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Autore: Giulia Agostini
Casa editrice: NFC Edizioni
Anno di pubblicazione: 2021
Acquista su AmazonDescrizione prodotto
E’ uscito per NFC Edizioni il terzo volume della collana "Luminous phenomena", dedicata alla fotografia internazionale; in marzo uscirà il quarto volume dedicato ad Alba Zari. Protagonista dell’ultima uscita è Giulia Agostini, le cui opere sono state recentemente esposte al Center of Photography di New York, al Carrousel du Louvre di Parigi e alla Podbielski Contemporary di Milano. Il libro è accompagnato da un testo critico di Angela Madesani e da alcuni pensieri di Filippo Brunamonti e Bruce Checefsky.
"Nelle foto pubblicate nel libro", spiega Angela Madesani, "si vedono ben pochi volti e molti corpi di spalle, di profilo. L’argomento potrebbe a un primo sguardo apparire politicamente scorretto. Ma così non è, anzi molti dei suoi lavori sono provocazioni nei confronti di una società che ancora considera la donna un oggetto di trastullo dello sguardo e del corpo. I suoi soggetti sono soprattutto donne che non hanno certo paura di mostrarsi nella loro nudità. La nudità è essenza. Sono solo le nostre sovrastrutture mentali, sociali e culturali che la fanno temere. [...] Giulia è una flâneur, o forse sarebbe meglio dire flâneuse, una cacciatrice impenitente, talvolta impertinente, di immagini, che le piacciono".
Al di là dei commenti critici per entrare nel mondo di Giulia, ci siamo rivolti direttamente a lei.
Come nasce la sua passione per la fotografia e come si è formata?
“Nasce per caso ed in modo piuttosto semplice. Mi sono trovata in mano una macchina fotografica e ho iniziato a scattare. Non ho ancora smesso.”
Al di là delle citazioni che comunque ci sono per la memoria collettiva inconscia presente in ognuno di noi, soprattutto se si è curiosi, quali sono le sue fonti di ispirazione culturali e non e i suoi riferimenti fotografici?
“Il cinema (Kubrick, Antonioni, P.T. Anderson, David Lynch), la pittura di fine 800’ e primi 900’ e la luce che entra dalla finestra.”
Volti, corpi al centro del suo interesse. Qual è la chiave per leggere le sue immagini?
“La chiave del Regno di Oz. In ogni caso non so che cosa sia davvero al centro del mio interesse. Oggi può essere un viso e domani un albero nel giardino di una casa disabitata.”
Qual è la ragione per cui in un'apparente ordinarietà si scopre l'intimità? È provocazione, gioco o altro?
“Potrebbe essere perché, anche se con intensità diverse, tutti cerchiamo una connessione. Con noi stessi e con chi incontriamo. L’intimità ci permette di scoprire qualche cosa di più a riguardo. Le provocazioni sono importanti.”
L'impressione è che l'aspetto intimo o sessuale non sia necessariamente erotico né sensuale nelle sue immagini. Cosa ne pensa?
“Varia a seconda di chi guarda. L’intimità può essere erotica e la sessualità sensuale. L’immagine di una spalla nuda può essere tutte queste cose. Se parliamo in modo più specifico dell’immagine della donna, si potrebbe parlare anche della visione che ne ha la società ancora oggi, del corpo della donna, e da cosa sia stata influenzata questa visione. I Social, la televisione, la famiglia, la cultura”.
I suoi personaggi sembrano dialogare più con sé stessi, con gli oggetti e con i paesaggi che con gli altri. Qual è la sua intenzione?
“Mi piace pensare che lo spettatore possa stabilire una connessione, un dialogo con le immagini e spero che questo accada”.
Nel libro si parla di una dimensione onirica nel suo lavoro. Cosa ne pensa?
“Ho sempre avuto un’attività onirica piuttosto fervida e ricordo molti sogni nei minimi dettagli. Non so se questo si rifletta nel mio lavoro, sicuramente è parte di me in ogni momento e può capitare di sognare qualche fotografia e fotografare qualche sogno. Per dirla come Marzullo”.
Come dialoga il colore e il bianco e nero nei suoi scatti?
“A volte dialogano molto, altre non si parlano proprio. Mi piacciono molto entrambi.”
Quale ritiene sia la fruizione delle fotografie in un libro e di piccolo formato?
“Mi piace il libro come oggetto che può sopravvive nel tempo e come oggetto in sé stesso. Mi piace il piccolo e medio formato comodo da tenere in mano in ogni momento e comodo da portare in giro come oggetto a cui si è affezionati.”
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Giulia Agostini dopo il diploma al liceo artistico si dedica al disegno e alla fotografia. Inizia a scattare in digitale arrivando poi a prediligere la fotografia analogica facendo della pellicola il suo strumento principale. Nel 2011, grazie a Flickr, il suo lavoro viene notato da Bruce Checefsky, professore e curatore del Cleveland Institute of Art che curerà la prima mostra negli USA di Giulia, alla Underline Gallery di New York, dal titolo "The Young and the Recluse". In Italia le sue opere sono state esposte al Festival della Fotografia di Reggio Emilia nella rassegna "Giovane Fotografia Italiana" a cura di Daniele De Luigi, alla Biennale Giovani Artisti del Mediterraneo di Ancona, alla Fondazione Benetton e durante il "Photo Open Up" - Festival Internazionale di Fotografia a Padova. Nel 2013 ha vinto la quattordicesima edizione del Premio Aldo Nascimben. Sin dall’inizio gli autoritratti sono una parte importante del lavoro di Giulia, la sua attenzione nel rappresentare se stessa, e poi anche gli altri, è in continua evoluzione. Nel 2016 collabora con l’artista Chiara Bersani (Premio Ubu 2019) lavorando al progetto "Goodnight, peeping Tom". Nel luglio 2018 torna a New York, dove approfondisce la ricerca sulla street photography, iniziata nelle città di Venezia, Napoli e Trieste. Nel 2019 ha esposto all’International Center of Photography di New York, collaborando con la piattaforma editoriale Goldmoony, e concentrandosi sulle osservazioni quotidiane in contesti urbani. Nello stesso anno, grazie ad Heillandi Gallery, ha esposto i suoi scatti al Carrousel du Louvre di Parigi durante "Fotofever Art Fair". Nel febbraio 2020 ha partecipato alla mostra "Pleasure Garden" curata da P. A. Podbielski, nell’omonima galleria, con un saggio di Angela Madesani.
a cura di Ilaria Guidantoni