Al Museo del Novecento, primo e unico luogo del contemporaneo a Firenze, radicato però nella storia, l’idea è un invito alla riflessione sul ruolo dell’arte contemporanea nel dialogo con il pubblico, strumento e modo per riallacciare il filo di una comunicazione interpersonale anonima, nel senso di discreta e non esibita, che assume una dignità, quella dell’ascolto in un mondo dove il privato è esibito ma le passioni cadono nell’indifferenza e nell’oblio degli altri.
La pubblicazione del volume You are not alone. Angels Listening, pubblicato dalla casa editrice Mandragora, dedicato all’artista americana Rachel Lee Hovnanian arriva al termine di un percorso e il titolo si richiama, in particolare, a una mostra organizzata dalla Galleria The Project Space Annalisa Bugliani Arte di Pietrasanta, curatrice con Alessandro Romanini, dal sottotitolo Angels Listening, organizzata a Pietrasanta, in provincia di Lucca, e promossa dal Comune, nel centro storico e nel Complesso di Sant’Agostino, la scorsa primavera. Al centro l’arte come generatrice di relazioni umane per sentirsi meno soli contro la deriva del narcisismo contemporaneo.
Rachel Lee Hovnanian, che frequenta da molti anni Pietrasanta e la Versilia, dopo una serie di prestigiose mostre che l’hanno vista protagonista come la partecipazione ufficiale nella sezione eventi collaterali alla Biennale di Venezia 2022 e quella alla County Gallery di Palm Beach nel 2024, ha realizzato la scorsa primavera un complesso di opere che spaziano dalla scultura alla pittura, dal neon alle installazioni interattive e ambientali, coinvolgendo vari luoghi della città. Una mostra pensata per Pietrasanta e i suoi spazi, un legame tra artista e città sempre più stretto grazie al fatto che le opere sono state realizzate nei laboratori e nelle fonderie della città. Una nuova tappa della lunga e coerente ricerca poetica e stilistica di Rachel Lee Hovnanian, che focalizza l’attenzione sul pericolo di alterazioni del concetto di identità, sulle dinamiche di relazione e sullo stesso principio di realtà degli individui indotte dall’utilizzo sempre più massiccio della tecnologia.
“Un’artista che continua in maniera coerente e senza sosta la sua ricerca estetica ed etica intorno alle derive del narcisismo contemporaneo“, spiegano i due curatori, “un’indagine che genera comunicazione senza comunità, connessioni senza relazioni, proponendo soluzioni che passano dalla ricostruzione delle relazioni umane e dalla riscoperta e accettazione della propria natura più profonda. Lee Hovnanian ribadisce e sottolinea con forza il ruolo salvifico che l’arte in tutte le sue forme può svolgere passando da semplice elemento estetico a strumento di valorizzazione d’identità e produttore di relazioni umane”.
Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo del Novecento, ha sottolineato l’universalità del tema degli angeli e degli spiriti non intesi religiosamente in senso stretto, quali creature spirituali che indicano sia il soggetto che annuncia, etimologicamente, “una buona e bella storia” quanto anche come un ascoltatore e legati alla ritualità. In questi aspetti universali gli angeli incontrano l’arte quale dimensione comune all’essere umano. Sono sculture di angeli con la bocca chiusa, come ridotti al silenzio che denunciano l’incomunicabilità dell’essere umano in un mondo iperconnesso. L’esperienza raccontata nel libro è quella delle frasi lasciate senza nome da visitatori di fronte all’arte che rivelano sentimenti di disagi, angoscia, paura, solitudine.
Mentre sui social c’è un crescente vuotare il sacco da parte delle persone che mettono il proprio nome in vetrina ma poi la comunicazione resta muta, in questo caso le frasi raccolte anche se non firmate sono pubblicate, custodite, rese preziose e parte dell’opera. Annalisa Bugliani che ha curato anche una mostra personale dedicata all’artista al Palazzo Mediceo di Serravezza qualche anno fa, sottolinea come per l’artista parlare di un problema è già tracciare la strada per la sua soluzione perché affrontare la propria emozione, la propria dipendenza – ognuno ne ha – significa muovere il primo passo verso la guarigione. L’arte diventa allora uno strumento importante anche per la sua capacità ad un tempo di volare e di riportarci alla terra, alla manualità, come ha sottolineato Alessandro Romanini, nella sua origine greca di Techne.
Quanto all’ultima mostra di Pietrasanta, il percorso espositivo iniziava in Piazza del Duomo dov’era collocata una scultura di dimensioni monumentali dal titolo Poor Teddy, un enorme orso realizzato in bronzo trafitto da un coltello che l’artista rappresenta un simbolo interrotto dell’infanzia, quant’anche la scomparsa dell’innocenza e la crescita dell’aggressività nella società contemporanea. Una rappresentazione volutamente realizzata con materiale inanimato e freddo per generare un evidente contrasto con la morbidezza e il calore del peluche.
Nella Chiesa di Sant’Agostino era collocata appunto la serie di sette busti di angeli, gli Angels Listening con due “pezzi di nastro” scolpiti nel bronzo che coprono volutamente le loro bocche per simboleggiare la soppressione della verità e le molte forme di censura ormai diffuse nel mondo, passando per una scritta al neon, ad un’installazione a foggia di confessionale rielaborato in chiave espressiva fino ad un’opera, la Scatola Catartica, che in linea con la sua ricerca, prevede l’interazione del visitatore che viene invitato alla riflessione individuale e all’espressione intima in forma scritta. Nel Chiostro adiacente nella Sala del Capitolo un’installazione a guisa di piccola abitazione per bambini, che richiama l’attenzione voyeuristica dell’osservatore chiamato a guardare dentro, che rinvia l’infanzia e alle sue valenze principali in termini pedagogici e di formazione dell’identità. Nella Sala Putti invece era presente una serie di dipinti e sculture. Infine, nello spazio naturale del Parco della Lumaca il percorso espositivo si concludeva all’insegna della riflessione e della riconnessione con la dimensione più intima dove l’artista ha concepito un’installazione ambientale a carattere botanico che invita alla speranza.
a cura di Ilaria Guidantoni