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articolo pubblicato su BeBeez Magazine n. 16 del 23 dicembre 2023
di Giuliano Castagneto
Il 2023 si è rivelato un anno record per gli addii a Piazza Affari, soprattutto nel segmento Euronext Growth, come evidenziato nell’inchiesta pubblicata da BeBeez Magazine n.15 dello scorso 25 novembre. Ma si è trattato del culmine di un fenomeno iniziato diversi anni prima. Come l’hanno presa ai piani alti di Palazzo Mezzanotte? Da questa intervista concessa a BeBeez Magazine da Barbara Lunghi, responsabile Primary Markets di Borsa Italiana (gruppo Euronext), sembrerebbe che si sia presa la cosa con filosofia. La classica sequenza venture-private equity-ipo, afferma la dirigente di Euronext, non sembra più il percorso standard di una startup di successo. Ci possono invece essere oscillazioni periodiche tra mercati pubblici e privati. Inoltre ha pesato molto il termine dei benefici fiscali legati ai PIR, con conseguente smobilizzo dei portafogli e crollo dei volumi trattati. E l’impennata dei tassi di interesse non ha certo aiutato. Quindi una sfortunata combinazione di eventi sfavorevoli.
Ma in realtà Piazza Affari ha voglia di reagire. Lunghi ha infatti molto insistito sulla necessità di introdurre una nuova categoria di investitori professionali “specializzati su queste aziende, sulle quali non ci possono essere grandi volumi di trading, e più stabili”. E’ l’identikit dei fondi che l’UE vuole finanziare con la EU IPO Initiative, di cui Gabriele Todesca, responsabile dell’ufficio Equity Partnership dello European Investment Fund, ha parlato in un’intervista sempre in BeBeez Magazine n.15. Iniziativa lodevole, che però da sola non basta.
Domanda. Che riflessioni vi ha suscitato l’esodo di aziende dalla borsa soprattutto nel 2023 e soprattutto dall’Euronext Growth Milan (EGM)?
Risposta. I delisting sono un fenomeno ciclico, fisiologico sui mercati e fanno parte della vita di una società quotata. Non è una tendenza solo italiana e non per questo è un fenomeno da sottovalutare. Ogni delisting è una storia a sé e risponde a esigenze dell’emittente da valutare caso per caso. L’importante è che il mercato rimanga attrattivo per nuove quotazioni. Il mercato EGM è dedicato a startup, scaleup, piccole e medie imprese, cioè aziende che sono in una fase di accelerazione della crescita. Aziende che possono utilizzare la Borsa per una fase più o meno lunga del loro percorso. EGM può essere una sorta di vetrina in cui alcune aziende non solo si strutturano in modo da interagire con investitori finanziari ma ottengono visibilità e in certa misura si espongono come possibili target di gruppi più grandi. E’ parte del normale percorso di crescita delle aziende. Quindi io non vedo quanto avvenuto quest’anno come qualcosa di patologico. Ricordo che ci sono anche stati circa 30 passaggi di imprese dall’EGM al listino principale. Bisogna capire che il tradizionale percorso di finanziamento delle nuove aziende, che partendo dal venture capital passa per il private equity per approdare infine al listino, oggi non è più la regola. Ci sono state aziende che si sono quotate senza alcun intervento precedente di investitori finanziari e poi sono state rilevate da fondi private equity. Più le aziende sono giovani più queste dinamiche sono fluide.
D. Però le varie aziende con cui ho avuto modo di parlare hanno tutte motivato la loro decisione di uscire dal listino con l’impossibilità, almeno in questa fase, di reperire in borsa i capitali necessari a finanziare i successivi stadi di crescita e quindi la necessità di rivolgersi al capitale privato.
R. Ed è proprio su questo che stiamo lavorando, perché l’EGM non può non assolvere a questo compito. chiediamo da tempo di irrobustire la base di investitori nazionali a supporto del mercato. Operiamo in condizioni macroeconomiche particolari: ad esempio l’aumento dei tassi ha modificato l’asset allocation di tanti investitori. Ma soprattutto, sono terminati i cinque anni richiesti ai primi PIR ordinari, quelli sottoscritti nel 2017, immessi sul mercato per godere dei benefici fiscali previsti dalla normativa che li aveva introdotti. Quindi i fondi PIR hanno avuto da inizio anno un deflusso di circa 1.8 miliardi di euro, e anche a causa di questi riscatti, si sono orientati su investimenti più liquidi. Quindi i PIR, che hanno molto sostenuto negli anni scorsi l’EGM, oggi stanno facendo fatica in tal senso. Ma al di là dei PIR, oggettivamente manca un’altra figura di investitore istituzionale che, in affiancamento ai grandi fondi aperti, sia specificamente dedicato alle small cap. Una popolazione numerosa di fondi, ciascuno con un piccolo patrimonio in gestione perché le aziende piccole richiedono prossimità e conoscenza. Investitori che già esistono in altri contesti.
D. Quali?
R. Soprattutto in Francia ma anche nel contesto anglosassone. In questi mercati si sono sviluppati, grazie anche al supporto del governo, fondi specializzati nell’investire in aziende innovative, dalla gestione trasparente e dalla governance favorevole agli investitori. Nel Manifesto per lo Sviluppo dei Mercati dei Capitali in Italia, promosso da Borsa Italiana, Equita, Assonime e Università Bocconi proprio a questo scopo, e già sottoscritto da circa 150 firmatari, chiediamo il rilancio dei PIR ordinari, che si intervenga sui PIR Alternativi, e che sia creata una popolazione di investitori dedicati, o tramite un fondo di fondi oppure tramite un’iniziativa che raccolga da 3 e 5 miliardi di euro da un pool di banche, assicurazioni e fondi pensione. Le aziende che vogliono quotarsi ci sono, la cultura dell’equity e della borsa è diffusa. Sull’EGM, da quando è nato, si sono quotate circa 300 aziende. Una maggiore disponibilità di capitali consentirebbe di raddoppiare questo numero. L’anello debole è l’assenza di investitori italiani dedicati, che spontaneamente non nascono.
D. Che tipo di intervento chiedete sui PIR alternativi?
R. Soprattutto che ne sia modificata l’asset allocation prevista e venga introdotto un maggio favore fiscale. Sul miliardo e mezzo di euro sinora raccolto dalla loro introduzione meno di 100 milioni sono stati investiti su strumenti quotati. Chiediamo che sia possibile investire una quota maggiore sulle mid cap, più liquide, affinché aumentino le risorse concretamente disponibili per gli strumenti quotati, anche a beneficio delle small cap, oltre a prevedere stimoli fiscali addizionali, non limitati alla detassazione dei capital gain e ai crediti di imposta sulle minusvalenze, ma che prevedano anche la detrazione degli investimenti fatti, come del resto già accaduto in Italia per gli investimenti nelle pmi innovative. Sono d’altra parte le stesse misure che hanno consentito a questi fondi di svilupparsi ad esempio nel Regno Unito. In altre parole, c’è bisogno che a complemento dei fondi nati grazie alle misure introdotte dai PIR ordinari, nascano fondi dedicati e specializzati sostenute da investitori più stabili, con un orizzonte di medio/lungo periodo, magari anche in forma di fondi chiusi, meno condizionati dalle oscillazioni della congiuntura.
D. Qualcosa assimilabile al PIPE, Private Investment in Public Equity?
R. Possono essere PIPE o iniziative che vedano una partnership pubblico privato, come proposto dal citato Manifesto.
D. Però affidarsi a stimoli fiscali vuol dire affidarsi inevitabilmente a fattori politici che a loro volta risentono dei problemi della finanza pubblica e di valutazioni extra economiche. E’ una mossa tatticamente efficace in questa fase congiunturale?
R. Alcune delle proposte contenute nel Manifesto, come il rilancio dei PIR ordinari o la modifica dell’asset allocation dei PIR Alternativi, non comportano alcun costo per le casse dello Stato, così come l’obiettivo di avere un certo ammontare di risorse allocate da banche, assicurazioni e fondi pensione, cioè fondi di provenienza non pubblica. Se poi ci fosse anche uno stimolo fiscale sarebbe certamente il benvenuto, ma i nostri sono obiettivi di lungo termine, non dipendenti da un momento contingente della congiuntura o delle finanze pubbliche. Noi abbiamo bisogno di strumenti nuovi, e per questo andranno aperti dei tavoli di discussione con tutti gli stakeholder coinvolti.
D. Un’altra critica espressa in occasione del delisting di alcuni grandi gruppi, era stata la difficoltà di comunicare al mercato importanti cambiamenti di strategia che ovviamente richiedevano l’immissione, in tempi brevi, di consistenti capitali. Sviluppi che invece sono stati colti più sollecitamente dagli investitori in private capital.
R. Ed è proprio per questo che stiamo cercando di coinvolgere degli investitori con un approccio innovativo, a complemento dei tradizionali fondi aperti, con un approccio all’investimento per certi versi più simile al private equity e meno condizionati dall’andamento giornaliero del mercato.
D. La recente EU IPO Initiative lanciata dallo European Investment Fund (EIF) potrebbe essere uno di questi investitori?
R. Assolutamente si, quanto le ho detto è anche uno degli obiettivi dello EIF, che in precedenza aveva coperto bene la fase venture e quella del private equity. I fondi che abbiamo in mente dovrebbero attingere da varie fonti, una di queste è proprio la EU IPO Initiative, che si affiancherebbe ad altri investitori come assicurazioni e fondi pensione, e magari risorse di origine governativa.
D. Per esempio?
R. Io domani (14 dicembre per chi legge, ndr), sarò a Ragusa, per una tappa del Roadshow “Imprese che crescono al Sud con la quotazione in Borsa” in cui verrà presentato il fondo Cresci al Sud di Invitalia, un fondo che investe in pmi del Sud Italia e che ha già partecipato a quattro quotazioni. La presenza di circa 30 investitori di questo tipo farebbe la differenza.
D: Comunque la EU IPO Initiative copre tutta l’UE e quindi l’Italia avrebbe solo una fetta delle risorse previste. Avete intenzione di portare avanti iniziative di questo tipo coinvolgendo anche altri soggetti pubblici, per esempio la CDP?
R. Sì, certo. Abbiamo presentato a Milano la EU IPO Initiative ai fondi che potrebbero candidarsi per ottenerne le risorse, ma questi avranno bisogno di ulteriori risorse che potranno essere raccolte da soggetti pubblici o privati come suggerito dal Manifesto.