Investire in Italia paga sia sull’equity sia sul debito. E a proposito di debito, quando le pmi ricorrono al mercato dei capitali per supportare lo sviluppo, come nel caso di emissione di minibond, l’impatto positivo si vede nei conti.
Lo dimostra la ricerca di Equita sim in collaborazione con il dipartimento Baffi Carefin dell’Università Bocconi, presentata ieri da Stefano Caselli, prorettore per l’internazionalizzazione Università Bocconi, e Stefano Gatti, direttore Full Time Mba, Sda Bocconi insieme ai vertici di Equita sim.
Lo studio ha provato in particolare a confrontare le performance delle società emittenti minibond quotati all’ExtraMot Pro con quelle di analoga dimensione che non hanno fatto ricorso al mercato dei capitali. Il risultato è stato che le pmi emittenti sono cresciute di più in termini sia di ricavi sia di fatturato, con picchi di crescita del fatturato registrati peril settore Ict e di crescita dell’ebitda registrati per il settore manifatturiero.
Quanto all’equity quotato, nel periodo tra il 2006 e il 2016, infatti, l’equity italiano avrebbe garantito agli investitori rendimenti interessanti se avessero effettuato un efficace stock picking e, soprattutto, se si fossero focalizzati sulle imprese di medie dimensioni, appartenenti ai settori dell’eccellenza industriale italiana (come moda, food&beverage e automotive, insieme ad altri player emergenti nel campo dell’e-commerce) e con fondamentali robusti. L’indice Ftse Star ha infatti mostrato una performance buy-and-hold del 2% medio all’anno, a cui si deve sommare un ulteriore 2,7% medio annuo relativo ai dividendi distribuiti.
E in linea con i risultati ottenuti nell’ambito dell’equity quotato, anche gli investimenti in private equity italiano avrebbero offerto ottime possibilità di rendimento, con un Irr medio lordo dell’8,8% all’anno, secondo i dati Aifi-Kpmg.
Quanto al debito quotato, infine, le obbligazioni corporate italiane nello stesso periodo hanno garantito rendimenti più elevati rispetto ad altri paesi europei, per lo più spiegati dalla crisi del debito sovrano e da un più elevato rischio paese, nonostante la solidità dei fondamentali delle imprese, dimostrato dalla bassissima incidenza di fallimenti durante la grave recessione economica.
L’entrata in gioco dei Piani individuali di risparmio (Pir) sarà cruciale per lo sviluppo della nostra economia reale, perché questi piani “spingeranno le famiglie italiane a detenere i titoli finanziari per un lungo periodo, visto che ci sono dei benefici fiscali importanti”. Lo ha detto ieri a Milano Alessandro Profumo, presidente di Equita sim, nel suo intervento alla presentazione della ricerca: “Nella mia esperienza professionale ho visto molte imprese italiane valide, con storie di crescita importanti e capaci di competere nel contesto europeo e mondiale dare grandi soddisfazioni a tutti i loro stakeholder, azionisti in primo luogo. Ma anche tante imprese, specialmente piccole e a forte vocazione imprenditoriale, penalizzate nelle loro potenzialità di sviluppo dall’assenza di fonti di finanziamento alternative al mondo bancario. Sviluppare in Italia un mercato dei capitali efficace non solo è prioritario per le imprese, ma anche remunerativo e compatibile con i rendimenti richiesti dal lato investitori”.