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Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n.15 del 25 novembre 2023,
parte dell’inchiesta di copertina
di Giuliano Castagneto
Quello di Prima Industrie è un caso un po’ particolare di delisting. La società fondata e guidata da Gianfranco Carbonato e uno dei leader mondiali nelle macchine laser per applicazioni industriali e per la lavorazione della lamiera utilizzate in tanti settori, in primis l’automotive ma anche gli elettrodomestici e l’aviazione e difesa, era sbarcata sul listino di Piazza Affari 24 anni fa, nell’ottobre del 1999. Fino al marzo del 2023, quando è uscita dal listino, il titolo ne aveva viste di tutti i colori, dalle Torri Gemelle al crack di Lehman, per proseguire con la crisi del debito pubblico europeo, il Covid e la guerra in Ucraina.
Come mai l’addio al listino è maturato solo pochi mesi fa? “In realtà un primo tentativo di delisting c’era già stato nel 2017, ma non era andato a buon fine perché non si trovò l’accordo sul prezzo”, racconta Edoardo Lanzavecchia, managing partner di Alpha Private Equity, che assieme a Peninsula Capital controlla Femto Technologies, il veicolo di acquisizione che ha completato l’opa da 102 milioni di euro conclusa lo scorso febbraio (si veda articolo di BeBeez).
Ma l’idea di dire addio agli scambi non era stata abbandonata. Nello scorso decennio il titolo ha viaggiato a lungo intorno agli 8 euro, mantenendo la capitalizzazione a circa 90 milioni con volumi di scambi molto bassi. Spiega Lanzavecchia: “Se la tua azienda capitalizza meno di un miliardo di euro, difficilmente i grandi fondi si accorgono di te”. Dopo aver toccato un massimo di 44 euro, peraltro non molto realistico in quanto spinto dai PIR, che a loro volta beneficiavano di forti incentivi fiscali poi venuti meno, nel giugno del 2022, complice la stretta delle banche centrali, ancora in corso, il titolo era tornato a 14 euro.
Nel frattempo il mercato delle macchine laser e lavorazione della lamiera era alla vigilia di una nuova era. “Il metallo è riciclabile all’infinito a differenza della plastica, e può anche essere trasportato in modo più efficiente, quindi più sostenibile e meno costoso. Quindi il metallo facilmente andrà a sostituire la plastica in molte applicazioni”, sottolinea il managing partner di Alpha. C’era quindi bisogno di consistenti investimenti per non farsi trovare impreparati. Ma dopo la stretta monetaria i capitali necessari difficilmente avrebbero potuto venire dalla borsa. Il modo ideale era rendere di nuovo “private” l’azienda con un consistente apporto di nuova finanza da parte di fondi di private equity.
Fortunatamente erano maturate le condizioni necessarie all’operazione. “Il primo azionista, (il finanziere britannico di origine palestinese Rafik Mansour, che aveva il 28% tramite la holding Erste International, nel capitale fin dal 2000 ndr) aveva deciso di lasciare la compagine azionaria, anche per motivi di coinvolgimento familiare dato che uno dei figli, facente parte del management, era uscito dall’azienda”, racconta Lanzavecchia. Nel frattempo anche l’altro grande azionista, con poco meno del 10%, cioè il finanziere cinese Joseph Lee Sou Leung, già partner tecnico-commerciale del gruppo torinese in Cina, aveva deciso di cedere la partecipazione per poi reinvestire nel veicolo di Alpha e Peninsula.
Tra le numerose offerte ricevute, Prima Industrie ha dato l’esclusiva a quella congiunta di Alpha e Peninsula (presenti in Femto con quote paritetiche), ma convincere i due azionisti uscenti ha richiesto diversi mesi del 2022 di trattative, essendo i prezzi di mercato pari a un quarto dei massimi storici. L’accordo alla fine è stato raggiunto a 25 euro una valutazione sensibilmente superiore alla media dei gruppi comparabili (EV/Ebit 2021 di 20,5x contro 15,4x, si veda pag. 77 del Documento di Offerta) per un importo complessivo dell’offerta di poco superiore a 300 milioni di euro inclusa l’opa, che si è conclusa lo scorso febbraio. Di questi, circa un terzo sono stati finanziati con debito bancario. Gli altri azionisti di Prima Industrie, tra cui lo stesso Carbonato, hanno poi reinvestito in Femto Technologies, destinata tra pochi mesi a fondersi con Prima Industrie.
Intanto l’azienda continua a crescere. Il 2023, primo anno della gestione firmata Giovanni Negri, ex ceo della bergamasca CMS (gruppo SCM), anch’essa specializzata nei macchinari per la lavorazione di materiali diversificati, si dovrebbe chiudere con ricavi superiori a 550 milioni (+13% sul 2022).