e di creare installazioni a tutto tondo è al centro dei suoi ultimi progetti, attraverso una serie di interventi spaziali come wall painting o installazioni con tende dipinte a mano, che creano ambienti immersivi, nel quale il visitatore è invitato non solo a entrare, ma a sostare e trascorrere del tempo, come se fosse trasportato in un’altra dimensione. All’interno di questi spazi onirici e avvolgenti, le piante infestanti di Clement conquistano le superfici, contribuendo a creare un immaginario personale e intimo, animato da soggetti che sembrano provenire da un mondo incantato e atemporale. Nei dipinti di Berra, la natura dialoga con personaggi appena accennati, figure sottili ed enigmatiche che appaiono sulle tele rimanendo sospese nell’ambiente. Il sogno – di felliniana memoria – e un elemento fondamentale del lavoro dell’artista, e forte e il richiamo a Il Libro dei Sogni del grande regista da cui ha attinto, rendendo labile il confine fra realtà e immaginazione.
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La sezione Fotografia e Immagini in movimento ospita tra gli altri Maria Livia Brunelli della MLB Gallery di Ferrara che, con la collaborazione di Manuela Gandini, propone un progetto curatoriale inedito di riscoperta e rilettura del lavoro dell’artista storica Milli Gandini in un audace confronto con le opere dell’artista attivista contemporanea Simona Ghizzoni. Se la Gandini negli Anni Settanta sigillò col filo spinato le pentole in cui aveva cucinato fino ad allora, come segno di protesta all’interno del nucleo domestico, la Ghizzoni cerca se stessa all’esterno, tra macerie e germogli. In entrambi i casi, la metamorfosi del corpo, del ruolo e delle identità femminili sono al centro della speculazione filosofica e politica delle due artiste in tempi e spazi diversi. Milli Gandini – che con Mariuccia Secol è tra le fondatrici nel 1974 del Gruppo Femminista Immagine di Varese – decise di non spolverare più, non lavare i vetri, non pulire i pavimenti. Quando la casa fu sufficientemente sporca, tracciò il simbolo femminista sulla polvere e scrisse lo slogan “salario al lavoro domestico” su finestre, mobili e scaffali. Chiese a una compagna del gruppo di posare per una serie di scatti fotografici, trasformando la casa (INSIDE) in un terreno di lotta femminista, in un manifesto, in un’opera. Poi prese le pentole nelle quali aveva cucinato fino ad allora e decise di chiuderle con il filo spinato, dopo averle dipinte con smalti multicolore. Il Gruppo Immagine è stato il primo gruppo femminista ad essere invitato alla Biennale di Venezia del 1978, a cui è seguito il gruppo di Mirella Bentivoglio pochi mesi dopo. La pratica politica e artistica del movimento varesino si fondava sulla rivendicazione del salario al lavoro domestico e la richiesta di riconoscimento da parte dello Stato dell’enorme, incessante carico di lavoro femminile, invisibile e svalorizzato. La peculiarità della lotta decennale intrapresa dal gruppo – composto da Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Clemen Parrocchetti, Mariuccia Secol, Mariagrazia Sironi – consiste nell’utilizzare le pratiche dell’arte, e non solo di autocoscienza e rivendicazione, per incidere politicamente a livello teorico ed espositivo, anche nelle maggiori sedi istituzionali europee. Il gruppo adotta lo slogan “La mamma è uscita”, una sorta di manifesto politico e statuto esistenziale di cui la MLB Gallery presenta un distillato di dieci fotografie in bianco e nero “della polvere” e tre collage di Milli Gandini raffiguranti “pentole e scolapiatti inusabili”, a sancire la perenne attualità di istanze rimaste senza risposta. Si aggiunge dunque un altro tassello alla ricostruzione di quel periodo storico, per decenni dimenticato, iniziato con la mostra Il soggetto imprevisto. 1978 Arte e femminismo in Italia, curata da Marco Scotini e Raffaella Perna ai Frigoriferi Milanesi nel 2019, dove Milli Gandini compare tra le figure eminenti dell’epoca. Di Simona Ghizzoni, che incarna la generazione della terza ondata del femminismo, vengono presentati quattro corpus di lavori che tracciano il percorso evolutivo dei suoi progetti fotografici, poetici e politici. In Between (2006) una donna evanescente a filo d’acqua, in un panorama alla Tarkovskij (Outside), inaugura un viaggio interiore verso la propria essenza critica. I ruderi, l’umidità, la campagna e i boschi ereditati dalla linea materna dell’artista sono sfondo e centro dell’opera. Silenzi siderali e feconde solitudini diventano entità palpabili del paesaggio. Quest’ultimo è per la Ghizzoni un’estensione del proprio corpo. La donna, dall’abito rosso, non è più Inside, come negli Anni Settanta, ma Outside e cerca l’anello di congiunzione con gli ecosistemi. Se la letteratura eco-femminista denuncia la violenza sul corpo femminile come appartenente al medesimo atteggiamento predatorio dell’uomo nei confronti della terra, l’opera di Simona Ghizzoni ne sintetizza visivamente il concetto in Selvatica, un lavoro inedito, un’investigazione poetica della complessità naturale che documenta e incanta. Il progetto curatoriale Inside-Outside si completa con la presentazione, in stand, del film, unico nella sezione, di Sergio Racanati che intervista Mariuccia Secol, attivista e artista, autrice con Milli Gandini del volume La mamma è uscita (DeriveApprodi), realizzato per l’occasione, per fornire al pubblico l’importantissima testimonianza storica di una delle protagoniste dell’arte femminista italiana.
MC2 Gallery di Milano, spazio di Claudio Composti, racconta attraverso tre autori molto diversi tra di loro, le possibilità della fotografia e le nuove frontiere. Simon Roberts, classe 1974, artista del Regno Unito con Beneath the Pilgrim Moon, presenta una raccolta di fotografie scattate al Victoria and Albert Museum di Londra mentre era chiuso al pubblico durante i mesi della pandemia: statue coperte dalla plastica perché in un deposito durante i lavori di ristrutturazione che diventano metafora di una vita cristallizzata e prigioniera del momento. L’artista francese, classe 1976, Dune Varela, che lavora sull’antico in una dimensione nuova, giocando sul tema della contraffazione, sarà in una residenza d’artista presso lo spazio Plaza Project Art Room dell’Hotel Plaza e De Russie di Viareggio, per poi esporre successivamente in loco il suo lavoro. Di grande raffinatezza il lavoro dell’olandese Casper Faassen, classe 1975, dedicato a Giorgio Morandi, creando un set dietro al vetro, dipinto a mano con un effetto craqué, che mostra un lavoro prezioso, di abilità e suggestione, creando un tono vintage anche per i temi legati ai soggetti classici del XVII secolo come paesaggi urbani, dipinti di vanitas, e composizioni floreali, nei quali riconosciamo l’eredità dei pittori di Leiden fonte di ispirazione.
a cura di Ilaria Guidantoni