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ArchiViVitali di Bellano presenta VOLTI-La pittura italiana di ritratto nel XX secolo con opere di oltre sessanta quattro artisti italiani dal 1900 a oggi, a cura di Luca Beatrice; un’esposizione ideata da Velasco Vitali e prodotta da ArchiViVitali aperta fino al 12 novembre 2023 nello Spazio Circolo – Via Alessandro Manzoni, 50, a Bellano, in provincia di Lecco – e con una sede espositiva a Villa del Balbianello, Bene del FAI (in Via Guido Monzino, 1, a Tremezzina in provincia di Como), per la prima volta aperta a un progetto di arte contemporanea. La mostra celebra la pittura di ritratto tra ‘900 e contemporaneità, tra committenza e libera interpretazione, in un arco di tempo dal 1911 al 2023 con molti prestiti privati, che testimoniano l’evoluzione del ritratto e riflettono sulla sua importanza storica e attuale. L’aspetto più interessante non è tanto nel guardare le opere quanto nel guardarsi attraverso le opere e chiedersi di fronte al proprio ritratto o autoritratto: Sono Io?
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Le due sedi espositive sono molto diverse tra di loro e l’allestimento, pensato da Velasco Vitali, è immaginato per rispondere a quattro desideri cercando un bilanciamento tra i due luoghi, quasi un laboratorio dell’idea del progetto stesso, pur con uno stile assolutamente personalizzato. In tal senso il Catalogo edito da ArchiViVitali e pubblicato da Cinquesensi – una collaborazione giunta alla decima pubblicazione – racconta attraverso le foto delle opere e degli allestimenti il gioco complesso di un progetto di unione tra le due rive del lago per valorizzare il territorio attraverso la lingua universale della cultura e il tema del ritratto, nato ancor prima della mostra dedicata a Battiato – che abbiamo raccontato su BeBeez – con il racconto fotografico del paese attraverso i suoi abitanti.
Le opere sono la testimonianza dell’indagine che quattro generazioni di artisti italiani hanno condotto fra le oscurità e la meraviglia dello sguardo, con particolare attenzione alle somiglianze somatiche, agli umori, ai luoghi comuni, alle complessità psicanalitiche e all’infinita sfaccettatura dei caratteri umani.
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Il progetto in generale si sviluppa in due luoghi opposti del Lago di Como, su due diverse sponde tradizionalmente “lontane”, unite però da una via d’acqua che le accomuna per geografia e cultura: il ramo lecchese e quello comasco, l’area manifatturiera – della quale a Bellano resta ad esempio un ex cotonificio – e quella del Grand Tour disseminata di ville storiche. La mostra si prefigura come linea unitaria della stessa identità territoriale con il dichiarato intento diri-vedere il volto del lago nella sua intera complessità.
Nella sede di Bellano l’allestimento è quello di una quadreria classica dove le opere hanno ciascuna uno spazio definito, sullo stesso piano delle altre, dalla lettura semplice e immediata grazie anche a una duplice colorazione dai toni pop delle pareti, in basso giallo e nella parte superiore di un rosa mattone. Anche nella mostra precedente, tra l’altro, l’allestimento aveva trasformato la sede con un dialogo creativo con le opere e non semplice contenitore. Qui il desiderio al quale si risponde è idealmente quello del collezionista.
A Villa Barbianello invece, dimora dell’alta borghesia, vissuta, ricca di opere con molte ‘intrusioni’ dal mondo per il fatto che il proprietario Guido Monzino era un esploratore la lettura è più complessa. Da un lato si gioca per evidenziare le opere che sono in mostra, evitando che si mimetizzino nell’arredo; dall’altro si restituisce loro l’armonia dell’inserimento in un contesto di per sé ricco quanto frammentario, basti pensare ad una slitta portata dalla Groenlandia. In questa sede i desideri immaginati sono quelli dello studioso nella sala del Cartografo; dei rimandi culturali dalla filosofia alla letteratura alla mitologia nella Biblioteca, due delle quattro sale, ubicate all’interno del giardino; e infine, il desiderio legato alla figura femminile nelle due sale riservate alla madre di Guido Monzino, la camera il suo salotto.
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Qui troviamo, tra le altre, l’opera di Carol Rama Senza Titolo del 1950, immagine utilizzata per la locandina e la copertina del catalogo; e l’opera di Velasco Vitali, Marta Cai del 2023, nella sala del Cartografo e il ritratto della moglie di Giancarlo Vitali, Germana, del 1959, nella camera.
Nella sala che si affaccia sul giardino a Bellano non troverete più L’Ingegnere di Mario Sironi perché è rientrata Torino alla Fondazione Accorsio Ometto per una mostra, mentre sulla parete di fronte resta l’opera di Ubaldo Oppi, con la quale era idealmente in dialogo, Ragazza con abito azzurro, del 1919.
Dal 1910 al 2023, cento anni di storia del ritratto, non raccontati con un allestimento in ordine cronologico, volutamente perché il Novecento è un flusso continuo con rimandi che non consente di visualizzare un’evoluzione lineare. La prima opera in ordine di tempo è quella di Felice Casorati del 1911, Ritratto di Cesare Lionello, a Villa Balbianello e l’ultima nella sede di Bellano Un uomo nuovo di Daniele Galliano, del 2022, artista versatile, docente a Torino che ha collaborato musicalmente con i Subsonica. Torino è ben presente in questa sede con Francesco Menzio con Ritratto di Persico, quest’ultimo uomo di cultura e fondatore del Gruppo dei Sei attivo in città del quale ha fatto parte anche Carlo Levi, in mostra con un’opera. Nel Circolo ArchiViVitali di particolare interesse anche Enrico Baj con la grande opera Paul de Vigueier Baronne de Fontenille del 1974 e di Michelangelo Pistoletto Marcello, opera dell’83 con la superficie a specchio.
Gli artisti presenti sono Evangelina Alciati, Cesare Maggi, Matteo Olivero, Pompeo Borra, Jessie Boswell, Cagnaccio di San Pietro, Felice Casorati, Alberto Savinio, Mario Sironi, Gisberto Ceracchini, Alberto Ziveri, Gigi Chessa, Italo Cremona, Aroldo Bonzagni, Anselmo Bucci, Giorgio De Chirico, Ernesto Thayaht, Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Carlo Levi, Ruggero Alfredo Michahelles (RAM), Nella Marchesini, Cesare Monti, Pietro Marussig, Francesco Menzio, Ubaldo Oppi, Lalla Romano, Enrico Baj, Carol Rama, Giancarlo Vitali, Giacomo Soffiantino, Giosetta Fioroni, Giovanni Testori, Mario Ceroli, Mario Merz, Salvo, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Thorsten Kirchhoff, Daniele Vezzani, Antonio Nunziante, Giovanni Frangi, Velasco Vitali, Luca Pignatelli, Daniele Galliano, Corrado Zeni, Stefano Arienti, Luca Caccioni, Massimo Kaufmann, Vanessa Beecroft, Livio Scarpella, Giovanni Iudice, Andrea Martinelli, Francesco Vezzoli, Enrico Tealdi, Valerio Berruti, Andrea Barzaghi, Luca De Angelis, Davide Serpetti.
“La storia della rappresentazione della figura umana, ha scritto nel saggio del catalogo Luca Beatrice, dall’Antico Egitto a oggi è lunga e complessa, ma la selezione di opere a cavallo tra XX e XXI secolo racconta un periodo fondamentale per l’evoluzione del concetto stesso di ritratto e autoritratto, messo in discussione e trasformato attraverso il contributo di numerosissimi artisti in seguito ai grandi cambiamenti della società e alle tragedie della storia umana.” La fotografia in questo senso ha avuto un ruolo centrale e la vera e propria ossessione dei selfie, versione commerciale contemporanea dell’autoritratto ha avuto un ruolo rivoluzionario determinante sulla percezione del volto. Gli scritti filosofici e psicologici si sprecano sull’argomento e la considerazione di uno dei più antichi generi pittori legati al tema della memoria che un tempo era riservato solo ai grandi personaggi.
“L’origine del genere del ritratto – scrive ancora Luca Beatrice – si perde nella notte dei tempi e si manifesta spontaneo già nella prima infanzia. È l’impulso, che appare primordiale, dell’uomo a fissare se stesso e gli altri attraverso una rappresentazione. Ritrarre e ritrarsi dunque, due atti divenuti quotidiani – e in alcuni casi ossessivi – denotano il bisogno compulsivo di esserci. Ma dove nasce il desiderio di affidare la nostra immagine a un dipinto e di contrastare l’avanzata del tempo con il permanere della memoria?” Il tema non è solo la memoria ma che tipo di memoria, quindi quale rappresentazione: realistico-fotografica, impressionista, espressionista? E ancora è interessante chiedersi se l’artista cerca di cogliere l’essenza, l’anima del volto o interpretarlo se non addirittura farlo rinascere secondo una propria lettura.
Altro tema affascinante il rapporto tra artista e modello o modella, intrigante e complesso come molte dolorose per lo più storie d’amore più o meno celebri raccontano. Sessanta dipinti appartenenti a collezioni italiane e raccontano un ritaglio d’occidente autentico, di un’area del mondo limitata, l’Italia, dove qualcuno, è stato a sua volta regista di un tempo che è fuggito e ha prestato attenzione a un volto che l’ha guardato. E coincide con il nostro invito: guardare, lungo cento anni.
Nel testo critico di Velasco Vitali si legge che di fronte a un ritratto dipinto ci si pone sempre l’interrogativo di chi sia quella persona, “tutte le altre domande sono secondarie, chi l’ha dipinto, chi sia il pittore, in quale anno, dove, perché, …”
La domanda dalla quale partiamo, chi sia quella persona raffigurata è ben illustrato da Vitali nel dialogo che s’innesca tra le due protagoniste del film Ritratto della giovane in fiamme, titolo originale Portrait de la jeune fille en feu, del 2019, “quando – scrive Velasco -la regista, Céline Sciamma, con inarrivabile maestria e sintesi, mette in scena l’imbarazzo che si prova di fronte all’artista nel non riconoscersi alla vista del proprio ritratto dipinto. L’autrice (sua è anche la sceneggiatura) per farci capire che il ritratto dipinto non è mai una questione di tecnica, ma bensì di verità va anche oltre nel dialogo a due”. Un’altra suggestione ci viene sempre dallo scritto critico di Velasco in merito all’ormai celeberrima performance di Marina Abramović, The artist is present del 2010, “dove s’è compreso per la prima volta, pubblicamente, come quell’energia cosmica, scatenata dall’intensità del guardare, riesca a tramutarsi quasi in un innamoramento dello sguardo e che fosse uscita dallo studio del pittore per diventare pura rappresentazione delle tensioni vitali.”
a cura di Ilaria Guidantoni